Politica e giustizia, quei ruoli da rispettare
Il caso Almasri conferma ancora una volta quanto è infiammabile il dibattito pubblico, al di là della legittima diversità delle opinioni. In pochi giorni, infatti, le tensioni sono tornate a crescere

Mettiamola così: se l’ex premier Giuseppe Conte poteva non essere chiamato in causa per l’approdo negato ai migranti dal suo ministro dell’Interno Matteo Salvini, allora anche la posizione di Giorgia Meloni può essere archiviata per il caso Almasri contrariamente a quelle dei ministri dell’Interno e della Giustizia, Piantedosi e Nordio, e del sottosegretario all’Interno Mantovano. Certo, per la Costituzione «il presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile».
Ed è difficile negare che siano politiche sia le decisioni sugli immigrati, sia quelle sull’arresto e il rilascio del generale libico ricercato dalla Corte penale internazionale. La stessa premier, nel post sui social in cui lunedì ha annunciato la decisione del Tribunale dei ministri, ha sottolineato come «ogni scelta sia stata concordata». Tuttavia i giudici hanno valutato diversamente e bisogna prenderne atto. Quello che ancora una volta impressiona è l’infiammabilità del quadro complessivo del dibattito pubblico, al di là della legittima diversità delle opinioni.
Mettiamo in fila qualche episodio. Giorni fa, la sentenza della Corte di giustizia europea sui “Paesi sicuri” è stata accolta con una pioggia di accuse e anche insulti da parte di esponenti di primo piano del Governo e della maggioranza. Le stesse accuse che erano state riservate in precedenza ai giudici italiani per i mancati trattenimenti degli immigrati nei Cpr. Meno di un mese fa, un magistrato aveva rilasciato un’intervista in cui criticava Nordio proprio per la gestione del caso Almasri: il Guardasigilli l’aveva presa male, tanto da invocare «gli infermieri» per il giudice che l’aveva «censurato». Nemmeno una settimana dopo il Csm, con i voti contrari dei consiglieri laici di centrodestra, aveva aperto una pratica a tutela della toga in questione, provocando nuove critiche da parte del ministro sulla rapidità e sulla “selettività” della decisione. Ieri, infine, è stata la volta del pur misurato presidente dell’Associazione magistrati, Cesare Parodi, che ha accettato di commentare alla radio l’orientamento del Tribunale dei ministri sulla vicenda Almasri e ha infilato nel ragionamento una considerazione di troppo sulla capo di gabinetto di Nordio, cercando poi di rimediare.
Risultato: nuove scintille tra via Arenula e l’Anm. E la rinnovata sensazione di assistere a una partita in cui i giocatori fanno fatica a restare nei rispettivi ruoli.
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