martedì 5 giugno 2018
Nell’udienza alla delegazione del premio Biagio Agnes ha indicato le periferie e la speranza tra i criteri di orientamento per i giornalisti
I giornalisti devono servire la verità, non interessi di parte
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Oggi la vera informazione corre il rischio di venire soffocata da un «rumore dispersivo ». E perciò il Papa ha offerto agli operatori del settore tre criteri di orientamento: periferie, verità e speranza. Oltre a mettere in guardia dal «fai-da-te» e «dalle notizie approssimative » specie in materia scientifica. Francesco ne ha parlato ieri ricevendo in udienza una delegazione del Premio di giornalismo internazionale “Biagio Agnes”, intitolato allo storico direttore generale della Rai, che il Pontefice ha definito «difensore del servizio pubblico, più volte intervenuto sul ruolo del giornalista come garante dell’informazione corretta, attendibile, autentica e puntuale». Per questo, ha aggiunto, «facendo tesoro del suo insegnamento, tutti voi vi impegnate, anzitutto personalmente, per una comunicazione che sappia anteporre la verità agli interessi personali o di corporazioni».

Le periferie. «Molto spesso – ha ricordato papa Bergoglio –, i luoghi nevralgici della produzione delle notizie si trovano nei grandi centri. Questo però non deve farci mai dimenticare le storie delle persone che vivono distanti, lontane, nelle periferie. Sono storie a volte di sofferenza e di degrado; altre volte sono storie di grande solidarietà che possono aiutare tutti a guardare in modo rinnovato la realtà».

La verità. È il secondo criterio richiamato. «Tut- ti sappiamo che un giornalista è chiamato a scrivere ciò che pensa, ciò che corrisponde alla sua consapevole e responsabile comprensione di un evento – ha sottolineato Francesco –. È necessario essere molto esigenti con sé stessi per non cadere nella trappola delle logiche di contrapposizione per interessi o per ideologie. Oggi, in un mondo dove tutto è veloce, è sempre più urgente fare appello alla sofferta e faticosa legge della ricerca approfondita, del confronto e, se necessario, anche del tacere piuttosto che ferire una persona o un gruppo di persone o delegittimare un evento. So che è difficile, ma la storia di una vita si comprende alla fine, e questo deve aiutarci a diventare coraggiosi e profetici».

Speranza. Anche intorno al terzo criterio, il Papa ha fatto alcune precisazioni. «Non si tratta di raccontare un mondo senza problemi: sarebbe un’illusione – ha fatto notare –. Si tratta di aprire spazi di speranza mentre si denunciano situazioni di degrado e di disperazione. Un giornalista non dovrebbe sentirsi a posto per il solo fatto di aver raccontato, secondo la propria libera e consapevole responsabilità, un evento. È chiamato a tenere aperto uno spazio di uscita, di senso, di speranza». Già in altre occasioni Francesco aveva toccato il tema della verità dell’informazione, descrivendone i 'peccati': calunnia, diffamazione e disinformazione.

E sostenendo che il più grave è proprio la disinformazione, che consiste nel raccontare solo una parte della verità, quella che più conviene all’informatore. Un insegnamento sostanzialmente ribadito ieri quando il Papa ha sottolineato che la verità deve essere anteposta agli interessi personali o di corporazioni. In un’altra occasione aveva messo in guardia dall’eccessivo 'attaccamento' alle notizie negative, definito una una sorta di «coprofilia». E anche ieri il tema è sostanzialmente tornato nelle parole in cui ha esortato a una comunicazione aperta alla speranza. Infine il Pontefice, riferendosi al Forum di divulgazione scientifica “Check-Up per l’Italia”, promosso dalla Fondazione Biagio Agnes, si è soffermato sulle «notizie approssimative, che sempre più spesso si possono trovare in Rete e che attirano l’attenzione del pubblico molto più della scienza». «Occorre assicurare un dibattito scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta l’informazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome», ha concluso.

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