giovedì 1 aprile 2021
I finanziamenti Ue per il rilancio post-Covid dell'economia, digitalizzata e sostenibile, potrebbero invece finanziare l'industria bellica e la corsa agli armamenti. La denuncia di Rete pace e disarmo
Esercitazioni al poligono di Nettuno (Roma)

Esercitazioni al poligono di Nettuno (Roma) - Foto Ministero della Difesa

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I fondi europei per il rilancio post-Covid dell’economia, attraverso una transizione verde e digitalizzata e un welfare rinnovato, potrebbero invece essere usati anche per rilanciare l’industria bellica e nuovi sistemi d’arma per le Forze armate. Questo nonostante sia già destinato al comparto militare il 18% dei Fondi pluriennali di investimento 2017-2034, pari a 27 miliardi di euro solo per le armi, ma 36 complessivamente per la Difesa. A lanciare l’allarme è la Rete italiana per la pace e il disarmo (Ripd): «Un tentativo di greenwashing, di lavaggio verde, dell’industria delle armi».

L’orientamento della maggioranza emerge dalle relazioni approvate in questi giorni dalle commissioni Difesa di Camera e Senato. Montecitorio chiede infatti di «incrementare la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento dello strumento militare», contribuendo al «necessario sostegno dello strategico settore industriale». Palazzo Madama sottolinea la necessità di «promuovere una visione organica del settore Difesa in grado di dialogare con la filiera industriale».

La portaerei Cavour, nave ammiraglia della Marina Militare italiana.

La portaerei Cavour, nave ammiraglia della Marina Militare italiana. - Foto Ministero della Difesa

Al di là dei 27 miliardi del Fondo pluriennale per il periodo 2017 -2034, il ministero della Difesa secondo la bozza della legge di bilancio 2021 incassa un aumento di fondi rispetto al 2020 di circa 1,6 miliardi di euro, passando da 22,94 a 24,54 miliardi. Ora anche i fondi europei per il rilancio dell'economia? L'orientamento sul tema armamenti, espresso dalla maggioranza allargata che sostiene il governo Draghi, darebbe una netta sterzata - sostengono le ong - alle bozze implementate dal Conte 2, «in cui l'ambito militare veniva coinvolto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) solo per aspetti secondari, come l'efficienza energetica degli immobili della Difesa e il rafforzamento della sanità militare».

Ora invece dal Parlamento sembra emergere «un sostegno trasversale all'ipotesi di destinare fondi del Pnrr anche al rafforzamento dello strumento militare». Rete italiana pace e disarmo sottolinea anche come «in commissione Difesa alla Camera il rappresentante del governo abbia sottolineato che i pareri votati "corrispondono alla visione organica del Pnrr" dell'esecutivo, che dunque ritiene che la ripresa del nostro Paese si possa realizzare anche favorendo la corsa agli armamenti».

La società civile chiede quindi di essere ascoltata: «
In commissione – afferma Rete italiana pace e disarmo - sono stati auditi i rappresentanti dell’industria militare (Aiad, Anpam, Leonardo) ma ignorate le 12 proposte di pace e disarmo per da noi elaborate. Le guerre, oltre a incalcolabili perdite umane, lasciano distruzioni ambientali durature. La lotta al cambiamento climatico può avvenire solo rompendo la filiera bellica».





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