domenica 28 febbraio 2021
Con il solo strumento della vaccinazione di massa (che pure è percorso obbligato e va accelerato) sarà impossibile vincere la sfida della pandemia: ecco la strada di successo seguita da alcuni Paesi
Il centro di Milano nell'ultimo sabato prima del passaggio alla zona arancione

Il centro di Milano nell'ultimo sabato prima del passaggio alla zona arancione - Fotogramma

COMMENTA E CONDIVIDI

Reagire e mai anticipare. Inseguire e mai prevenire. Pagare e mai incassare. Impressionato dal grafico sulla mortalità in Gran Bretagna e dalle informazioni direttamente avute dai colleghi d’Oltremanica, da ottobre, inascoltato, avevo lanciato un allarme sulla diffusione in Italia e sulle drammatiche conseguenze della variante virale che aveva messo in ginocchio il Regno Unito. Con il Sars-CoV-2 l’attendismo non paga e le conseguenze saranno gravi. Ma al di là delle decisioni tattiche limitate e tardive, quello che attualmente mi preoccupa è il fatto che la maggior parte dei governi stia puntando sulla vaccinazione come unica strada per uscire dalla crisi pandemica in corso.

Premesso che la vaccinazione di massa è un percorso obbligato e da accelerare, questo atteggiamento monotematico non è saggio, perché i vaccini sono una tecnologia di complessa produzione e distribuzione che richiederà mesi se non anni per garantire una protezione adeguata alle popolazioni del mondo. Nel caso poi che una mutazione virale renda i vaccini inefficaci e noi non avessimo la possibilità di correggere tempestivamente la nostra strategia potremmo addirittura non vedere mai l’uscita da questo circolo vizioso. Alcuni poi cullano l’illusione pericolosa che sia possibile, anzi che si debba, convivere con il Sars-CoV-2, come ha recentemente detto il presidente francese e diversi presidenti delle nostre Regioni, e che questa sarebbe la “nuova normalità” che potrà consentire di conciliare salute ed economia.

L’evidenza scientifica ci dice invece che questa è, appunto, una pia illusione, destinata a destabilizzarci per mesi dal punto di vista sanitario, oltre che psicologico, e per di più molto pericolosa, perché significa aprire le porte a migliaia di casi di malattia e di morte, all’inibizione duratura dello sviluppo economico, alla perenne instabilità delle attività civiche e sociali, a partire dalla scuola, destinata in questo modo a non riaprire mai più con continuità.

Il coraggio di un “lockdown” temporaneo
(sul modello tedesco), per poi procedere alla creazione
di zone verdi dove la circolazione delle persone sia libera,
le scuole aperte e l’economia possa rimettersi in moto
Così si potrebbe tornare subito alla normalità

Pochissimi governi hanno applicato ad oggi la vera strategia per il ritorno ad un equilibrio accettabile, quella della eliminazione della trasmissione virale, in grado di riportare i cittadini ad una vita pressoché normale nell’arco di alcune settimane e di recuperare le perdite economiche causate dalla pandemia. Inizialmente erano solo governi di Paesi lontani: Australia, Nuova Zelanda, Vietnam, Cina, Singapore, Mongolia. Da qualche giorno l’idea si sta affacciando timidamente anche in Europa, a partire dalla Germania, dove sia la Cancelliera federale che alcuni Presidenti di regioni e sindaci di città importanti, come Bonn e Colonia, stanno cominciando a studiarla e ad applicarla. Questa strategia è basata su sei azioni che possono portare interi Paesi, ma anche Regioni o aree sub-regionali ad eliminare il virus in 5-6 settimane:

1. Definire le zone “protette” da liberare.
2. Attivare una campagna di comunicazione e motivazione per l’implementazione della strategia.
3. Realizzare un lockdown di 4-5 settimane insieme a misure di supporto e protezione economica.
4. Convertire alberghi ed altre strutture in residenze per isolamento e quarantena.
5. Porre in quarantena in queste strutture i viaggiatori che arrivano dall’esterno delle zone protette.
6. Riaprire tutte le attività nelle “zone verdi” liberate dal virus (green zones).

Benché la strategia No Covid richieda importanti investimenti iniziali è enormemente più vantaggiosa dell’alternativa che è quella di vivere mesi di yo-yo tra chiusure e parziali riaperture, accompagnate da morte, malattia e disabilità permanenti e progressivo impoverimento di una percentuale importante della popolazione. In particolare, è poi importante comprendere che le restrizioni della mobilità, in particolare dei viaggi non essenziali, sono un punto cruciale della strategia No Covid, perché consentono ai Paesi liberi dal virus di preservare i benefici ottenuti con i lockdown, poiché se questi ultimi sono in grado di eliminare la trasmissione del coronavirus, l’assenza di procedure di quarantena per i viaggiatori in entrata significa reimportare casi che ricominceranno fatalmente a crescere in assenza di misure restrittive. È quello che continuiamo a vedere in Europa e negli Stati Uniti, mentre le strategie No Covid cominciano ad avere effetto, oltre che in Asia e in Oceania, anche in Canada e in alcuni stati americani.

Tutto ciò necessiterebbe di una decisione convinta da parte dei governi, ma consapevoli che non tutti hanno la visione, la leadership e la determinazione per farlo, è possibile ipotizzare anche un percorso “dal basso”, promosso da città, Province, Regioni o Paesi che siano pronti a fare quello che è necessario per eliminare il coronavirus.

Le obiezioni più frequenti alla strategia No Covid sono che questa funziona solo nelle isole e che è impossibile bloccare il 100% dei viaggiatori in arrivo nelle zone protette. Per quanto attiene la prima, la Mongolia, Taiwan, il Vietnam, le province atlantiche del Canada, lo stato americano di Washington sono tutti Paesi che hanno confini terrestri imponenti e tuttavia sono riusciti ad eliminare il virus. Per quanto concerne la seconda, pur se una compliance del 100% sarebbe ideale, anche la restrizione all’accesso del 90-95% degli arrivi dall’esterno ridurrebbe drasticamente il tasso di infezione e consentirebbe un robusto testing e tracciamento per gestire il piccolo numero di casi residui.

È quello che sta programmando la Germania che, dopo aver attuato un lockdown di oltre due mesi, ha chiesto per la prima volta dall’inizio della pandemia di sospendere la libera circolazione dei cittadini anche nell’area Schengen per riprendere a tracciare e contenere il tasso di incidenza dei nuovi casi a 10 per 100.000. Danimarca, Finlandia e Paesi baltici sembrano avviati a seguire l’esempio. Dopo queste azioni, nelle “zone verdi”, cioè quelle che non hanno trasmissione comunitaria per almeno 14 giorni consecutivi, scuole, ristoranti, musei, cinema, teatri, attività commerciali possono essere riaperti senza limitazioni e ciò può essere fatto anche in assenza di coperture vaccinali massicce. Nel caso che queste zone verdi riguardassero più Paesi la circolazione delle persone potrebbe avvenire, al loro interno, senza restrizioni, ripristinando mobilità sia per affari che per turismo. Attualmente, la zona verde Australia-Nuova Zelanda è quella più famosa, ma cominciano ad aggiungersene altre come quella del Canada occidentale e, in Europa, quella di Estonia-Lettonia-Lituania.

La conditio sine qua non per la realizzazione di una strategia No Covid è una imponente campagna informativa che aiuti a far comprendere ai cittadini che l’eliminazione del virus è possibile nel giro di alcune settimane, ma richiede la convinta adesione di tutta la comunità. Essa passa attraverso una chiara spiegazione del perché una tale strategia migliorerà la vita delle persone, che il lockdown è una misura temporanea e che, se la popolazione parteciperà attivamente e convintamente, sarà possibile tornare alla normalità nel giro di alcune settimane, ben prima del completamento della campagna vaccinale di massa che durerà, nel migliore dei casi, lunghi mesi.

In ogni caso è necessario garantire misure di supporto finanziario a coloro il cui reddito è danneggiato dal lockdown o che devono andare in quarantena. Il nostro Paese, come del resto tutta l’Europa, si trova a un bivio: da una parte una strada dura ma limitata nel tempo che da certezza di ritorno alla normalità nell’arco di alcune settimane, dall’altra mesi di incertezze, di malattia, di morte, di impoverimento materiale ed educativo. Se li combattiamo solo sul terreno evolutivo e biologico i virus sono in grado di tenerci in scacco per anni e di infliggerci pesanti sconfitte, se invece ragioniamo e prendiamo le giuste decisioni saremo noi a sconfiggere loro.
Lo faremo?

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: