Leone XIV: «Cristo guarisce dalla malattia della tristezza»

Nell'udienza generale di oggi il Papa ha ribadito che Gesù Risorto è la cura per il «sentimento di precarietà e disperazione profonda» che attanaglia l'uomo. Poi ha ricordato Wojtyla nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria liturgica del Papa polacco.
October 22, 2025
Leone XIV: «Cristo guarisce dalla malattia della tristezza»
Pope Leo XIV during the general audience, in St. Peter's Square in the Vatican, October 22, 2025 ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Il Risorto «testimonia la sconfitta della morte e afferma la vittoria della vita» guarendo dalla «malattia della tristezza» che attanaglia l’uomo. Quella arrivata da papa Leone XIV, nell’udienza generale di stamattina, è un’esortazione ad attraversare le «tristezze della vita» gridando con forza, come i discepoli di Emmaus, «resta con noi Signore!». Nella catechesi incentrata ancora una volta sui Vangeli della Pasqua, davanti ai 50mila pellegrini giunti in piazza San Pietro da ogni parte del mondo, nonostante la pioggia, il Pontefice ha sottolineato come «la risurrezione di Cristo» sia la cura più efficace per «una delle malattie del nostro tempo, la tristezza». Leone l'ha definita un «sentimento di precarietà, a volte di disperazione profonda che invade lo spazio interiore e che sembra prevalere su ogni slancio di gioia», un'emozione «invasiva e diffusa» che «accompagna le giornate di tante persone». 

«Aprirsi a Cristo» come chiese Wojtyla

Per tutto il suo Pontificato, anche papa Giovanni Paolo II, di cui oggi si celebra la memoria liturgica, come ha ricordato Leone XIV salutando i pellegrini polacchi, «ha esortato il mondo ad aprirsi a Cristo», credendo che lui solo può infondere la speranza che non delude. Un appello, quello pronunciato da Wojtyla 47 anni fa, ha aggiunto, che «è valido ancora oggi», e che «tutti siamo chiamati a fare nostro». Gesù risorto che, come ha ripetuto rivolgendosi ai fedeli di lingua araba presenti in piazza, «cammina con noi e per noi» ed «è capace di riempire i nostri cuori di speranza e di gioia di fronte alle difficoltà della vita».

La tristezza travolge la società di oggi

Questo stato di tristezza, di cui ogni essere umano fa esperienza, ha spiegato il Papa, «sottrae senso e vigore alla vita, che diventa come un viaggio senza direzione e senza significato. Immagine, continua Leone XIV, che «ci rimanda al celebre racconto del Vangelo di Luca (24,13-29) sui due discepoli di Emmaus», che «delusi e scoraggiati, se ne vanno da Gerusalemme, lasciandosi alle spalle le speranze riposte in Gesù, che è stato crocifisso e sepolto». L’episodio, il loro viaggio mesto, diventa un «paradigma della tristezza umana», la «fine del traguardo su cui si sono investite tante energie, la distruzione di ciò che appariva l’essenziale della propria vita». La tristezza più profonda, quella che ferisce da dentro, nasce dalla mancanza di speranza, sottolinea il Pontefice. La speranza dei due discepoli infatti è svanita, «la desolazione ha preso possesso del cuore», e «tutto è imploso in brevissimo tempo, tra il venerdì e il sabato, in una drammatica successione di eventi». Lo stesso accade nella vita di ogni uomo e donna, quando basta un episodio, una parola, un pensiero, perché ogni certezza vacilli. Nella società attuale, infatti, ha sottolineato il Papa nel saluto ai pellegrini di lingua inglese, «tristezza e disperazione travolgono innumerevoli persone che lottano per trovare un senso alla propria vita».

Nella disperazione arriva la Pasqua

Ma è proprio nello stesso giorno di quel «triste viaggio di sconfitta e di ritorno all’ordinario» da Emmaus a Gerusalemme, ha ribadito il Papa, che si compie anche la «vittoria della luce». In quello stesso giorno, in cui «tutto sembra perduto», avviene la Resurrezione, la Pasqua, e proprio mentre dal viso dei discepoli «traspare la paralisi dell’anima», Cristo risorto si fa loro compagno di strada, «come un viandante» anche se non lo riconoscono. «La tristezza annebbia il loro sguardo, cancella la promessa che il Maestro aveva fatto più volte», quella della Resurrezione, ha spiegato Prevost, proprio come accade nelle vite di ciascuno. I loro occhi si aprono soltanto quanto Gesù «prende il pane, lo spezza e lo offre», con un gesto conosciuto che «illumina di nuovo la vista annebbiata dalla disperazione». Allora «subito si riaccende la gioia, l’energia scorre di nuovo nelle membra stanche, la memoria torna a farsi grata. E i due tornano in fretta a Gerusalemme, per raccontare tutto agli altri». A cambiare «radicalmente la prospettiva», infondendo «la speranza che riempie il vuoto della tristezza», ha concluso Leone XIV, è il verbo “risorgere”, in cui «veramente, si compie l’approdo certo della nostra storia di esseri umani». 

I saluti del Papa dopo l'udienza

Dopo l’udienza il Papa ha salutato i fedeli di lingua francese, in particolare i pellegrini provenienti da Svizzera, Belgio, Canada, Francia, specialmente dalle diocesi di Marsiglia, Pontoise, Rouen, Chartres, Coutances e Avranche e ha ricordato loro l’importanza di rivolgersi «spesso a Nostra Signora del Rosario in questo mese di ottobre a lei dedicato». Poi si è rivolto ai pellegrini di lingua inglese, specialmente quelli arrivati da Inghilterra, Scozia, Danimarca, Finlandia, Olanda, Burundi, Ghana, Nigeria, Uganda, Australia, Bahrain, India, Indonesia, Giappone, Malesia, Pakistan, Filippine, Taiwan, Tailandia, Arabia Saudita, Vietnam, Antigua e Barbuda, Canada e Stati Uniti. Poi ancora il saluto ai presenti di lingua tedesca, spagnola, cinese, araba, portoghese, polacca. 
Infine, Leone XIV ha rivolto un cordiale benvenuto a tutti i fedeli di lingua italiana, in particolare ai partecipanti al Capitolo generale dei missionari della Sacra Famiglia, ai Frati minori conventuali di Assisi, ai pellegrini della diocesi di Faenza, con il vescovo Ovidio Vezzoli e ai partecipanti alla Giornata giubilare degli Adoratori. A tutti ha ricordato che «il mese di ottobre ci invita a rinnovare la nostra attiva cooperazione alla missione della Chiesa».

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