Quell'enorme cerotto galleggiante davanti alla basilica di San Nicola
Un simbolo che galleggia in mezzo al mare di fronte alla città di Bari: un enorme cerotto che simboleggia la "ferita" del Mediterraneo con i suoi 42.500 morti degli ultimi anni

È un'istallazione artistica di 90 metri quadrati, che riproduce un enorme cerotto sul mare, segno delle ferite che tanti migranti patiscono attraversando il Mediterraneo. È stata inaugurata alcuni giorni fa a Bari, nelle acque antistanti la basilica di San Nicola, da Sos Mediterranee Italia, per dire "basta alle morti in mare". Il sindaco, Vito Leccese, ha spiegato come l'installazione battezzata "La ferita del Mediterraneo" voglia »richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica, ma soprattutto di chi governa e dei leader mondiali, rispetto al fatto che il mare Mediterraneo, il "mare nostrum", sia diventato un "mare mostrum", perché oltre 42.500 persone sono morte negli ultimi anni».
«Il Mediterraneo - ha aggiunto Leccese - ha sempre unito popoli e Paesi, culture e tradizioni, oggi invece vive una dimensione drammatica». Leccese ha evidenziato che «sui temi dell'accoglienza, dell'ospitalità e dell'unione fra i popoli Bari è capitale di solidarietà e pace, così come l'ha definita Papa Francesco. Qui siamo in un luogo simbolico, di fronte alla basilica di San Nicola, il Santo universale che unisce religioni e popoli, crea ponti e abbatte muri. Bari - ha concluso - ha nel suo Dna il gene dell'accoglienza, e questa iniziativa ci richiama al patrimonio genetico di questa città».
«Il Mediterraneo - ha aggiunto Leccese - ha sempre unito popoli e Paesi, culture e tradizioni, oggi invece vive una dimensione drammatica». Leccese ha evidenziato che «sui temi dell'accoglienza, dell'ospitalità e dell'unione fra i popoli Bari è capitale di solidarietà e pace, così come l'ha definita Papa Francesco. Qui siamo in un luogo simbolico, di fronte alla basilica di San Nicola, il Santo universale che unisce religioni e popoli, crea ponti e abbatte muri. Bari - ha concluso - ha nel suo Dna il gene dell'accoglienza, e questa iniziativa ci richiama al patrimonio genetico di questa città».
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