Rieti, Pisa, Chiavari: il popolo degli ultrà alla ricerca di “nemici”
La tragedia del basket arriva dopo i 16 Daspo agli ultrà atalantini e gli ennesimi scontri “ideologici” sparsi lungo lo Stivale. Ecco come si arriva alla guerriglia

Era d’ottobre, il 28 ottobre del 1979, anche quando uccisero Vincenzo Paparelli, il 33enne tifoso laziale, morto nella Curva Nord dello stadio Olimpico, prima del derby, trafitto da un razzo sparato dalla Curva Sud dal 18enne romanista Giovanni Fiorillo. Una folle bravata finita in tragedia. E quello della bravata finita tragicamente, è lo stesso cattivo pensiero, carico di indignazione, che si avverte dinanzi alla fine assurda del 65enne autista di pullman Raffaele Marianella. Vittima inconsapevole e innocente delle falangi d’assalto da palazzetto dello sport. A Rieti, dai cori di sfottò rivolti ai tifosi di Pistoia, per via dei gemellaggi incrociati malvisti da entrambe le opposte fazioni (quelli di Rieti ne hanno uno con Scafati e a loro volta gli scafatesi non vedono di buon occhio quelli di Pistoia che sono gemellati con Cento e i centesi in passato hanno avuto a che ridire contro i reatini) in un lampo nella notte si è finiti allo scontro frontale con tanto di morto. In questo labirinto di menti perdute, anche nelle province più addormentate del Paese reale si riaccendono strategie della tensione da palazzetto e da stadio. Luoghi di aggregazione, ma che per una minoranza, nota e pericolosa, diventano il campanile da difendere con orgoglio e pregiudizio verso i “forestieri”. Il dramma di Rieti scoperchia quel catino bollente e insospettabile del basket violento, di cui si parla poco, solo perché la domenica sportiva è fagocitata dalle follie ben più amplificate degli stadi di calcio. In alcune città gli ultras della Curva del pallone spesso fanno il doppio turno : al triplice fischio dei 90 minuti vanno a dare supporto ai colleghi ultrà del palazzetto. «Ucciderne uno per educarne cento», è lo slogan comune e ancora in voga tra queste orde balorde, che, con una mazza o una pietra in mano, decidono del destino di un uomo innocente come Raffaele Marianella. «Ma come è possibile morire così, mentre si torna a casa dopo una partita di basket?», è l’interrogativo che da X appena appresa la notizia ha lanciato il ministro dello Sport Andrea Abodi che sottolinea allibito: «È sconvolgente l'assalto perpetrato questa sera vicino Rieti da delinquenti che si sono trasformati in assassini e non potranno mai essere definiti tifosi. Lo sport è vita e questi sono dei criminali». Parla di «follia criminale» anche la premier Giorgia Meloni che esprime il cordoglio alla famiglia dell’autista e proclama: «I responsabili vengano assicurati alla giustizia». La giustizia intanto ci prova a fare il suo corso.
Proprio la scorsa settimana il questore di Lodi, Pio Russo, ha emesso il Daspo, il divieto di entrare in uno stadio, nei confronti di 16 tifosi dell’Atalanta, condannati per gli scontri del 30 agosto nell’area di servizio Somaglia Est (autostrada A1). Quel giorno all’autogrill famiglie di villeggianti di rientro dalle spiagge avevano assistito allibite all’ennesimo regolamento di conti tra ultrà: 200 atalantini di rientro anche loro dalla trasferta di Parma, contro una settantina del Como che avevano seguito la loro squadra a Bologna. Davanti agli occhi di altri Marianella, autisti impauriti, queste sporche dozzine che si spacciano per tifosi si erano azzuffati, armati fino ai denti di spranghe, bottiglie e fumogeni. Lo stesso arsenale con cui proprio sabato scorso 200 ultrà del Verona sono arrivati in treno a Pisa solo per “combattere” contro gli ultrà di casa. Vecchie ruggini del mondo ultrà mischiate a strumentalizzazioni ideologiche: i comunisti pisani pronti a rispondere agli assalti dei fascisti veronesi. Via Piave mormorò, non passa lo straniero, viene da dire guardando i filmati, subito virali, degli scontri (con lanci di bombe carta) avvenuti in via Piave tra i veronesi e la Polizia, che a Pisa ad ogni partita è costretta a fare gli straordinari, incassando botte e critiche. «È la terza volta, in questo inizio di campionato, che tifoserie ospiti vengono lasciate libere di muoversi in città, e questo non può essere tollerato. Serve con urgenza una diversa e più efficace organizzazione dei servizi», protesta il sindaco di Pisa Michele Conti, il quale si riferisce ai due precedenti gravissimi accaduti prima di Pisa-Verona: la “parata fascista” degli ultrà della Roma inneggianti al Duce in piazza dei Miracoli e l’ingresso libero dei cugini ultrà della Fiorentina che hanno marciato in via Cisanello gridando ai pisani: «Dove sono i nostri nemici?». Tutti contro tutti ormai nelle settimanali guerriglie da ultimo stadio, con danni, a volte irreparabili, alle persone, o nella migliore delle ipotesi alle cose. Come è accaduto a Chiavari, dove alcuni ultrà della Samp delusi per l’ennesima sconfitta nel derby con l’Entella hanno pensato bene di danneggiare la sede del club dei tifosi di casa. Una casa “abitata”, lì dalla tv assistevano alla partita 4 tifosi diffidati che non sono rimasti feriti e i loro colleghi informano in un comunicato che il bilancio dei danni alla sede è di «due vetri rotti e purtroppo un portone del vicinato danneggiato. Pertanto ci scusiamo con tutto il quartiere per l’accaduto». In una domenica bestiale come questa del 19 ottobre, la speranza per il futuro è nella chiosa civile dei veri tifosi dell’Entella: «Ringraziamo alcuni rappresentanti di gruppi della Sampdoria che dopo l’accaduto sono venuti a verificare i danni e ci hanno espresso la loro vicinanza».
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