mercoledì 12 ottobre 2022
Storico gesuita e relatore della causa di beatificazione di papa Pacelli. Grazie alle sue ricerche riuscì a smontare le tesi sui presunti «silenzi» di Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale
Un ritratto di padre Gumpel

Un ritratto di padre Gumpel - .

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Avvertiva di essere in un certo senso «la memoria vivente di Pio XII», il Papa che aveva conosciuto da “vicino” da giovane docente gesuita al Collegio Germanico e di cui evocava spesso «l’affabilità e la capacità di ascolto». Ma soprattutto si riteneva l’ultimo testimone dei tanti gesti di «carità nascosta» compiuta dal “suo” Papa nella Roma occupata dai nazisti nel 1943, dopo la morte nel 2014 del postulatore della causa di beatificazione di Pacelli, il suo amico e confratello Paolo Molinari, dello storico francese Pierre Blet, di suor Margherita Marchione, scomparsa l’anno scorso.

Si può condensare così l’autorevole figura di padre Peter Gumpel, storico (di formazione era anche un teologo) e gesuita di razza, d’origine tedesca, morto ieri mattina a Roma nell’infermeria della Curia generale dei gesuiti “San Pietro Canisio”. Il prossimo 15 novembre (era nato ad Hannover) avrebbe compiuto 99 anni ed era stato relatore della causa di beatificazione di Pio XII dal 1983. Dopo l'ordinazione presbiterale nel 1952 ha conseguito il dottorato nel 1964 presso la Pontificia Università Gregoriana. Successivamente è stato professore di Storia e Teologia della Spiritualità Cattolica alla Gregoriana. Ha poi collaborato - dal 1972 al 1983 - con la Congregazione delle Cause dei Santi .



Pio XII a Roma nel quartiere San Lorenzo 1944

Pio XII a Roma nel quartiere San Lorenzo 1944 - .

Proveniente da una famiglia perseguitata a causa dall’aperta opposizione dimostrata ad Hitler e al suo regime e costretto alla fuga prima in Francia e poi nei Paesi Bassi, aveva dedicato la vita a smontare la “leggenda nera” sui presunti silenzi di Pio XII e a difendere il Papa (di cui nel suo studio conservava tante immaginette) soprattutto dalla caricatura teatrale messa in scena nel 1963 dal drammaturgo Rolf Hochhuth con Il Vicario. Su mandato di Paolo VI il religioso ignaziano aveva avuto l’onore, già dal 1965, di accedere a tutta la documentazione sul lungo pontificato di Pio XII (1939-1958) custodita e allora secretata all’interno dell’allora Archivio segreto vaticano (oggi Archivio apostolico). Un privilegio che fu del tutto simile a quello concesso sempre da papa Montini ai quattro storici gesuiti Angelo Martini, Burkhart Schneider, Robert Graham e Pierre Blet, autori della monumentale pubblicazione in 12 volumi Actes et Documents du Saint Siège relatifs à la Seconde Guerre Mondiale che permise di rivelare come Pio XII si spese con la sua azione diplomatica spesso nascosta e lontana dai riflettori a favore degli ebrei perseguitati.

Nelle interviste concesse al nostro giornale, Gumpel aveva raccontato quanto Pacelli si fosse prodigato per la «causa del popolo ebraico» e anche a sostegno della sfollati della sua città d’origine e di cui era Vescovo: Roma. «Il suo storico segretario, il gesuita padre Robert Leiber, mi ha confermato che il Papa ha usato buona parte della sua fortuna personale per soccorrere gli ebrei – aveva rivelato chi scrive nel 2020 –. Come certamente singolare è la tesi dello studioso ebreo sir Martin Gilbert che ha dimostrato attraverso i suoi saggi che molto probabilmente Pacelli abbia salvato più di 100mila ebrei nel mondo, pagando di tasca propria molti viaggi della speranza dalla Germania verso il Portogallo o il Brasile».

Padre Gumpel nella sua lunga esistenza – lui che era stato tra i curatori con perizia certosina della positio della causa di beatificazione – aveva gioito nel 2009 quando Pacelli era stato dichiarato venerabile sotto il pontificato di Benedetto XVI. Custodiva come una reliquia del cuore il fatto di aver raccolto per l’iter canonico la testimonianza della storica collaboratrice di Pacelli, suor Pascalina Lehnert. È morto nei giorni in cui ricorrono i 60 anni dell’apertura del Concilio Vaticano II. Una volta aveva confidato a chi scrive: «Anche Pio XII aveva pensato a un Concilio per completare il lavoro incompiuto del Vaticano I».

Ma soprattutto nutriva questo auspicio: «Non ha nessuna importanza se sarò ancora vivo; però so che un giorno Pio XII sarà elevato all’onore degli altari e proclamato santo».

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