Social e minori: intervenire è possibile (e qualcosa si muove)

l report di Future ProofSociety analizza i modelli attuali e le soluzioni possibili: «Serve un controllo a monte di sistema operativo e di app store»
July 16, 2025
Social e minori: intervenire è possibile (e qualcosa si muove)
. | Giovani e telefonini
Adesso o mai più. Che serva una stretta sulla tutela dei minori online lo dicono i numeri. Soprattutto se associati a un web che assomiglia sempre di più a un Far west senza regole. Perché chiunque può accedere a qualsiasi tipo di contenuto, falsificando l’età senza sprecare nemmeno una goccia di sudore. In Italia, infatti, oltre il 62% dei ragazzi tra gli undici e i tredici anni possiede un account social, spesso creato con dati anagrafici falsificati o tramite profili di adulti. Un terzo dei bambini tra i 6 e i 10 anni utilizza quotidianamente lo smartphone, mentre soltanto il 30% delle famiglie adotta sistemi di parental control. E questo solo per rimanere nel nostro Paese. Ma, allargando lo sguardo, è un problema che riguarda tutti.
Parte da questo assunto il report realizzato da FutureProofSociety (Fps) insieme a InnovUp e Italian Tech Alliance. Un lavoro che analizza i modelli attuali e offre consigli per un sistema più sicuro e inclusivo. È stato presentato ieri, a Roma, sulla scia dei passi compiuti da Bruxelles verso questi temi. Sintomo che qualcosa si sta muovendo. Negli scorsi giorni, infatti, la Commissione Ue ha presentato delle linee guida per la protezione digitale dei minori e un prototipo di un’applicazione per la verifica dell’età degli utenti sulle piattaforme ai sensi del Digital Service Act. Lo ha annunciato Henna Virkkunen, la vicepresidente della Commissione. «Le piattaforme – ha detto - non hanno più scuse per continuare a mettere in atto pratiche che mettono a rischio i bambini». Alla fase pilota dell’applicazione parteciperanno Italia, Francia, Spagna, Grecia e Danimarca. Sarà uno dei tasselli che comporranno il portafoglio d’identità digitale previsto per la fine del 2026. L’app sarà utilizzata per verificare se l’utente ha più di 18 anni senza dover rivelare ulteriori informazioni personali nel rispetto della privacy.
Nelle linee guida c’è anche quella del cyberbullismo. Tra gli aspetti promossi, la Commissione vuole che si offra la possibilità ai minori di bloccare o silenziare gli utenti, garantendo che non possano essere aggiunti ai gruppi senza il loro esplicito consenso, così come che si proibisca agli account di scaricare o fare screenshot di contenuti pubblicati da minori per evitare la distribuzione indesiderata di contenuti sessuali o intimi. «La sperimentazione va nella direzione giusta – ha sottolineato Giacomo Lev Mannheimer, co-fondatore di Fps, insieme ad Alessandro Tommasi -. È stato fatto un grandissimo sforzo di sintesi su un tema complesso che è molto sentito dagli Stati nazionali e dall’industria. Non era facile, ma purtroppo stiamo parlando di linee guida, quindi delle raccomandazioni non vincolanti. C’è ancora moltissimo da fare». Anche sull’applicazione pilota Lev Mannheimer nutre qualche dubbio. «Può essere parte della soluzione. Ma il problema è che richiede la collaborazione di tutti gli altri servizi digitali. Pensare che tutti collaborino in maniera armonica lo ritengo un po’ naïf». Dal report di Fps emerge invece la necessità di un modello centralizzato di responsabilità. «Servirebbe – ha spiegato - una norma europea che imponga una verifica a monte dell’età fatta a livello di sistema operativo o di app store. Non risolverà del tutto l’emergenza, ma la arginerà più di quanto succeda oggi».
È la stessa strada indicata da Meta. In rappresentanza dell’impresa statunitense era presente ieri Costanza Andreini. «Crediamo che siano necessarie regole europee uguali per tutti, per non frammentare il mercato e per estendere le tutele non solo ai minori, ma a tutti gli utenti – ha sottolineato -. Anche per noi le soluzioni più efficaci sono quelle a livello di sistema operativo e di app store».
Di tutti questi temi, in realtà, in Italia se ne parla già da tempo. È del 13 maggio dell’anno scorso la proposta di legge bipartisan per la tutela dei minori nell’utilizzo degli strumenti digitali depositata in Senato da Lavinia Mennuni (Fdi) e cofirmata da Simona Malpezzi (Pd). La deputata dem Marianna Madia l’ha invece depositata a Montecitorio. In sostanza, prevede la regolamentazione dell’accesso ai social media, con un’età minima alzata a 15 anni. «Siamo in una fase di stand still – ha detto ieri Mennuni -. Aspettiamo di sapere quali sono i pareri della Commissione europea. Abbiamo accolto con favore l’ipotesi della sperimentazione dell’app, ma crediamo che nell’epoca dell’Intelligenza artificiale non ci possa volere troppo tempo. Abbiamo presentato infatti un non paper insieme a molti altri Paesi per chiedere di velocizzare l’iter». Le ha fatto eco Malpezzi, che ha sottolineato come quello della tutela dei minori sia un problema che non riguarda solo l’Europa, ma tutto il mondo. «Dal 2010 – ha spiegato – sono aumentati incredibilmente i problemi che riguardano i preadolescenti e gli adolescenti rispetto a casi di autolesionismo, di disturbi alimentari, del sonno, della concentrazione e dell’apprendimento. Per questo – ha concluso - serve un lavoro collettivo e di rete».

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