Tutto pronto per il referendum: che campagna è stata e come si è chiusa

Si conclude una campagna accesa, che ha riguardato temi ben precisi ma giocata spesso sul filo della contrapposizione politica e partitica. L’invito della Cei «a un attento discernimento»
June 6, 2025
Tutto pronto per il referendum: che campagna è stata e come si è chiusa
Fotogramma | Le schede elettorali e le urne
Si è chiusa ieri, con gli ultimi appelli al voto dei promotori del “Sì” (non c’è stata, di fatto, una campagna per il “No”, avendo preferito gran parte dei contrari l’invito all’astensione), una campagna referendaria partita un po’ in sordina ma che piano piano è riuscita a decollare in tv (poco) e sui giornali. Come in ogni vicenda che coinvolge la politica e i partiti - divenuti, pare, nell’immaginario collettivo, il corrispettivo rispettivamente del campionato di calcio e delle squadre che vi partecipano, con i relativi tifosi - si è avuta spesso l’impressione che lo scontro tra fazioni avesse la meglio sui temi oggetto dei cinque quesiti referendari: uno riguarda la possibilità di dimezzare i tempi di acquisizione della cittadinanza italiana da parte di stranieri maggiorenni in possesso dei requisiti prescritti dalla legge, gli altri quattro l’abrogazione di alcune norme sul lavoro. Li abbiamo già illustrati a più riprese sul nostro giornale e domani lo faremo nuovamente, perché di questo si tratta: di scegliere democraticamente e pacificamente se quelle norme vanno mantenute oppure cancellate.
Domani e lunedì, infatti, non siamo chiamati alle urne per votare un partito o un candidato, siamo chiamati a dire Sì o No alla cancellazione di quelle norme. Ciascuno farà la sua valutazione. Nel Consiglio permanente di fine maggio, la Conferenza episcopale italiana, senza dare alcuna indicazione di voto, ha invitato appunto «a un attento discernimento». In particolare riguardo al tema della cittadinanza, i vescovi «hanno rinnovato la richiesta di una visione larga che eviti mortificazioni della dignità delle persone». Ieri, dunque, le ultime prese di posizione, tra società civile, partiti e sindacati. Riccardo Magi, segretario di Più Europa e presidente del Comitato promotore del quesito per dimezzare i tempi per la concessione della cittadinanza, è convinto che gli italiani «con una grande affluenza travolgeranno le fake news e la narrazione tossica della premier Giorgia Meloni». Il fronte del Sì ai quesiti sul lavoro ha chiuso la campagna a Roma, nel quartiere Testaccio. «Quando facevo volantinaggio mi è capitato più volte che mi chiedessero se dovevano votare per me - ha raccontato nel suo intervento il segretario generale della Cgil Maurizio Landini -. Ho risposto che dovevano farlo per loro e i loro figli. Riflettendo su questo ho pensato alla crisi della politica. Il referendum ha ridato senso alla democrazia e alla partecipazione».
L’obiettivo, ovviamente, è il raggiungimento del quorum (il 50% più uno degli aventi diritto al voto) che renderebbe valido il risultato, ma che in questi tempi di forte astensionismo sembra un traguardo lontano. Ma secondo il leader del sindacato di Corso d’Italia, «ci sono le condizioni per poterlo raggiungere», mentre il fatto che Meloni abbia annunciato che andrà al seggio senza ritirare le schede «è un errore politico e una cosa grave». Per cinque Sì si sono schierati il Pd (con qualche distinguo dell’area riformista su tre quesiti in materia lavorativa) e Avs, mentre il M5s è per il Sì sul lavoro e non ha una posizione ufficiale sulla cittadinanza. Azione e Italia viva sono per il Sì sulla cittadinanza e per il No sul lavoro. Nel centrodestra, invece - con l’eccezione di Noi Moderati che ha annunciato cinque No - sostengono che astenersi sia un’opzione, oltre che legittima, anche politicamente significativa. E non sono i soli: anche per la Compagnia delle Opere «non partecipare è un giudizio» e il giudizio è che «il buon lavoro non si ottiene con un referendum».

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