Per una Rai sganciata dalla politica serve un sorteggio "trasparente"
Entra in vigore il nuovo Regolamento europeo sui media. Fa discutere la riforma del servizio pubblico proposta dall'esecutivo. Ecco una proposta per tornare a garantire indipendenza all'informazione

Botta e risposta sulla Rai in commissione Vigilanza per l’entrata in vigore del Regolamento Ue sui media. Da oggi «l'Italia entrerà ufficialmente in procedura d'infrazione. È un fatto gravissimo che allontana il nostro Paese dai principi democratici europei». Le opposizioni vanno all’attacco dell’esecutivo Meloni che propone una riforma - sostengono - che «accentra il potere in capo al Governo, generando instabilità finanziaria che si traduce in una vera e propria “TeleMeloni Tax” imposta ai cittadini che dovranno pagare i costi dell’infrazione comunitaria». Un’accusa rimandata al mittente dai parlamentari di centrodestra in Vigilanza. «Non ci sarà alcuna procedura d'infrazione - dicono - a differenza delle falsità che mettono in circolazione i membri delle opposizioni in Vigilanza. Ci risulta così sulla base di verifiche dirette fatte presso l'Ue». TeleMeloni in Rai? «L’azienda - aggiungono - non ha mai conosciuto una stagione di pluralismo come adesso».
Il conto alla rovescia è terminato: oggi, 8 agosto, entra ufficialmente in vigore il nuovo Regolamento europeo sulla libertà dei media, il tanto atteso European Media Freedom Act (Emfa), approvato a larga maggioranza dal Parlamento Europeo nel marzo 2024 e diventato operativo nei mesi successivi. Tutti gli Stati membri dell’Unione sono ora tenuti ad adeguarsi pienamente a un impianto normativo che mira a tutelare l’indipendenza dei media, garantire la trasparenza nella proprietà delle aziende editoriali, rafforzare il pluralismo, impedire abusi e ingerenze nella gestionedei media pubblici e privati e soprattutto proteggere l’informazione giornalistica dalle pressioni politiche, economiche e tecnologiche. In particolare, l’Emfa introduce per la prima volta regole vincolanti che impongono una gestione indipendente dei servizi pubblici radiotelevisivi, con meccanismi di nomina e governance totalmente sganciati dal potere politico. A fronte di Paesi come Francia, Germania, Spagna e Olanda, che hanno già avviato percorsi normativi coerenti con l’Emfa, l’Italia si trova in una posizione critica e rischia l’apertura di una procedura d’infrazione, oltre che un ulteriore danno reputazionale sul fronte della libertà di stampa. Il cuore normativo dell’Emfa, l’articolo 5, è chiaro: ogni Stato membro deve garantire che la gestione dei media di servizio pubblico sia affidata a enti autonomi, con procedure di nomina trasparenti, mandati stabili, criteri professionali rigorosi e l’obbligo di pluralismo e imparzialità. L’articolo stabilisce inoltre che i vertici non possano essere rimossi senza giusta causa e che le decisioni editoriali siano prese in piena autonomia, senza pressioni da parte di governi o forze politiche. Ma a oggi, in Italia, nulla di tutto questo è garantito.
La Rai resta prigioniera di un sistema lottizzato, dove le nomine dei consiglieri, dei direttori di rete e dei responsabili dei telegiornali vengono decise in base agli equilibri parlamentari, con un meccanismo che si riproduce da decenni a ogni cambio di governo. Ogni maggioranza insedia i “propri” uomini, ogni opposizione si prepara a fare lo stesso appena possibile. Il risultato è un continuo scivolamento verso la delegittimazione del servizio pubblico, percepito dai cittadini più come cassa di risonanza del potere che come spazio libero di informazione e cultura.Il Regolamento europeo non lascia spazio a interpretazioni: questo sistema va cambiato radicalmente. Eppure, il disegno di legge annunciato dal governo italiano non sembra rispondere a questa esigenza. Al contrario, il meccanismo di nomina proposto – che prevede l’elezione dei sei membri del Consiglio d’amministrazione (Cda) da parte delle Camere con una maggioranza assoluta dal terzo scrutinio in poi – rischia di cristallizzare ancora di più l’influenza partitica, confermando lo stesso schema di controllo che Bruxelles chiede invece di smantellare.Non basta sganciare la Rai dal diretto controllo del Governo. Nel Parlamento la maggioranza avrebbe comunque buon gioco nel nominare soggetti schierati dalla sua parte.
È per questo che serve una proposta alternativa, forte, chiara e capace di rompere definitivamente con il passato. Una proposta che metta al centro il merito e l’indipendenza.La formula più trasparente e inattaccabile sul piano dell’indipendenza e dell’autonomia dalla politica potrebbe essere quella di istituire un sistema di sorteggio per la nomina dei vertici della Rai,a partire dal Consiglio di amministrazione, passando per le direzioni di rete e arrivando fino ai direttori dei telegiornali. Un sorteggio pubblico – eventualmente trasmesso in diretta – effettuato a partire da un elenco nazionale di candidati idonei, vagliati da soggetti indipendenti e certificati – come società di “head hunting “– in base a criteri professionali rigorosi e oggettivi. Una volta formato l’elenco, il sorteggio garantirebbe che nessuna nomina sia frutto di pressioni politiche o accordi tra partiti. A completamento di questo sistema, è fondamentale prevedere organismi terzi di monitoraggio, con compiti di vigilanza costante sulla qualità editoriale, sul rispetto del pluralismo e sull’attuazione del contratto di servizio. Proprio quest’ultimo, troppo spesso disatteso, deve tornare a essere il faro delle scelte editoriali della Rai: dai contenuti informativi alle produzioni culturali, dalla programmazione per le minoranze linguistiche alla valorizzazione dei talenti italiani, fino alla promozione dell’educazione civica e della consapevolezza democratica.Il pubblico va coinvolto in modo sistematico, non occasionale, con strumenti partecipativi nuovi e vincolanti.
L’indipendenza editoriale non può essere garantita solo dalla buona volontà dei singoli, ma deve poggiare su una struttura normativa forte, blindata, impermeabile alle pressioni. Ogni altra soluzione che continui a prevedere nomine di natura politica, per quanto edulcorate da procedure apparentemente tecniche, rappresenta un deludente maquillage che tradisce lo spirito della normativa europea. Non è solo una questione di norme da rispettare, ma di credibilità democratica. Se si vuole una Rai libera, autorevole, al servizio del cittadino e non dei governi, se l’obiettivo è un sistema mediatico sano, capace di informare senza subire ricatti o censure, la proposta del sorteggio tra idonei può rivelarsi vincente. E, soprattutto, sarebbe una scelta di rottura: un atto riformatore capace di allineare l’Italia ai principi dell’Emfa e di trasformare la Rai da terreno di conquista politica a spazio aperto, pluralista, controllato dai cittadini e protetto dalla legge.
Docente di Diritto dell’infomazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Docente di Diritto dell’infomazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
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