sabato 3 luglio 2021
Il cardinale dopo il rinvio a giudizio nell'inchiesta sull'uso dei fondi della Segreteria di Stato
Il cardinale Giovanni Angelo Becciu

Il cardinale Giovanni Angelo Becciu - Siciliani

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«Sono vittima di una macchinazione ordita ai miei danni e attendevo da tempo di conoscere le eventuali accuse nei miei confronti, per permettermi prontamente di smentirle e dimostrare al mondo la mia assoluta innocenza». Lo afferma in un vibrante comunicato il cardinale Giovanni Angelo Becciu dopo il rinvio a giudizio nell’inchiesta sull’uso dei fondi della Segreteria di Stato. «In questi lunghi mesi si è inventato di tutto sulla mia persona – prosegue il porporato – esponendomi ad una gogna mediatica senza pari al cui gioco non mi sono prestato, soffrendo in silenzio, anche per il rispetto e la tutela della Chiesa, a cui ho dedicato la mia intera vita. Finalmente sta arrivando il momento del chiarimento e il Tribunale potrà riscontrare l’assoluta falsità delle accuse nei miei confronti e le trame oscure che evidentemente le hanno sostenute e alimentate».

I lunghi mesi a cui fa riferimento Becciu sono iniziati per la precisione lo scorso 24 settembre. Poco dopo le 19 di quel giovedì di inizio autunno la Sala stampa vaticana comunicò in modo lapidario che il Papa aveva accettato non solo le dimissioni del cardinale sardo dalla carica di prefetto della Congregazione delle Cause dei santi, ma anche la sua rinuncia ai diritti connessi al cardinalato. Una misura con pochi precedenti.

Il giorno successivo sul sito del settimanale l’Espresso fu pubblicato un articolo sulle presunte malversazioni vaticane attorno all’acquisto di un immobile londinese divenuto poi famigerato e che chiamava in causa Becciu anche per altri illeciti. Il porporato convocò una conferenza stampa in cui spiegò alcuni retroscena di ciò che stava accadendo: «Fino alle 18.02 di giovedì mi sentivo amico del Papa, fedele esecutore del suo volere. Poi il Papa dice che non ha più fiducia in me perché gli è venuta la segnalazione dei magistrati [vaticani, ndr] che sulla base di alcune indicazioni della guardia di finanza italiana io avrei commesso atti di peculato». Il colloquio tra i due era durato una una ventina di minuti, durante i quali, stando a Becciu, non era stato comunque toccato il tema del palazzo di Sloane Avenue.

Passarono mesi nei quali il caso si surriscaldò mediaticamente, con ripetuti interventi pubblici dei legali di Becciu, fino a raffreddarsi, lentamente.

Lo scorso 1° aprile, Giovedì Santo, il Papa celebrò alla mattina nella Basilica Vaticana la Messa del Crisma ma, insolitamente, non la Messa in Coena Domini al pomeriggio, liturgia che fu presieduta dal cardinale Giovanni Battista Re. In serata si venne a sapere che la Messa che ricorda l’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio Bergoglio l’aveva celebrata nella cappella dell’appartamento di Becciu. Questo sembrò a molti un gesto foriero di sviluppi positivi per il cardinale originario di Pattada.

Pochi giorni dopo però fonti vicine a Francesco, non smentite, chiarirono che il Pontefice aveva voluto celebrare con Becciu la Messa in Coena Domini per onorare una tradizione, quella che vedeva i due trovarsi insieme ogni Giovedì Santo, per pranzo. Era stato solo un gesto di misericordia. Secondo la fonte, non appena il Papa aveva lasciato la casa di Becciu, un fratello di quest’ultimo aveva diffuso una ricostruzione dei fatti tesa ad accreditare una riabilitazione del cardinale che però non era nell’intenzione di Bergoglio.

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