venerdì 15 aprile 2022
Parla l'esperto di teologia sacramentale e direttore spirituale, il presbitero dell'arcidiocesi di Modena-Nonatola don Nardo Masetti. Il sacerdote è autore di molti saggi dedicati alla Confessione
Giovani si confessano durante la Giornata mondiale della gioventù del 2019 a Panama

Giovani si confessano durante la Giornata mondiale della gioventù del 2019 a Panama - Siciliani

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Accostarsi al Sacramento della Riconciliazione non solo per giungere «a Messa puliti interiormente e con un attento esame di coscienza» ma pensando che quell’appuntamento con il Signore di fronte a un anonimo confessionale rappresenta in fondo «un valore essenziale in sé per la propria vita spirituale».

È la strada ma anche la ricetta che indica don Nardo Masetti per vivere in modo non affrettato il Sacramento della Penitenza alla luce anche del Triduo pasquale di questi giorni. Presbitero dell’arcidiocesi di Modena-Nonantola, don Masetti è un profondo conoscitore della teologia sacramentale e autore, tra l’altro, di vari saggi, autentici “vademecum” su come imparare a confessarsi .

Recentemente ha dato alle stampe per le Edizioni Dehoniane di Bologna il volume Che cosa confesso? Il Sacramento della Riconciliazione (pagine 56; euro 4,50). In queste pubblicazioni il sacerdote esperto della pratica del confessionale che ai suoi occhi è tutt’altro che un «tribunale della coscienza» fa affiorare quanto sia importante da parte del penitente presentarsi con cuore aperto di fronte a un direttore di anime che, come ha suggerito recentemente papa Francesco, deve essere sempre «un grande perdonatore».

«Ed è lo stesso Francesco a sottolineare questo aspetto importantissimo. Una certa teologia morale scolastica, specialmente dei tempi passati, tendeva a fare del confessore un giudice – è l’argomentazione –. Di conseguenza si raccomandava a lui di indagare sui peccati mortali del penitente (numero, specie, circostanze) e di essere severi con i recidivi. Francesco non intende dire di impartire assoluzioni in serie, senza aver prima aiutato il penitente a prendere atto della gravità del suo peccato e di averlo aiutato a giudicarlo alla luce dell’amore di Dio».

A questo proposito il sacerdote osserva: «Non ha sollecitato i confessori a essere distributori automatici di assoluzioni, ma ministri con un cuore il più possibile simile a quello del padre misericordioso della parabola narrata da Gesù».

Don Masetti si sofferma anche sul retaggio storico e letterario (basti pensare a cosa scrisse su quest’argomento lo scrittore Mario Soldati, ex allievo dei gesuiti del Sociale di Torino) che la Confessione sia spesso avvertita «nella pratica sacramentale» come un «un’esigenza di perfezione morale».

«Dimentichiamo spesso che l’artefice della conversione e della salvezza – sottolinea – non siamo noi ma lo Spirito Santo». Il segreto per riportare tanti lontani – «Come lo possono spesso essere anche gli stessi turisti che affollano con occhio distratto le nostre Cattedrali» – a riconciliarsi con Dio sta anche nel trovare un «bravo confessore».

Dal suo osservatorio don Masetti si sofferma sull’efficacia che questa pratica può rappresentare per avere più confidenza e fiducia nei colloqui con Dio. «Sono convinto che con la predicazione, si possono smuovere le persone; con il Sacramento della Penitenza si formano e si santificano».

Il sacerdote modenese mette in risalto un altro aspetto di questo Sacramento che aiuta i penitenti a riscoprire nella propria esistenza il senso del peccato ma anche che li sostiene facendoli sempre e comunque sentire parte di una comunità che è quella dei battezzati in Cristo. «Nelle catechesi abbiamo insistito molto sul fatto che “il peccato è un’offesa fatta a Dio, disobbedendo alla sua legge”. Abbiamo mancato di mettere in risalto la Comunione dei santi. Molti forse pensano che con questa espressione del Credo si intenda ricordare che i santi si accostavano spesso e piamente alla santa Comunione. In realtà si vuole ricordare che tutti i battezzati costituiscono un solo Corpo in Cristo e una sola famiglia nella Chiesa».

E annota a questo proposito: «Ci hanno sempre insegnato che un peccatore può chiedere subito perdono a Dio e rimettersi immediatamente in stato di grazia. Ma deve anche riconciliarsi con tutta la comunità ecclesiale e civile che ha offeso e danneggiato. Il confessore, ministro plenipotenziario di Dio e della Chiesa, ha il potere di farlo».

Nel suo ragionamento don Masetti ricorda l’importanza che per ben amministrare l’assoluzione non bisogna avere limiti di tempo («Come capita nel film di Luigi Zampa Il medico della mutua con Alberto Sordi...») e soprattutto che ogni persona che si accosta spesso con disagio a questo atto così particolare, e molte volte in ginocchio, ha dentro di sé una storia singolare e irripetibile agli occhi di Dio.

«Quello che mi affascina di più del “mestiere” del confessore? È la presa d’atto che lo Spirito Santo si possa servire di una povera creatura per ridare serenità e gioia alle persone che si accostano a questo Sacramento».

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