Parchi tascabili e salotti verdi per mitigare il calore urbano
Dall’Enea 25 soluzioni creative per ridurre le isole di caldo nelle città. Moser (3Bee): «Anche in casa il microclima migliora con barriere naturali e piante aromatiche sui balconi»

Asfalto e cemento che assorbono il caldo di giorno e lo restituiscono la notte; pochi alberi; veicoli che emanano calore, come pure attività industriali e di riscaldamento o raffreddamento delle case; edifici alti e stretti che creano angusti canyon dove la circolazione dell’aria è limitata: sono gli ingredienti che concorrono a creare le isole di calore urbane, quelle zone dove, più che altrove, le temperature raggiungono livelli record.
Non è un problema senza soluzioni, sempre che una soluzione si voglia trovare: Enea – l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – ne propone venticinque, per gran parte già sperimentate nelle città italiane ed europee e testate nell’ambito del progetto Ue “Adattamento climatico. L’effetto isola di calore urbana nella città di Roma”. Ed è Roma, i municipi I (il centro storico) e V (Tiburtino-Casilino) – considerati a maggior rischio per le temperature elevate – che Enea supporterà, fornendo la base scientifica su cui pianificare i futuri interventi, replicabili non solo in altri quartieri della Capitale, ma anche in altre città.
Il panorama delle proposte – venticinque come si è detto – è così vario che ogni amministrazione potrà trovare il più adatto al proprio territorio e alle proprie casse. Alcuni modi per mitigare le isole di calore sono intuitivamente comprensibili: le alberature stradali, per esempio, o i tetti, le pareti e le facciate verdi. Per qualcun altro una spiegazione serve. Per esempio, in cosa consiste un parco tascabile? «Si tratta, come dice la definizione stessa, di parchi di dimensioni ridotte, bastano 150 metri quadrati, che si possono realizzare anche in zone centrali su piccole aree, marginali e non sfruttate. Sono a disposizione dei cittadini, di conseguenza svolgono funzioni ricreative e sociali e non soltanto di contrasto il fenomeno delle isole di calore. Da non confondere – spiega Elisabetta Salvatori, responsabile della “Sezione soluzioni integrate e nature-based per la rigenerazione urbana” di Enea – con le micro foreste, un’altra delle venticinque possibilità che proponiamo. Queste ultime sono minuscole aree a foresta ma è sconsigliato inoltrarsi nella vegetazione che cresce indisturbata. Meglio limitarsi a osservarli da fuori. A Roma, ne esiste una nel quartiere San Lorenzo, con uno scopo più didattico che climatico».
Se i pergolati vegetali si possono immaginare e gli orti urbani non sono una novità, cosa siano i “salotti verdi mobili” è un po’ più oscuro. «Sono soluzioni ideali per i centri storici e ovunque non si possa avere suolo nudo, non pavimentato, quando non è proprio possibile piantare un albero. La vegetazione viene fatta crescere all’interno di grandi strutture, in vasi larghi e profondi, in genere di un materiale naturale, come il legno, in modo che anche il materiale concorra alla riduzione delle isole di calore. È una soluzione flessibile, adattabile alla realtà che si vuole rinverdire. E sono mobili – spiega Salvatori – perché non è raro che siano costruiti su piattaforme che è possibile agganciare e trainare senza troppa difficoltà in un altro angolo della città». Sulla pedana basta sistemare qualche panchina e, voilà, ecco il salottino. E, volendo esagerare, sui salotti verdi mobili si realizzano anche pareti verdi usando un materiale inerte su cui si fanno crescere piante e arbusti di vario genere. Prendere una boccata di ossigeno non è mai stato così comoda…
I giardini della pioggia sono l’ennesima voce dell’elenco di Enea che stimola la curiosità: pur contribuendo alla riduzione del fenomeno delle isole di calore, il loro scopo principale è assorbire le precipitazioni. Si tratta di aree verdi realizzate al bordo di strade o di piazze, di zone soggette ad allagamenti in caso di piogge torrenziali: «Sono costituite da una depressione nel terreno – è sempre Salvatori a spiegare – che serve a convogliare e ad assorbire l’acqua. Nella depressione vengono fatte crescere piante che sono abituate a vivere in zone paludose, che sanno sopravvivere per un certo tempo con le radici sommerse ma prosperano anche all’asciutto. In caso di piogge torrenziali l’acqua viene convogliata in questi giardini, non va a sovraccaricare le fogne né va a creare ruscellamenti sulle strade o allagamenti delle piazze».
Si tratta di interventi per tutte le casse (delle amministrazioni), alcuni più costosi altri molto meno. Il vero nodo resta la manutenzione: senza costanza nella cura, il verde – di qualsiasi genere – è destinato a una fine ingloriosa, seccato dal sole, scheletrito dai parassiti, marcito dall’umidità. E se molte città si stanno attrezzando, anche il singolo cittadino può fare la sua parte: «Un balcone o un terrazzo possono essere sfruttati per mitigare la temperatura interna delle abitazioni creando una barriera verde che filtri il calore. Negli spazi ristretti – consiglia Silvia Moser, esperta forestale di 3Bee, la principale azienda Naturetech specializzata in tecnologie innovative per rigenerare la biodiversità e supportare le aziende nei loro piani di transizione ambientale – si può ricorrere alle piante aromatiche ma anche osare con qualche pianta un po’ più grande. In questo modo si crea un microclima che riduce l’impatto del sole sulle finestre o sulle altre aperture della casa. Una sorta di tenda naturale che garantisce ombra e allevia l’arsur. Sfruttare questo servizio ecosistemico che offrono le piante può avere anche un beneficio in termini economici consentendo di usare un po’ meno i sistemi di raffreddamento artificiali». Bello per gli occhi, gradevole all’olfatto e anche al gusto, visto che delle piante aromatiche si fa largo uso in cucina. E di grande utilità per l’ecosistema, per gli insetti impollinatori soprattutto. «Le piante da fiore richiedono una manutenzione più attenta ma attirano le api anche piante più rustiche, come la lavanda, che non hanno bisogno di molte cure. Avere un balcone o un terrazzo verde e fiorito – prosegue Moser – non solo è un beneficio per il microclima abitativo ma è anche il modo di dar vita a un hotspot di attrazione per gli impollinatori».
Garantire la sopravvivenza delle api, lo dice il nome stesso, è una delle missioni di 3Bee come pure ridurre i problemi causati dalle isole di calore.
«Studiare, capire come sono distribuite e mappare le isole di calore è una delle attività in cui è impegnata 3Bee. È importante – prosegue l’esperta forestale – basarsi su questi dati scientifici per costruire davvero città sostenibili». Un esempio di questa scientificità è la piattaforma “XNatura”, sviluppata da 3Bee, che fornisce in maniera molto semplice questi dati e permette di fare modelli previsionali per aiutare non solo le amministrazioni ma anche le aziende e le realtà private. «Selezionando un’area – spiega Moser – è possibile generare la mappa delle temperature al suolo e individuare le aree più critiche. Su questa base e, ovviamente, sulla base degli interventi che devono essere realizzati costruiamo una strategia per ottimizzare tutti gli interventi e riuscire a toccare più aspetti positivi possibili che sono, per esempio, il miglioramento della temperatura, il miglioramento della biodiversità, l’aumento della naturalità dell’area».
Non è un problema senza soluzioni, sempre che una soluzione si voglia trovare: Enea – l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – ne propone venticinque, per gran parte già sperimentate nelle città italiane ed europee e testate nell’ambito del progetto Ue “Adattamento climatico. L’effetto isola di calore urbana nella città di Roma”. Ed è Roma, i municipi I (il centro storico) e V (Tiburtino-Casilino) – considerati a maggior rischio per le temperature elevate – che Enea supporterà, fornendo la base scientifica su cui pianificare i futuri interventi, replicabili non solo in altri quartieri della Capitale, ma anche in altre città.
Il panorama delle proposte – venticinque come si è detto – è così vario che ogni amministrazione potrà trovare il più adatto al proprio territorio e alle proprie casse. Alcuni modi per mitigare le isole di calore sono intuitivamente comprensibili: le alberature stradali, per esempio, o i tetti, le pareti e le facciate verdi. Per qualcun altro una spiegazione serve. Per esempio, in cosa consiste un parco tascabile? «Si tratta, come dice la definizione stessa, di parchi di dimensioni ridotte, bastano 150 metri quadrati, che si possono realizzare anche in zone centrali su piccole aree, marginali e non sfruttate. Sono a disposizione dei cittadini, di conseguenza svolgono funzioni ricreative e sociali e non soltanto di contrasto il fenomeno delle isole di calore. Da non confondere – spiega Elisabetta Salvatori, responsabile della “Sezione soluzioni integrate e nature-based per la rigenerazione urbana” di Enea – con le micro foreste, un’altra delle venticinque possibilità che proponiamo. Queste ultime sono minuscole aree a foresta ma è sconsigliato inoltrarsi nella vegetazione che cresce indisturbata. Meglio limitarsi a osservarli da fuori. A Roma, ne esiste una nel quartiere San Lorenzo, con uno scopo più didattico che climatico».
Se i pergolati vegetali si possono immaginare e gli orti urbani non sono una novità, cosa siano i “salotti verdi mobili” è un po’ più oscuro. «Sono soluzioni ideali per i centri storici e ovunque non si possa avere suolo nudo, non pavimentato, quando non è proprio possibile piantare un albero. La vegetazione viene fatta crescere all’interno di grandi strutture, in vasi larghi e profondi, in genere di un materiale naturale, come il legno, in modo che anche il materiale concorra alla riduzione delle isole di calore. È una soluzione flessibile, adattabile alla realtà che si vuole rinverdire. E sono mobili – spiega Salvatori – perché non è raro che siano costruiti su piattaforme che è possibile agganciare e trainare senza troppa difficoltà in un altro angolo della città». Sulla pedana basta sistemare qualche panchina e, voilà, ecco il salottino. E, volendo esagerare, sui salotti verdi mobili si realizzano anche pareti verdi usando un materiale inerte su cui si fanno crescere piante e arbusti di vario genere. Prendere una boccata di ossigeno non è mai stato così comoda…
I giardini della pioggia sono l’ennesima voce dell’elenco di Enea che stimola la curiosità: pur contribuendo alla riduzione del fenomeno delle isole di calore, il loro scopo principale è assorbire le precipitazioni. Si tratta di aree verdi realizzate al bordo di strade o di piazze, di zone soggette ad allagamenti in caso di piogge torrenziali: «Sono costituite da una depressione nel terreno – è sempre Salvatori a spiegare – che serve a convogliare e ad assorbire l’acqua. Nella depressione vengono fatte crescere piante che sono abituate a vivere in zone paludose, che sanno sopravvivere per un certo tempo con le radici sommerse ma prosperano anche all’asciutto. In caso di piogge torrenziali l’acqua viene convogliata in questi giardini, non va a sovraccaricare le fogne né va a creare ruscellamenti sulle strade o allagamenti delle piazze».
Si tratta di interventi per tutte le casse (delle amministrazioni), alcuni più costosi altri molto meno. Il vero nodo resta la manutenzione: senza costanza nella cura, il verde – di qualsiasi genere – è destinato a una fine ingloriosa, seccato dal sole, scheletrito dai parassiti, marcito dall’umidità. E se molte città si stanno attrezzando, anche il singolo cittadino può fare la sua parte: «Un balcone o un terrazzo possono essere sfruttati per mitigare la temperatura interna delle abitazioni creando una barriera verde che filtri il calore. Negli spazi ristretti – consiglia Silvia Moser, esperta forestale di 3Bee, la principale azienda Naturetech specializzata in tecnologie innovative per rigenerare la biodiversità e supportare le aziende nei loro piani di transizione ambientale – si può ricorrere alle piante aromatiche ma anche osare con qualche pianta un po’ più grande. In questo modo si crea un microclima che riduce l’impatto del sole sulle finestre o sulle altre aperture della casa. Una sorta di tenda naturale che garantisce ombra e allevia l’arsur. Sfruttare questo servizio ecosistemico che offrono le piante può avere anche un beneficio in termini economici consentendo di usare un po’ meno i sistemi di raffreddamento artificiali». Bello per gli occhi, gradevole all’olfatto e anche al gusto, visto che delle piante aromatiche si fa largo uso in cucina. E di grande utilità per l’ecosistema, per gli insetti impollinatori soprattutto. «Le piante da fiore richiedono una manutenzione più attenta ma attirano le api anche piante più rustiche, come la lavanda, che non hanno bisogno di molte cure. Avere un balcone o un terrazzo verde e fiorito – prosegue Moser – non solo è un beneficio per il microclima abitativo ma è anche il modo di dar vita a un hotspot di attrazione per gli impollinatori».
Garantire la sopravvivenza delle api, lo dice il nome stesso, è una delle missioni di 3Bee come pure ridurre i problemi causati dalle isole di calore.
«Studiare, capire come sono distribuite e mappare le isole di calore è una delle attività in cui è impegnata 3Bee. È importante – prosegue l’esperta forestale – basarsi su questi dati scientifici per costruire davvero città sostenibili». Un esempio di questa scientificità è la piattaforma “XNatura”, sviluppata da 3Bee, che fornisce in maniera molto semplice questi dati e permette di fare modelli previsionali per aiutare non solo le amministrazioni ma anche le aziende e le realtà private. «Selezionando un’area – spiega Moser – è possibile generare la mappa delle temperature al suolo e individuare le aree più critiche. Su questa base e, ovviamente, sulla base degli interventi che devono essere realizzati costruiamo una strategia per ottimizzare tutti gli interventi e riuscire a toccare più aspetti positivi possibili che sono, per esempio, il miglioramento della temperatura, il miglioramento della biodiversità, l’aumento della naturalità dell’area».
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