martedì 19 agosto 2014
Dieci anni fa moriva il camilliano amico degli ultimi. Il ricordo di suor Teresa Martino, che ha preso il suo posto alla guida dei centri di accoglienza.
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«In fratel Ettore nulla era folklore. Quanti, vedendolo con la statua della Madonna sempre in braccio avranno storto il naso? O vedendolo conciato peggio dei suoi poveri, tanto era stropicciata la sua veste e scalcagnate le sue scarpe, avranno sospettato qualche finzione. No, lui era esattamente quello che mostrava di essere. Lui era autentico».  A dieci anni dalla morte questo ritratto del camilliano amico dei barboni, che suor Teresa Martino pennella sulle pagine del libro a lui dedicato, acquista verità e freschezza straordinarie. Non solo perché suor Teresa ha preso il posto di fratel Ettore alla testa del suo piccolo impero della carità, ma soprattutto perché la religiosa è la persona che più di tutti è rimasta vicino al camilliano negli ultimi anni di vita. L’ha accompagnato nella profetica missione in America Latina che ha aperto nuovi fronti all’inesausta opera di accoglienza e di aiuto agli ultimi, l’ha assistito nelle esplosive invenzioni umanitarie che caratterizzavano la sua radicalità evangelica, ha conosciuto una ad una le persone che a lui si rivolgevano per consiglio e assistenza. ETTORE400x600.jpg Per dieci anni, gli ultimi appunto della vita di fratel Ettore – scomparso a Milano, nella clinica San Camillo, il 20 agosto del 1994 – suor Teresa ha condiviso tutto questo. E tutto, o quasi, condensa in un libro (“Fratel Ettore. I miei giorni con il profeta degli ultimi” (San Paolo, pagg. 132, 10 euro) che non è una biografia, né un saggio di vita caritativa, né un’agiografia del camilliano. È un ricordo in presa diretta in cui suor Teresa – curiosa figura di religiosa con passato da attrice professionista, prosa ai massimi livelli – mette a nudo il suo percorso spirituale intrecciandolo in modo simpatico e coinvolgente, con quello di Ettore. E racconta come quest’uomo, autentico folle di Dio, immerso totalmente, 24 ore al giorno, nella sua coraggiosa missione globale di carità, fosse proprio per questo «un concentrato di Spirito santo», secondo la fulminante definizione di un sacerdote che conduceva una trasmissione serale di Radio Maria. Di quel «concentrato» rimangono oggi le opere di accoglienza a Seveso (la storica Casa Betania), a Bucchianico, in Abruzzo, e in Colombia. E un’eredità spirituale confluita nell’amplissima documentazione inviata dalla diocesi di Milano alla Congregazione delle cause dei santi nell’ambito del processo di beatificazione. «Ora – spiega suor Teresa – siamo in attesa che questo materiale venga esaminato e torni a Milano con il “nihil obstat” per proseguire e concludere la fase diocesana del processo».
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