Disperdere le ceneri dei defunti o conservarle in casa: cosa dice la Chiesa

In una nota dei vescovi lombardi, le indicazioni liturgiche e pastorali sulle prassi post cremazione. No alla privatizzazione della morte, il cimitero è il luogo privilegiato della memoria e dell'annuncio
November 2, 2025
Disperdere le ceneri dei defunti o conservarle in casa: cosa dice la Chiesa
In visita ai defunti, al cimitero del Verano, a Roma / foto Siciliani
La tradizione cristiana, fin dalle origini, predilige la sepoltura dei corpi «adducendo ragioni di tipo dottrinale e pastorale». Ma la Chiesa oggi ammette la cremazione, se scelta per motivi non contrari alla fede. E raccomanda che le ceneri siano conservate nei cimiteri (o in altri spazi preposti dall’autorità ecclesiastica). Di regola, infatti, non è consentita la conservazione delle ceneri in casa, né è permessa la loro dispersione in natura. Tuttavia, qualora i fedeli disponessero diversamente, «si raccomanda vivamente ai pastori di non compiere azioni liturgiche nell’abitazione privata in cui verranno conservate le ceneri e nemmeno nei luoghi in cui le ceneri verranno disperse, fossero anche spazi a ciò deputati all’interno del cimitero. I pastori ricordino ai fedeli le ragioni per le quali la Chiesa non ritiene appropriata né la dispersione delle ceneri né la conservazione di esse (o di una parte di esse) nelle abitazioni private».
Così si legge nella nota della Conferenza episcopale lombarda “Credo la risurrezione della carne e la vita eterna”, diffusa nei giorni dedicati alla memoria dei defunti. Il testo, che porta la data del 1° novembre 2025, offre “Indicazioni liturgiche e pastorali circa le prassi post cremazione”, come specifica il sottotitolo.

«No alla tendenza a privatizzare la morte»

«Nella comunione dei santi abitano i vivi e i defunti, tutti vivi presso Dio. L’ossessione di censurare l’evento inevitabile della morte e gli interrogativi che pone induce a una visione banale e disperata della vita. Noi vorremmo rinnovare l’annuncio della speranza anche nel modo di vivere i riti funebri come liturgia pasquale e nella prassi post cremazione», scrive l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, assieme ai vescovi di Lombardia, nella “Presentazione” che apre la nota. Ed è «per contrastare il sequestro dei morti, per onorare la dignità dei resti mortali, per confermare l’appartenenza dei morti alla comunione dei santi che tutti i figli di Dio vivono in questa vita e oltre», che i vescovi lombardi hanno preso l’iniziativa di questo documento. «La tendenza individualistica induce a pensare che ognuno vive per conto suo e muore per conto suo. Anche i riti funebri sono contagiati da questa tendenza e possono indurre a privatizzare e a sottrarre le ceneri alla memoria della comunità», sottolinea Delpini. Perciò «i vescovi indicano l’esigenza che le ceneri dei defunti siano custodite in un luogo adatto alla memoria e alla preghiera comunitaria». E nel contempo auspicano «un confronto anche con le imprese delle onoranze funebri perché riteniamo possibile una condivisione di attenzioni e una costruttiva collaborazione».

«L’inumazione dei corpi esprime meglio la fede della Chiesa»

Ecco, dunque, questo documento che mira a «offrire alcune indicazioni liturgiche e pastorali su come accompagnare il momento della morte e della sepoltura dei battezzati, nella fede pasquale della Chiesa». In particolare, alla luce del magistero ecclesiale, la nota «desidera precisare come comportarsi nei casi in cui venga avanzata la richiesta di disperdere le ceneri del defunto, di frazionarle o di conservarle in un luogo diverso rispetto al cimitero». Ad animare questo documento, alla radice, è «la sfida evangelizzatrice dell’esperienza umana del morire». Questa nota «desidera stimolare alcune domande all’interno della comunità credente: come si muore da cristiani? Come si mantiene vivo il legame con i defunti? Quali prassi liturgiche la Chiesa ci consegna per un approccio cristiano all’esperienza del morire?».
Domande che trovano elementi di risposta nelle pagine che seguono. A partire da quelle dedicate alla “Sepoltura del corpo alla luce della Pasqua di Cristo”, come s’intitola la prima sezione del documento. Qui si ricorda e spiega come «la tradizione cristiana, fin dalle origini, ha espresso la sua preferenza per la sepoltura dei corpi, adducendo ragioni di tipo dottrinale e pastorale. Esse possono essere raggruppate attorno a due elementi chiave: il riferimento a Gesù Cristo, morto e sepolto, e la dignità del corpo, divenuto con il battesimo tempio dello Spirito Santo». Quello che viene tracciato è un «contesto teologico e sacramentale» a partire dal quale si spiega come «la prassi dell’inumazione dei corpi meglio esprime la fede della Chiesa. Scelte diverse, infatti, potrebbero indurre all’idea di un annientamento totale dell’uomo». Il corpo del defunto viene affidato alla terra «ritornando alla polvere da dove fu tratto, in attesa di essere trasformato a immagine del corpo glorioso di Cristo».

«Seppellire i morti? Opera di misericordia da riscoprire»

La seconda sezione della nota è dedicata alla cremazione e alla deposizione dell’urna al cimitero. «I pastori – vi si legge – soprattutto mediante l’annuncio e la catechesi, sono invitati a riproporre ai fedeli le motivazioni che inducono la Chiesa a prediligere la sepoltura dei corpi quale espressione più adatta per esprimere la fede nella risurrezione della carne e per custodire le forme della pietà cristiana nei riguardi dei defunti». Tuttavia, qualora i fedeli scegliessero la cremazione per motivi non contrari alla fede «e la conseguente deposizione delle ceneri al cimitero», ecco la nota riportare in sintesi non solo le indicazioni liturgiche da seguire – sia quando, com’è ordinariamente, le esequie precedono la cremazione, sia quando, in via eccezionale, accade il contrario – ma anche gli insegnamenti del magistero – dall’istruzione Piam et constantem del 1963 che per la prima volta modificava la norma canonica che negava le esequie ecclesiastiche ai defunti che avessero scelto la cremazione, fino all’Appendice alla seconda edizione del Rito delle esequie (2012) e all’istruzione Ad resurgendum cum Christo (2016) della Congregazione per la dottrina della fede.
«Non va dimenticato che, in alcuni casi, la cremazione viene scelta per motivazioni di carattere economico – riconosce la nota –. A tal proposito, potrebbe essere utile riscoprire l’importanza dell’opera di misericordia “seppellire i morti” che prevede, tra le altre cose, anche l’intervento della comunità cristiana a supporto delle necessità di alcuni fedeli».

No a riti religiosi a casa o nei luoghi di dispersione delle ceneri

La terza sezione della nota è dedicata, infine, alla conservazione delle ceneri in luoghi diversi rispetto al cimitero – com’è l’abitazione domestica – e alla loro dispersione. Prassi non consentite dall’istruzione Ad resurgendum cum Christo. In queste pagine si raccomanda ai pastori di non celebrare riti religiosi nelle abitazioni private o nei luoghi di dispersione delle ceneri. Ma, anzitutto, si ricorda come il cimitero sia il luogo privilegiato «della memoria e dell’annuncio». «La sepoltura del corpo o la deposizione dell’urna nello spazio del cimitero assume, nel nostro discorso, una particolare valenza ecclesiale. La Chiesa, infatti, che ha accolto i credenti nel suo seno da vivi, si fa custode delle loro spoglie dormienti».
A tale riguardo, ricorda la nota dei vescovi lombardi, «è interessante segnalare come il termine cimitero sia un neologismo inventato dai cristiani per testimoniare la fede nella risurrezione (cimitero significa infatti dormitorio, da koimào, e sostituisce il termine necropoli, ossia città dei morti, diffuso tra i pagani). Il cimitero, quale luogo per mantenere viva la memoria dei defunti, è per le persone in lutto motivo di aiuto e di consolazione e consente loro di esercitare la pietas verso i morti». Come afferma il Rito delle esequie, «i cimiteri sono luoghi di culto e di pellegrinaggio, espressione positiva della memoria e del riconoscimento della dignità personale dei defunti, luoghi di annuncio della speranza cristiana nella risurrezione». E le tombe dei defunti, «appositamente benedette, sono segno di speranza» nella resurrezione.
In aggiunta alle motivazioni teologiche e liturgiche, la nota ricorda come il cimitero costituisca «un luogo privilegiato per custodire la dimensione “sociale” della memoria dei defunti, che ha valore indipendentemente dalle motivazioni di fede. La privatizzazione della sepoltura con la custodia in casa delle ceneri e, ancor peggio, la loro dispersione, priva la comunità del valore della memoria».

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