Trump: «Con il paracetamolo rischio autismo». Gli esperti: «Nessun legame dimostrato»

Polemiche per la controversa indicazione del presidente Usa, sulla base di una revisione che non ha però chiarito alcun collegamento causa-effetto. L'Ema: "Nell'Ue non cambia nulla"
September 22, 2025
Trump: «Con il paracetamolo rischio autismo». Gli esperti: «Nessun legame dimostrato»
Reuters | Il presidente Usa Donald Trump con il segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr.
C’è davvero un collegamento causa-effetto tra l’assunzione di paracetamolo da parte delle donne in gravidanza e il moltiplicarsi dei casi di autismo tra i bambini? O il legame indicato da Donald Trump non ha basi sufficientemente scientifiche e risponde invece a una visione ideologica, evidenziata anche dalla battaglia dei Maga contro i vaccini obbligatori? La questione è tornata a farsi accesa dopo l’annuncio di ieri sera del presidente Usa: “Con effetto immediato, la Food and Drag Administration (Fda) informerà i medici che l'uso di paracetamolo o Tylenol può essere associato a un rischio molto elevato di autismo – le parole del numero uno della Casa Bianca -. Per questo motivo, le donne incinte non dovrebbero assumere Tylenol, a meno che non sia strettamente necessario". Un messaggio netto, scandito con la forza di un ordine politico più che con la prudenza di una raccomandazione scientifica, tanto che l’indicazione è stata accolta con molto scetticismo – quando non apertamente respinta – da gran parte della comunità scientifica. In Italia, dubbi sono arrivati, tra gli altri, dal presidente della Società Italiana di Farmacologia Armando Genazzani, dall'epidemiologo Pier Luigi Lopalco e da Antonio Clavenna, a capo del Laboratorio di Epidemiologia dell'età evolutiva dell'Irccs, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri.
A sostegno delle sue affermazioni, Trump e il suo segretario alla Sanità, l’antivaccinista Robert F. Kennedy Jr., hanno citato una revisione condotta da epidemiologi della Harvard T.H. Chan School of Public Health e del Mount Sinai di New York. Una revisione, quindi non una nuova ricerca, che ha analizzato 46 studi già pubblicati sul possibile legame tra l’uso di paracetamolo in gravidanza e problemi nello sviluppo neurocognitivo dei bambini, compreso l’autismo. In oltre metà dei lavori valutati è emersa un’associazione statistica, ma senza che sia stato dimostrato un nesso causale diretto. Gli stessi autori della revisione hanno sottolineato che i dati vanno letti con cautela, perché derivano da studi osservazionali, facilmente influenzabili da fattori confondenti: febbre, infezioni o predisposizione genetica materna.
La Fda ha avviato la procedura per arrivare a una modifica dell'etichetta - il foglietto illustrativo - del paracetamolo (Tylenol e prodotti simili) per approfondire elementi che suggeriscono, in caso di uso da parte di donne incinte, un aumentato rischio di condizioni neurologiche come autismo e Adhd nei bambini. In una lettera ai medici, la stessa agenzia Usa ha però sottolineato che una relazione causale tra paracetamolo e l’autismo “non è stata stabilita” e “nella letteratura scientifica sono presenti studi contrari”. Trump, nel frattempo, ha trasformato un tema complesso in un proclama, accendendo il riflettore sul farmaco da banco più diffuso negli Stati Uniti. Sul fronte scientifico, il quadro è molto più articolato. L’autismo non è una malattia unica, ma un disturbo dello sviluppo definito come autism spectrum disorder (ASD), con manifestazioni molto variabili: da forme lievi, caratterizzate da difficoltà sociali e comunicative, a quadri più complessi con ritardo cognitivo.

​L'aumento dei casi e il miglioramento della diagnostica

Negli ultimi decenni i casi diagnosticati sono aumentati sensibilmente. Negli anni ’90 si parlava di 1 bambino su 150, oggi i dati dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) parlano di circa 1 su 31. La comunità scientifica concorda però sul fatto che la crescita sia dovuta soprattutto al miglioramento delle capacità diagnostiche, a criteri clinici più inclusivi e alla maggiore consapevolezza delle famiglie, che hanno spinto a cercare un riconoscimento ufficiale e quindi l’accesso a servizi educativi e di supporto. Quanto alle cause, le evidenze più robuste indicano una forte componente genetica, con centinaia di geni implicati nello sviluppo cerebrale. Mutazioni spontanee o trasmesse dai genitori, anche se asintomatici, possono contribuire al rischio. A questi si sommano fattori ambientali che agiscono in combinazione: età avanzata del padre, complicanze in gravidanza, infezioni o febbri materne, diabete gestazionale, parto prematuro. Un mosaico complesso, difficilmente riconducibile a un solo fattore.
La revisione di Harvard e Mount Sinai, più volte evocata da Trump come “la prova” del legame paracetamolo-autismo, in realtà dice qualcosa di diverso. Raccoglie e valuta dati esistenti, senza produrne di nuovi, e conclude che “cautela” è opportuna, soprattutto in caso di uso prolungato o ad alte dosi. Ma i suoi stessi autori hanno chiarito: non possiamo parlare di un rapporto causa-effetto. Studi più ampi, come quello svedese che ha esaminato 2,5 milioni di cartelle cliniche di bambini in Svezia, ha riscontrato solo una piccola associazione positiva tra le donne che assumevano paracetamolo e l'incidenza di autismo, ADHD e disabilità intellettiva.
Già nel 2016 Trump aveva strizzato l’occhio alla retorica no-vax, rilanciata oggi in tandem con Kennedy Jr. contro un presunto “eccesso” di vaccinazioni infantili. A suo dire, “i bambini ricevono fino a 80 iniezioni, troppe e troppo presto”. Ieri il presidente Usa si è spinto a suggerire di non somministrare il vaccino per l’epatite B ai bambini con meno di 12 anni e di separare i tre vaccini contro morbillo, parotite e rosolia. La mossa di Trump si inserisce nella cornice ideologica del movimento Maga, che da anni fa dell’attacco alla scienza istituzionale una bandiera. Dopo il rifiuto delle mascherine e la diffidenza verso i vaccini anti-Covid, oggi l’attenzione si sposta sul terreno dell’autismo. A rendere l'annuncio di Trump ancora più controverso è stata la promozione di un farmaco, il Leucovorin (acido folinico), proposto come “cura” per l’autismo sulla base di studi preliminari. L’Fda lo ha approvato per un sottogruppo di pazienti con una rara condizione metabolica, ma non come trattamento generale per l’autismo.
Il rischio, secondo molti esperti, è indurre panico tra le donne che hanno già assunto paracetamolo in gravidanza, dall’altro spingerle a non utilizzarlo nemmeno quando necessario, senza però considerare che febbre e dolore non trattati possono essere dannosi per madre e feto, e alternative farmacologiche spesso presentano rischi maggiori. Le linee guida, infatti, restano chiare: il paracetamolo è ancora il farmaco di prima scelta in gravidanza, purché usato alla dose minima efficace e per periodi brevi.

​Il parere degli esperti

“Il paracetamolo è uno dei i farmaci più sicuri in gravidanza, tanto che, al momento, tutte le agenzie regolatorie non danno nessuna controindicazione – sottolinea il farmacologo Genazzani -. Inoltre, lo scorso anno, uno studio che ha considerato oltre 180mila bambini pubblicato sul Journal of the American Medical Association esclude ogni legame tra paracetamolo e autismo o Adhd". Secondo l’epidemiologo Lopalco, “la politicizzazione di questo dibattito creerà solo confusione. Una confusione che inevitabilmente condizionerà la vita e le prospettive di benessere delle persone nello spettro autistico”.
Clavenna, medico e farmacologo, ricorda che “sono stati condotti diversi studi con risultati contrastanti, ma a oggi non c'è prova convincente dell'associazione tra paracetamolo in gravidanza e rischio di autismo". In passato, spiega Clavenna, "alcuni studi hanno evidenziato un possibile aumento del rischio sia di autismo sia di Adhd con l'assunzione del farmaco in gravidanza; altri non hanno confermato questi risultati". Tuttavia, anche gli studi dai quali è emerso questo legame "non sono in grado di escludere l'intervento di altri fattori che possono confondere i risultati". Vale a dire, la possibilità che autismo e Adhd non fossero legati "a un effetto del farmaco quanto ad altri fattori, per esempio le caratteristiche dei genitori, le condizioni di vita o le patologie per le quali era stato prescritto il farmaco, come la febbre o un'infezione".

La posizione dell'Unione Europea

Dopo le parole di Trump, l'Unione Europea ha ribadito oggi che l'uso del paracetamolo durante la gravidanza non cambia nell'Unione Europea. In una nota l'Ema, l'Agenzia europea del farmaco, ha sottolineato che per quanto riguarda l'Ue "i medicinali a base di paracetamolo possono essere usati in gravidanza, in conformità con le raccomandazioni ufficiali". Il paracetamolo - afferma Steffen Thirstrup, Chief Medical Officer dell'Ema - rimane un'opzione importante per il trattamento del dolore o della febbre nelle donne in gravidanza. Il nostro consiglio si basa su una rigorosa valutazione dei dati scientifici disponibili e non abbiamo trovato prove che l'assunzione di paracetamolo durante la gravidanza causi autismo nei bambini".

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