lunedì 17 aprile 2023
La Conferenza episcopale francese ha espresso il suo parere positivo per l'apertura della causa. Il plauso del cardinale Poupard che conobbe da "vicino" il teologo gesuita
Aula Paolo VI 2 febbraio 1983 padre Henri de Lubac riceve la berretta cardinalizia da Giovanni Paolo II

Aula Paolo VI 2 febbraio 1983 padre Henri de Lubac riceve la berretta cardinalizia da Giovanni Paolo II - .

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Il 31 marzo scorso nell’ultimo giorno in cui si svolgeva a Lourdes l’assemblea plenaria della Conferenza episcopale francese: i presuli d’Oltralpe hanno chiuso la loro assise con un voto dall’alto valore simbolico: a favore dell’apertura della causa di beatificazione del teologo gesuita e cardinale Henri de Lubac (1896-1991). Una scelta quella dei vescovi francesi che ha voluto riportare sui riflettori dei media un pensatore forse oggi dimenticato dai più ma considerato come un intellettuale di razza e sacerdote esemplare per il suo apostolato intellettuale che fu uno dei padri nobili assieme a Jean Daniélou (anche lui futuro cardinale) della Nouvelle théologie e che ispirò indirettamente e anticipò con i suoi scritti molte delle intuizioni che divennero il paradigma programmatico e costitutivo del Vaticano II di cui fu perito, per volere di Giovanni XXIII.

Una recente immagine del cardinale Paul Poupard

Una recente immagine del cardinale Paul Poupard - Siciliani

​Tra i padri nobili del Vaticano II

De Lubac è stato in un certo senso, seppur da direttrici diverse, l’uomo e il «maestro» che introdusse negli anni dalla sua docenza nel collegio gesuitico di Fourviére a Lione allo studio dei padri della Chiesa due giganti del Novecento cattolico come Hans Urs von Balthasar e Michel de Certeau. Dal suo appartamento nel cuore di Trastevere a Roma, in piazza san Calisto, legge questa notizia «come una felice sorpresa e di certo per me inaspettata»: è il cardinale francese Paul Poupard, classe 1930, presidente emerito del Pontificio Consiglio della cultura che conobbe da “vicino” il padre De Lubac. Che rivela: «Fui io allora giovane sacerdote della diocesi di Angers e da poco in servizio alla segreteria di Stato a inviare il biglietto al padre De Lubac di nomina a perito della commissione preparatoria del Concilio Vaticano II nel 1959. Quella sua designazione significò per lui una “riabilitazione” da parte di Giovanni XXIII accusato fino ad allora di aver abbandonato con le sue ricerche teologiche, basti pensare al suo saggio famosissimo Surnaturel, la neoscolastica e di aver privilegiato lo studio per quegli anni “innovativo” dei padri della Chiesa».

Ordinato sacerdote nel 1927 De Lubac vanterà – guarda caso – tra i suoi meriti accademici: quello di aver fondato con Daniélou la prestigiosa collana Sources Chretiennes nel 1942, iniziativa editoriale che diede nuova linfa allo studio della patristica. A lui si devono capolavori come Catholicisme, Meditazioni sulla Chiesa (il testo spesso citato, sia da cardinale e poi da Pontefice da Bergoglio quando affronta il fenomeno ricorrente della «mondanità spirituale» in seno alle nostre comunità cristiane), Il Dramma dell’umanesimo ateo o Esegesi Medievale.
Il cardinale Poupard ricorda - a più di 30 anni dalla sua morte avvenuta a Parigi il 4 settembre del 1991 nella casa della Piccole Suore dei Poveri, in avenue de Breteuil (la stessa struttura in cui troverà rifugio al crepuscolo della sua vita nel 2004 uno altro gigante della teologia francese l’oratoriano Louis Bouyer) – che la «cifra di grandezza intellettuale» sia dovuta anche alla sua apertura ai saperi che andavano da Pico della Mirandola, passando per Gioacchino da Fiore fino all’«amico di sempre» il paleontologo Teilhard de Chardin. «Questa notizia che arriva dai miei confratelli vescovi francesi oltre a riempirmi di gioia – è la rievocazione dell’anziano cardinale – può rappresentare l’occasione per riprendere in mano i suoi testi, riscoprirne il suo patrimonio spirituale ma anche rileggere attraverso i suo scritti quanto egli amò, obbedì e soffrì spesso in silenzio per la Chiesa universale anche quando era già un teologo famoso e rispettato da tutti».

Punto di riferimento del magistero di papa Francesco spesso citato per il concetto di «mondanità spirituale»

​Dal suo album dei ricordi il cardinale estrae alcune istantanee: «come quella di aver organizzato nel 1976 nella mia veste di allora rettore dell’Istituto cattolico di Parigi una giornata accademica per i suoi 80 anni».
Poupard annota anche un aspetto singolare, alla luce di questa decisione dell’episcopato francese, che solo pochi giorni prima della morte di Benedetto XVI, avvenuta il 31 dicembre 2022, l’ultimo studioso a ricevere il prestigioso premio dedicato al Pontefice emerito sia stato proprio il teologo e patrologo il gesuita lionese, classe 1952, Michel Fédou continuatore del metodo teologico lubachiano. Non è un caso che, solo alcuni giorni fa, intervistato dal quotidiano La Croix proprio padre Fédou abbia evidenziato che una delle grandi preoccupazioni del teologo di Lione fosse quella di «radicare la teologia nella grande tradizione della Chiesa, nella sua continuità, dai pensatori dei primi secoli agli autori spirituali contemporanei».
Da anni Poupard presiede a Roma il premio internazionale Henri de Lubac pensato per promuovere il pensiero del gesuita francese. Il premio sorto nel 2004 su iniziativa dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede e dell’Institut français - Centre Saint-Louis (Ifcls) di Roma ha come scopo precipuo quello di rivolgersi alle tesi di dottorato sostenute e difese dagli studenti delle università pontificie romane. Il riconoscimento nella sezione internazionale quest’anno è stato assegnato alla studiosa e filosofa della Pontificia Università Gregoriana Marta Rodríguez Díaz. «Anche con questo premio – sorride il cardinale – cerchiamo di tenera viva la memoria del venerato padre De Lubac».

Hans Urs von Baltjhasar con il suo 'maestro' Henri de Lubac

Hans Urs von Baltjhasar con il suo "maestro" Henri de Lubac - .

Un patrologo amato da Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI


Dal suo osservatorio l’anziano porporato francese rievoca il filo rosso ideale di stima e di amicizia che intercorse tra De Lubac e Giovanni Paolo II che lo creò cardinale il 2 febbraio 1983. «Ricordo come fosse ieri quando papa Wojtyla intervenne nel giugno del 1980 all’Istituto Cattolico di Parigi citando la sua opera famosa Il Dramma dell’umanesimo ateo riconobbe tra gli ascoltatori presenti nell’aula anche l’illustre religioso ignaziano. E aggiunse a braccio questa frase: “chino la testa di fronte al padre De Lubac”». O rievoca ancora Poupard l’antico legame del gesuita di Cambrai con Joseph Ratzinger con cui nel 1972 assieme ad Hans Urs von Balthasar fu tra i fondatori della prestigiosa rivista Communio. Non dimentica nel suo ragionamento Poupard la stima per padre De Lubac di Paolo VI che definì il suo lascito teologico come un «monumento più duraturo del bronzo».
La mente del cardinale corre agli ultimi incontri con l’amico patrologo. «Mi ricordo che a conclusione del nostro colloquio mi regalò dei suoi saggi teologici e con il suo sorriso luminoso e con una punta di ironia aggiunse: “adesso nessuno potrà dire che sono esauriti”». Un pensatore talmente profondo definito un anno dopo la sua morte dall’illustre confratello Xavier Tilliette come il «cardinale Newman francese» del nostro tempo. «È proprio così – è la riflessione finale di Poupard che partecipò il 10 settembre 1991 come rappresentante pontificio di Giovanni Paolo II ai funerali di De Lubac a Parigi nella Cattedrale di Nôtre Dame presieduti dall’arcivescovo e cardinale Jean Marie Lustiger – egli con il suo stile di studioso e il suo essere prete ha testimoniato per me una autentica santità di vita. Considero De Lubac, come spesso ho detto, un autentico Padre della Chiesa del nostro tempo».

Una foto giovanile di Henri de Lubac (1896-1991)

Una foto giovanile di Henri de Lubac (1896-1991) - .


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