sabato 12 maggio 2018
A loro si aggiungono anche 661 che sono presenti nella Penisola per motivi di studio ma che svolgono qui il loro ministero
A loro si aggiungono anche 661 che sono presenti nella Penisola per motivi di studio ma che svolgono qui  il loro ministero

A loro si aggiungono anche 661 che sono presenti nella Penisola per motivi di studio ma che svolgono qui il loro ministero

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Oltre sessant’anni fa, veniva pubblicata l’enciclica missionaria “ Fidei Donum” di papa Pio XII (21 aprile 1957). Un documento che indicava profeticamente le sfide della Chiesa africana e che ipotizzò, tra l’altro, un nuovo soggetto pastorale per la cooperazione missionaria: il presbitero del clero diocesano a servizio, per un determinato lasso di tempo, di una giovane Chiesa. Nel corso di questi sei decenni, l’invito formulato da Pio XII è stato, a più riprese, ribadito da tutti i suoi successori, grazie anche all’impulso impresso proprio dal dettato conciliare.

Non v’è dubbio, comunque, che il richiamo rivolto da papa Pacelli all’episcopato del suo tempo, di sentire «l’imperioso dovere di propagare il Vangelo e di fondare la Chiesa nel mondo intero» ( Fd 14) , rimane, ancora oggi, di grande attualità. Il fatto stesso che, oggi, una Chiesa particolare si ponga a servizio di Chiese sorelle disseminate nei cinque continenti, inviando dei propri sacerdoti, risponde alla logica dell’universalità, quella cioè di un Vangelo senza confini, nella consapevolezza, come scriveva san Giovanni Paolo II nell’enciclica “ Redemptoris Missio”, che «la fede si rafforza donandola» ( Rm 2).

Questo protagonismo missionario, a seguito di una costante e progressiva trasformazione dei paradigmi dell’attività di evangelizzazione e l’affermazione di nuovi modelli ecclesiologici, ha anche fatto scaturire la figura del fidei donum laico. Sempre più numerosi sono infatti i laici che hanno scelto, a seguito di un discernimento vocazionale, di vivere un periodo di servizio apostolico in missione per la promozione umana e lo sviluppo, ma anche nella prima evangelizzazione. In sessant’anni di storia, la Chiesa italiana ha offerto un contributo di oltre duemila fidei donum che si vanno ad aggiungere alle migliaia di missionari/ e di congregazioni religiose o istituti di vita apostolica.

Ciò nonostante, si registra, numericamente parlando, un calo dei presbiteri rispetto al passato, mentre vi è una crescita del laicato. Mentre nel 2005 i sacerdoti fidei donum erano 550, oggi sono 406. Di converso, i laici fidei donum, che dodici anni fa risultavano essere 240, oggi sono 331, a riprova di una sensibilità in aumento dei Christifideles laici nella cooperazione missionaria. Purtroppo, l’invecchiamento del clero in Italia e la diminuzione delle vocazioni sacerdotali, non ha indotto a comprendere che la partenza di un presbitero diocesano per la missione è in realtà, nella sua chiesa d’origine, fermento di nuove vocazioni e motivo di credibilità per l’azione pastorale diocesana. Inoltre, il rientro dei fidei donum dopo 3, 6 o 9 anni, molte volte è stato percepito problematicamente per le diocesi di provenienza, anziché valorizzarne i saperi e dunque lo scambio esperienziale.

Dimenticando, peraltro, che il loro servizio missionario, prim’ancora che essere una scelta personale, è un’opzione ecclesiale. Emerge comunque, nonostante il calo numerico dei presbiteri inviati, una prospettiva decisamente innovativa che fa ben sperare: il superamento della concezione di una missione assistenziale, per cui Chiese ricche inviano risorse di personale e mezzi a Chiese indigenti. Un cambiamento di mentalità, questo, decisamente più rispettoso nel contesto di una cooperazione all’insegna del dare e del ricevere. Anche perché, guardando al panorama italiano, crescono a dismisura i sacerdoti stranieri in servizio nelle diocesi disseminate sul territorio nazionale. Sono 922 quelli oggi impegnati nella pastorale ordinaria e 661 coloro che, pur svolgendo studi teologici, prestano servizio pastorale nelle parrocchie.

Ne consegue che la nostra Chiesa italiana sta supplendo al calo di vocazioni sacerdotali con l’aiuto di fidei donum che provengono dalle giovani Chiese. Se da una parte la loro presenza rappresenta un innegabile apporto spirituale dalle periferie del mondo, dall’altra è sempre più evidente la necessità di riconfigurare i criteri di distribuzione del clero nel nostro Paese, come anche nelle Chiese europee di antica tradizione. Stando all’Annuario statistico pontificio 2017, in Europa, nonostante la crisi delle vocazioni, vi sono mediamente, 1.595 cattolici per sacerdote, mentre ad esempio in Africa sono 5mila i cattolici per sacerdote. Una sproporzione su cui vale la pena riflettere e che comunque mette in evidenza le necessità di ottimizzare le risorse umane e spirituali per la causa del Regno.

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