sabato 19 febbraio 2022
L’ingresso del nuovo arcivescovo di Catania. La visita al carcere, il saluto alle autorità civili e militari e la Messa nella Cattedrale di Sant’Agata. Il grazie al predecessore Gristina
L’ingresso del nuovo arcivescovo a Catania. La Messa nella Cattedrale di Sant’Agata: «Vengo da pellegrino, mi sento già cittadino»

L’ingresso del nuovo arcivescovo a Catania. La Messa nella Cattedrale di Sant’Agata: «Vengo da pellegrino, mi sento già cittadino»

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«Se per me oggi è il giorno dell’ingresso nella diocesi, per voi è il giorno dell’accoglienza del nuovo Vescovo e vi chiedo di avere nei miei confronti quei sentimenti gentili e ospitali di chi apre le sue porte a chi viene nel nome del Signore Gesù per servire come Egli ha insegnato a fare». Così ha iniziato l’omelia monsignor Luigi Renna nella concelebrazione eucaristica che sabato pomeriggio ha segnato il suo ingresso a Catania come nuovo arcivescovo, subentrando a monsignor Salvatore Gristina.

Quindi un riferimento alla “Lettera a Diogneto” applicata alla sua esperienza personale: «Vengo a Catania da pellegrino e mi sento già cittadino; da oggi sono catanese come voi. Ma rimarrò in qualche modo sempre straniero. Se uno è cristiano, considera ogni angolo della terra la sua patria, ed ogni uomo o donna che incontra in essa, compagno nel cammino: non esistono luoghi estranei per i figli di Dio! Ogni patria però è straniera perché è sempre piccola cosa rispetto al Regno di Dio. Per questo motivo per noi credenti non dovrebbero esistere il campanilismo, la discriminazione, il disprezzo per le altre culture, perché siamo cittadini del Regno di Dio, ospitali verso ogni uomo ed ogni donna che abita la Terra».

Un’attenzione, l’espressione di una cura particolare rilanciata durante l’omelia, dopo la visita, in mattinata, ai giovani e agli adulti del carcere di Bicocca: «Su questa nostra isola, sono state pronunciate parole di perdono da tanti che hanno perso una persona cara per mano violenta: voglio ricordare solo che quando un mio coetaneo, di solo un anno più grande di me, fu ucciso dalla mafia mentre svolgeva il suo compito di agente di scorta del giudice Falcone, sua moglie, ai funerali, disse parole sofferte, ma di perdono. Io credo che ogni volta che parole di misericordia raggiungono il cuore di chi ha sbagliato, o sorrisi carichi di mitezza come quello di don Pino Puglisi di fronte al suo carnefice, si rinnova il miracolo della testimonianza dei martiri, e il seme di una nuova umanità viene gettato nei solchi della nostra bella terra».

In una basilica cattedrale in festa, alla presenza dell’episcopato siciliano e pugliese (prima di Catania ha guidato per sei anni Cerignola-Ascoli Satriano), del clero, dei religiosi, del laicato impegnato, ha fatto risuonare anche le parole di Leonardo Sciascia, che sottolineano l’incongruenza di un cristianesimo mediocre e di facciata, ricordando che «non si può stare nella Chiesa come si vuole, con la mediocrità e il compromesso, magari con l’odio e la vendetta, o con il carrierismo e la mondanità spirituale che vuole occupare tutti gli spazi! Non si può stare nella Chiesa a modo proprio, senza farle del male e renderla poco credibile! Vengo a voi perciò come fratello che vuole, non senza di voi, diffondere una cultura della misericordia e dell’amicizia sociale, del servizio e della prossimità, dell’adesione al Credo e della credibilità».

Richiamando poi la nomina da parte del Papa e il ministero del vescovo, Renna ha ricordato «la profezia dei gesti e delle parole, belle come un poema, del Venerabile don Tonino Bello» di cui è stato diretto testimone; ma anche san Oscar Arnulfo Romero e il beato Giuseppe Benedetto Dusmet, uomo di grande carità, nel secolo XIX a Catania. Concludendo l’omelia, Renna ha poi aggiunto: «Sono vescovo per voi e cristiano con voi in un tempo magnifico, quello del cammino sinodale, che sarà una nuova primavera conciliare, se lo vivremo appieno. Continueremo a viverlo nella conversione dell’ascolto reciproco, nel narrarci come sentiamo la nostra appartenenza ecclesiale e la nostra missione, come vediamo il nostro futuro di Chiesa». Infine, salutando presso il Museo Diocesano le autorità, ha detto: «Aiutiamo la nostra gente a vivere la sua cittadinanza, perché è l’unico modo per non creare una umanità manipolabile. Aiutiamola a divenire protagonista e non lasciamo che si fermi al lamento, alla rassegnazione, alle scorciatoie di un benessere che poi si rivela effimero che propongono le mafie. A questo fine convergono la cultura e gli interventi dello Stato, ma anche l’impegno educativo della Chiesa».

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