lunedì 29 novembre 2021
Il sacerdote mantovano operava a Rebibbia ed è scomparso nei giorni scorsi. Sabato 27 novembre i funerali al santuario del Divino Amore
Il carcere di Rebibbia

Il carcere di Rebibbia - Ansa

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Presieduta dal cardinal Feroci e alla presenza dell'elemosiniere di papa Francesco il card. Krajewski, insieme a molti sacerdoti, religiosi, ai parenti e a tantissima gente, si sono svolti sabato 27 novembre al Santuario del Divino Amore i funerali di don Roberto Guernieri, mantovano, classe 1959, oblato della Madonna del Divino Amore, che ha dedicato tutta la sua vita agli ultimi, agli emarginati e in particolare ai detenuti del carcere di Rebibbia.

Come è stato ricordato nell'omelia, quando don Roberto parlava dei poveri parlava di Cristo. In un'intervista che gli feci per L'Osservatore Romano nell'estate 2020 e che è stata citata, disse: "Quando il Signore mi chiamerà io gli dirò: grazie, perché sono stato un prete fortunato. Nella mia vita ho fatto quello che ho sempre desiderato. Stare, con Te, in mezzo agli ultimi. È vero, a volte non ho risolto dei grandi problemi però almeno ho avuto l’onore di stare in mezzo a loro. Cioè con Te".

Mi commossi molto a quelle parole, lui se ne accorse ma non smorzò i toni. Il turbamento mi venne perché riconobbi la verità di quanto diceva. Era molto umile dire "non ho risolto grandi problemi". Don Roberto faceva tantissimo per i detenuti. E questo avveniva proprio perché non cadeva nell'errore più comune - quello che facciamo in tantissimi - di voler risolvere "i grandi problemi".

Don Roberto non affrontava "il problema delle carceri": aiutava i carcerati. C'è una grande differenza. Lui li aiutava uno per uno e con quello che poteva. Era l'incarnazione di quel detto famoso che recita: "Dio sa contare solo fino a uno". Con una sfacciataggine e una costanza che non si fermavano di fronte a nulla e a nessuno chiedeva a chiunque di affiancarlo nel risolvere i problemi che bussavano, spesso gridando, alla porta della sua vita. E don Roberto sapeva gridare.

Durante l'omelia del cardinal Feroci è stato raccontato l'episodio famoso in cui don Roberto aiutò Toto Riina a presentarsi in maniera decente al processo. Il famoso capo mafia era arrivato a Rebibbia di notte in elicottero, in pigiama, così com'era stato arrestato. Come avviene non di rado a chi arriva in carcere, non aveva di che coprirsi. E don Roberto chiese a un confratello degli oblati del Divino Amore - ai quali apparteneva - di prestargli un clergyman. Con quello il boss andò a processo.

Nel cercare aiuto per i più poveri don Roberto era molto esigente, insistente. Ma don Roberto, oltre che gridare, sapeva anche essere dolce. I volontari - sacerdoti, religiosi, laici - che partecipavano alla celebrazione delle Messe che si tenevano il sabato e le domenica nel Nuovo Complesso ricordano perfettamente che don Roberto pagava di tasca propria ogni volta, le paste il sabato e i cornetti la domenica, con relativo caffè.

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