Verona, il parroco: quei fratelli non si lasciavano avvicinare

di Francesco Dal Mas (Verona)
Don Marco Vezzari guida la comunità di San Martino, a Castel D'Azzano, luogo della strage nel Veronese che ha ucciso tre carabinieri. «I Ramponi si sentivano perseguitati, eppure abbiamo fatto di tutto per aiutarli»
October 15, 2025
Verona, il parroco: quei fratelli non si lasciavano avvicinare
Franco Ramponi uno dei tre fratelli coinvolti nell'esplosione dove hanno trovato la morte tre carabinieri a Castel d'Azzano, nel Veronese / ANSA
«La comunità, nelle sue varie espressioni, ha cercato in tutti i modi di aiutarli. Ma i fratelli Ramponi non si lasciavano neppure avvicinare. Si sono costruiti col tempo la loro tragedia. E a pagare sono i tre poveri carabinieri, veramente eroi del dovere. I miei parrocchiani sono tutti con loro». Don Marco Vezzari, di San Martino, in Forette, non si dà ragione di quanto è successo nel cuore della notte in questo tranquillo paese della campagna veronese. Alle 3.05 di ieri, nel corso di una perquisizione nel casolare dei fratelli Dino, Maria Luisa e Franco Ramponi a Castel D’Azzano, in via San Martino, hanno trovato la morte il luogotenente Marco Piffari, il carabiniere scelto Davide Bernardello e il brigadiere capo Valerio Daprà. Altre 27 persone sono rimaste ferite (ancora carabinieri, poliziotti, vigili del fuoco). E tra loro anche Maria Luisa Ramponi, che probabilmente ha lanciato la molotov che ha fatto esplodere l’abitazione, e suo fratello Dino. Franco, il terzo è riuscito a scappare, ma è stato fermato in campagna. Tutti e tre sono accusati di omicidio premeditato, ma il procuratore di Verona, Raffaele Tito, non esclude l’ipotesi del reato di strage.
La premeditazione è apparsa subito palese perché il 18 novembre 2024 i tre fratelli, in presenza di un tentativo di sfratto, si erano barricati sul tetto ed avevano minacciato di farsi saltare in aria con la casa se le forze dell’ordine avessero proceduto allo sgombero. «Eravamo disposti a farci saltare aprendo il gas; la casa ne era piena. D’altronde è quello che vogliono» spiegava allora Maria Luisa, ricordando il dramma che la famiglia stava attraversando. Nel 2014 un terzo fratello avrebbe stipulato un mutuo, falsificando la firma di un famigliare, per dare copertura ad un mutuo. Quattro anni fa la vicenda giudiziaria sarebbe esplosa con il pignoramento di edifici e terreni. E già allora, nel settembre nel 2021, avevano minacciato gesti estremi, arrampicandosi sul tetto del tribunale di Verona. «Un disagio profondo, coltivato in una situazione di chiusura quasi ermetica all’esterno – racconta il parroco –. Con la benedizione delle stalle, a gennaio, ho provato ad intercettarli, ma senza esito. Il Comune ha fatto di tutto per aiutarli, offrendo anche un appartamento. Ma loro non volevano rinunciare al loro “patrimonio”. E soprattutto si sentivano perseguitati dalla giustizia».
Le forze di polizia erano intervenute verso le 3 di notte per sgomberare l’abitazione, quando, appunto, c’è stata la deflagrazione. L’intero casolare, di due piani, è crollato travolgendo i militari e gli agenti. Sul posto erano presenti anche i Vigili del fuoco e il personale del Soccorso sanitario, con ambulanza e automedica: sono intervenuti immediatamente, ma per i carabinieri non c’è stato nulla da fare. Le vittime, ricordiamolo ancora una volta, sono Marco Piffari, 56 anni, luogotenente Carica Speciale e comandante della SOS del 4° Battaglione Veneto (Mestre), Valerio Daprà, 56 anni, brigadiere Capo Qualifica Speciale e Davide Bernardello, 36 anni, Carabiniere Scelto (entrambi in servizio a Padova). Daprà lascia la compagna con cui conviveva e due figli di 27 e 26 anni.
Il procuratore Tito è stato fra i primi ad intervenire. «È una tragedia incredibile, dei comportamenti assurdi. Da parte mia c’è un dolore incredibile – ha ammesso –. Dovevamo eseguire un decreto di perquisizione, si cercavano anche delle bottiglie molotov. Carabinieri e Polizia hanno cercato di agire in massima sicurezza e con tutte le attrezzature necessarie. Ma l’esito è stato inaspettato e molto doloroso». Conferma il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Claudio Papagno: «Stavamo eseguendo dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria alle prime luci dell’alba ma ci siamo trovati di fronte a un gesto di assoluta follia: mentre salivano le scale i nostri militari sono stati colpiti in pieno dalla deflagrazione della bombola innescata da uno degli occupanti. Secondo una prima ricostruzione si tratterebbe di un gesto volontario».
Che qualcosa di grave potesse accadere lo certifica l’organizzazione massiccia che era stata predisposta. «Il sistema sanitario regionale aveva previsto, fin dalle prime ore della notte, un presidio preventivo per un’operazione ritenuta ad alto rischio e pianificata nei dettagli dalla Questura di Verona, in collaborazione con i Carabinieri – ricostruisce il presidente del Veneto, Luca Zaia –. La complessità dell’operazione ha richiesto, già dalle ore 2, l’attivazione di un presidio sanitario da parte del Suem 118 dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, con la presenza in loco di un’automedica, un’ambulanza medicalizzata e una “base” posizionate a distanza di sicurezza, ma operative a tutela del dispositivo».
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