A Napoli s'è aperta la Settimana liturgica (nel segno di San Gennaro)

Nel Duomo della città partenopea l'annuale appuntamento si è aperto con lo scioglimento del sangue del santo. Con l'arcivescovo Battaglia c'era il segretario di Stato Pietro Parolin
August 25, 2025
A Napoli s'è aperta la Settimana liturgica (nel segno di San Gennaro)
Diocesi di Napoli | Il cardinale Battaglia mostra l’ampolla con il sangue liquefatto di san Gennaro ieri in Duomo a Napoli
È stata l’esposizione straordinaria del busto e del sangue di san Gennaro, ad aprire, ieri pomeriggio, nel duomo di Napoli, la 75ª Settimana liturgica nazionale, promossa dal Centro di Azione Liturgica (Cal), inaugurata dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. Se la liturgia è ciò che ridà fiato e coraggio alla speranza, è il martire patrono, il segno di una città che non si arrende e che continua a lottare. E san Gennaro ancora una volta non delude: alle 17.50 viene dato l’annuncio dell’avvenuta liquefazione del sangue del patrono di Napoli. «Il vescovo e martire Gennaro ci insegna – ha detto il cardinale Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, che ha presieduto i Vespri – che esiste anche una Liturgia del corpo che si spezza e del sangue che si dona. Possiamo davvero immaginare che Gennaro abbia vissuto la mensa eucaristica e la preghiera come una vera liturgia della vita, in cui ogni gesto era offerta, ogni respiro sacrificio, ogni giorno una comunione».
In duomo autorità civili, militari e oltre a vescovi, presbiteri, seminaristi, religiosi e religiose per ascoltare la prolusione del cardinale Parolin dal titolo: «La liturgia nutre e vivifica la speranza». Dopo la lettura del messaggio di Leone XIV, Parolin si è chiesto se «oggi non si sia perso il culto della bellezza che ci porta allo stupore. Se la liturgia non crea stupore – ha detto Parolin – non raggiunge la nostra vita e rischia di perdere efficacia». Parolin ha parlato della necessità di una liturgia che «allontani il popolo dal mistero celebrato, ma valorizzando i gesti e le parole non sia celebrazione vuota ma che accolga il mistero cristiano e che si doni, che educhi allo stupore e che sia inclusiva, per il bambino, il ragazzo, il disabile, il migrante e per tutti coloro che sentono fame di Dio. Chiediamoci – ha detto rivolto all’assemblea – quanto le nostre liturgie destino ancora stupore per i nostri giovani?»
Parlando delle “rotte” migratorie, Parolin ha evidenziato come siano spesso “Via Crucis” fatte di «condanne, cadute, flagellazioni», ma ha ricordato che i migranti «accompagnano le loro traversate con la preghiera» e sono «affamati non solo di pane e assetati solo di acqua, ma della speranza che viene dalla loro fede in Dio»
Il bacio dell'ampolla di san Gennaro da parte del cardinale Parolin - Diocesi di Napoli
Il bacio dell'ampolla di san Gennaro da parte del cardinale Parolin - Diocesi di Napoli
Parolin era partito dal tema “In te abbiamo sperato. Tu sei la nostra speranza”, tratto dall’inno Te Deum, sottolineando come Gesù Cristo non sia semplicemente «datore di speranza», ma «la speranza incarnata del Padre». E proprio nella celebrazione in cui l’uomo appesantito dalle proprio fatiche e dal proprio quotidiano il tema della speranza si intreccia con la fede e la carità perché la liturgia è contemplazione e azione, vita spirituale e impegno concreto. «Non può esistere schizofrenia tra il fare nella liturgia e il fare nella vita», ha affermato, citando le parole di chi critica i cristiani incoerenti: “Tu vai in chiesa ogni domenica, e poi ti comporti male con il prossimo, non parli più con il tuo fratello, non visiti la tua mamma anziana”.
In conclusione ha richiamato l’immagine dantesca, ribaltandola: se Dante pone all’ingresso dell’Inferno “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”, per Parolin ogni chiesa dovrebbe avere la scritta “Nutritevi della speranza, voi che entrate”. Anche il cardinale Battaglia aveva fatto riferimento all’importanza della speranza sottolineando che «la liturgia ci insegna l’arte del saper sostare e al contempo quella di imparare a resistere alla tentazione della rassegnazione disperata». Non poteva mancare il ricordo «dei fratelli e sorelle che celebrano e pregano tra le macerie di Gaza, come quelli che cantano tra le sirene assordanti che avvolgono il cielo e i monasteri delle città ucraine e di tutti i paesi devastati dalla guerra. Per tutti loro, come per noi, la liturgia, l’assemblea celebrante, è la fonte a cui attingere per resistere alla disperazione, per alimentare e custodire la certezza che anche nell’ora più oscura, Dio non si è ritirato».
Battaglia ha aggiunto che «anche nel buio di ogni Venerdì Santo, possiamo celebrare il Risorto, il cui dono di pace avrà l’ultima parola sulla nostra vita e sulla vita del mondo». La liturgia diventa allora fonte «sosta necessaria per alimentare la pace nel mondo e cambiare tutto ciò che in questa società non rispetta la sacralità dell’uomo e del creato». Questo è il nostro compito, è l’invito di Battaglia, «spargere semi di speranza nel campo del mondo, essere lievito nascosto che fa nuova la vita. Custodire il sole di Pasqua anche quando l’inverno sembra regnare». Oggi i lavori continuano con le relazioni che approfondiranno il tema della settimana: “Tu sei la nostra speranza. Liturgia: dalla contemplazione all’azione”. Giovedì mattina le conclusioni affidate all’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Claudio Maniago, presidente del Centro di Azione Liturgica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA