Per i migranti aprire un conto corrente in Italia è ancora un’odissea

Le banche non traducono le carte, la fiducia negli investimenti è bassa e il passaparola espone a truffe. Cosa rischiano gli stranieri secondo Fondazione Ismu
October 28, 2025
Per i migranti aprire un conto corrente in Italia è ancora un’odissea
Ansa
Aprire un conto corrente, chiedere un prestito o sottoscrivere una polizza assicurativa è ancora un percorso a ostacoli per le persone con background migratorio residenti in Italia. Si tratta di richiedenti asilo, titolari di protezione internazionale o seconde generazioni che tentano di risparmiare o investire i propri soldi nel Paese, ma sono ostacolati da barriere linguistiche e organizzative al raggiungimento di una piena inclusione finanziaria. In numeri: secondo l’indicatore di bancarizzazione stimato dal CeSPI, a fine 2022 l’81% dei migranti era titolare di un conto corrente contro il 97% degli italiani. La percentuale è in crescita, ma è perlopiù trascinata dai nuovi nati in Italia. È «un diritto disatteso», denuncia Fondazione Ismu (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) che in vista della Giornata mondiale del Risparmio del prossimo 31 ottobre ha pubblicato il report “Bussate e vi sarà aperto? Il (mis)match tra sistemi finanziari territoriali e bisogni degli immigrati”, in cui indaga il divario tra persone migranti e italiani nell’accesso ai servizi finanziari. La ricerca di Ismu ha coinvolto quattro aree metropolitane – Catania, Milano, Roma e Salerno – intervistando decine di operatori finanziari, mediatori culturali e richiedenti asilo. Il primo ostacolo per gli immigrati, secondo il report, è la bancarizzazione. In teoria, aprire un conto di base è un diritto per chiunque sia presente regolarmente sul territorio italiano, ma «non tutti gli sportellisti – si legge in una intervista anonima a un operatore finanziario pubblicata da Ismu – conoscono questa norma, né la propongono spontaneamente». E impediscono di fatto l’accesso a bonifici, carte di debito e accredito dello stipendio. Nella maggior parte dei casi a frenare la sottoscrizione di un conto è ancora il basso reddito, ma «l’alfabetizzazione e la fiducia nei servizi finanziari – si legge nel report – influenzano positivamente l’inclusione degli immigrati».
Al momento, però, i servizi più accessibili per i migranti restano ancora quelli a basso costo. Secondo Ismu, la strada da percorrere per abbattere i prezzi è la bancarizzazione digitale: in Italia non esistono ancora leggi fintech dedicate alle persone con background migratorio, ma molte iniziative private favoriscono i “cyber-portafogli”. Il vantaggio, in questo caso, è misurabile: inviare denaro online, sostiene il report, costa mediamente il 3,7% del trasferimento contro il 5,4% dello sportello tradizionale. Eppure, la fiducia nei canali digitali resta bassa: circa il 40% delle rimesse continua a transitare in contanti. Gli ostacoli non si fermano all’apertura del conto: rispetto alla popolazione italiana, i correntisti immigrati si fidano molto meno degli investimenti finanziari. Secondo CeSPI, il 37% delle persone con background migratorio preferisce risparmiare il proprio denaro nel conto corrente rispetto all’11% degli italiani. In generale, gli stranieri faticano a dialogare con le istituzioni bancarie: «Scontano il peso delle barriere linguistiche – sintetizza Ismu – e della distanza con le pratiche in uso nei Paesi d’origine. Banche e assicurazioni, a loro volta, raramente dispongono di materiale informativo multilingue». Solo il 33% delle filiali intervistate dalla fondazione ha a disposizione in filiale volantini e vademecum in lingue diverse dall’italiano. Così, il primo canale di accesso ai servizi resta il passaparola. Tutti gli intervistati nel report ritengono il consiglio di un amico - meglio se connazionale - la strada preferita per sottoscrivere una polizza assicurativa. Ma le reti informali non sono prive di rischi: «L’eccessivo ricorso – si legge nel report – a canali informali può esporre a prestiti non regolamentati, truffe o offerte ingannevoli, spesso aggravate da scarsa trasparenza o aggressività commerciale». Nelle quattro aree indagate da Ismu, in particolare, quasi il 50% delle agenzie di assicurazione ha proposto prodotti ad hoc per la clientela con background migratorio, ma molte di queste non hanno ancora tradotto il materiale informativo in lingue diverse dall’italiano. Ancora più basso - conclude Ismu - è il numero di istituti che propone percorsi di educazione finanziaria per i clienti.

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