giovedì 23 agosto 2018
L'arcivescovo è membro di un gruppo di studio sul tema. «Anche in Italia serve più prevenzione. C'è bisogno di équipe che insegnino agli educatori quali sono i segnali a cui prestare attenzione»
Lorenzo Ghizzoni

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«La lettera del Papa chiede un salto di qualità a tutta la Chiesa per mettere al centro la cura delle persone più vulnerabili, e su diversi fronti, come indica nella sua tripartizione: abusi sessuali, di potere e della coscienza».

Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia, commenta così la missiva di Bergoglio al popolo di Dio sulla tragedia degli abusi nella Chiesa e lo fa in quanto membro di un gruppo che la Cei ha istituito lo scorso anno per lavorare sul tema. «È una commissione per la tutela dei minori – spiega – fatta di esperti di diritto canonico, diritto civile, educatori, psicologi e anche esperti del mondo della comunicazione. L’obiettivo è quello di stilare delle nuove linee guida che si concentrino sul tema della prevenzione e su quello della formazione: di sacerdoti, animatori, allenatori… delle persone che nei nostri ambienti sono a contatto con bambini, adolescenti e persone vulnerabili».

Di linee guida, predisposte su indicazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, la Cei ne aveva già approvate nel 2012. «Quelle restano valide » dice Ghizzoni, «ma erano concentrate sugli aspetti canonici e su come affrontare gli abusi quando erano già avvenuti, mancava la dimensione della prevenzione ed è a questo che stiamo lavorando. Direi che siamo già a buon punto, ci siamo trovati in questo ultimo anno alcune volte, anche alla presenza del cardinale presidente Bassetti, durante l’estate è stata elaborata la bozza fondamentale di tre capitoli che dovrà essere sottoposta al Consiglio permanente e in seguito all’Assemblea generale per essere discussa e approvata. Non vorremmo fare un documento e basta, ma che sia anche un’occasione di una riflessione comune sul problema».

Martedì il gesuita tedesco Hans Zollner, presidente del Centro per la protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana, si è augurato che la Chiesa italiana «apra gli occhi» e si «impegni senza esitazione e in modo consistente » sul tema degli abusi. Cosa che non stupisce il pastore di Ravenna-Cervia: «Zollner ha l’esperienza della Germania, pensa che quell’esplosione di casi potrebbe arrivare anche in Italia. Da noi casi ne sono emersi e numerosi ma sono rimasti a livello locale, non è successa un’esplosione che ha coinvolto tutta la Chiesa. Il suo è uno stimolo a fare proprio quel lavoro che stiamo facendo. Ci siamo sentiti più volte. Bisogna creare nelle diocesi delle équipe, delle strutture che possano fare formazione e prevenzione. Perché non lo stiamo facendo e questo è il problema. Non c’è nessuno che per esempio raduni i nostri educatori di oratorio e faccia un corso su quali sono i segnali a cui stare attenti, come impostare il rapporto con le famiglie, quali sono le cautele che bisogna avere nelle attività che si fanno. Qualche diocesi si è messa avanti ma noi vorremmo che diventasse un impegno di tutte».

Nella lettera consegnata dal Papa ai vescovi cileni lo scorso 15 maggio, sullo scandalo degli abusi sessuali commessi da esponenti del clero nel Paese, Francesco in una nota parlava anche della responsabilità di «vescovi o superiori» che avevano «affidato istituzioni educative a sacerdoti sospettati di omosessualità attiva».

Chiediamo a Ghizzoni cosa ne pensa: «Dobbiamo distinguere le due questioni – risponde – il tema abusi sessuali dal tema dell’omosessualità in generale. A quest’ultimo riguardo l’ordinamento della Cei per i Seminari, di una decina d’anni fa, ha recepito le norme più restrittive. I Seminari quindi sanno quali sono gli orientamenti della Santa Sede e della Cei. Però bisogna avere figure attrezzate per affrontare questo problema di discernimento, che non è affatto facile. La questione è molto sentita, è già stata discussa dai vescovi, ma il punto vero resta avere dei formatori che siano bravi non solo dal punto di vista pastorale e teologico ma che abbiano anche una competenza in questo ambito. L’Università Gregoriana ha un Istituto superiore che già da diversi anni abilita formatori per la vita religiosa e i Seminari, quindi ci sono persone che hanno già acquisito queste competenze, ma non sono presenti ovunque».

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