martedì 11 febbraio 2025
L'appello dello psicoterapeuta Pellai: anche negli adolescenti il grosso rischio è lo sviluppo di dipendenza da dopamina e stimoli continui
Per proteggere i ragazzi in Rete cominciamo dallo smartphone

lev dolgachov

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Si celebra oggi, in contemporanea in oltre 100 nazioni di tutto il mondo, il Safer Internet Day, la giornata mondiale per la sicurezza in rete, istituita e promossa dalla Commissione Europea. Obiettivo dalla giornata è far riflettere le ragazze e i ragazzi non solo sull’uso consapevole della rete, ma anche sul ruolo attivo e responsabile di ciascuno per renderla un luogo positivo e sicuro. “Together for a better internet” è il titolo scelto dalla Commissione Ue per la promozione della giornata. Telefono Azzurro e Bva-Doxa hanno presentato i risultati di una nuova indagine sull’uso del digitale da parte dei ragazzi. Una delle preoccupazioni principali è legata alla diffusione di strumenti di intelligenza artificiale. Il 40% degli intervistati teme infatti che i contenuti fake generati dall’IA possano causare un danno per le loro relazioni sociali, diffondendo online foto e video fasulli ma dall’alto tasso di veridicità. Tra gli argomenti per i quali i ragazzi affermano di avere più bisogno di informazioni per potersi difendere ci sono le fake news (40%), seguite da privacy e dati personali (34%), cyberbullismo (32%) e adescamento (31%). Un’altra ricerca di Changes Unipol indaga il tema della dipendenza dallo smartphone: il 64% dei giovani (16-35 anni) lo utilizza in modo frequente o continuo, trascorrendo da 4 a oltre 6 ore al giorno connesso. L’utilizzo assiduo si traduce per il 90% dei giovani in comportamenti problematici come perdita del sonno, ansia da interazione e riduzione della socialità con il 40% che preferisce le interazioni online a quelle in presenza.

«L’adolescente con lo smartphone sempre in mano vive il dilemma di Pinocchio. Andare a scuola o nel Paese dei balocchi? Pinocchio scelse la seconda, seguendo le promesse di Lucignolo. Oggi i nostri ragazzi fanno la stessa cosa». L’allarme di Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva nonché divulgatore di grande successo, è risuonato nei giorni scorsi davanti a duecento genitori bergamaschi. Una platea che ha ascoltato in religioso silenzio analisi e consigli, preoccupata dagli effetti collaterali dell’abuso di quello che lo specialista definisce «il peggiore strumento di distrazione di massa».

Il pericolo digitale è tra noi, ma facciamo finta di non vederlo, ipnotizzati come siamo dallo schermo sempre a portata di mano. Senza renderci conto delle conseguenze devastanti che cadono sulla testa dei nostri figli. Questa è la triste morale della favola secondo Pellai. «Il cervello degli adolescenti e dei bambini in particolare è come un panetto di das – ha semplificato durante l’incontro organizzato dalla Fondazione S.Alessandro, “braccio didattico” della diocesi di Bergamo – se lo lavori diventa sempre più morbido, perché ha una neuroplasticità molto elevata. Ma se lo lasci lì fermo diventa secco e rigido, e poi modificarlo diventa difficile». Fuori di metafora, le esperienze della vita reale creano le sinapsi, ovvero quella rete che poi consentirà a idee e emozioni di rimbalzare agilmente da un neurone all’altro, guidando il sano sviluppo dell’individuo. Viceversa, passare ore con gli occhi inchiodati su social, chat e videogame congela fatalmente la crescita. Pellai è stato drastico: «Quello passato davanti allo smartphone è tempo perso, che nessuno potrà più restituire. Perché lo slot è limitato: oltre una certa età si apprende con molta più fatica». Ecco perché lo psicoterapeuta porta avanti la linea della “tolleranza zero”: «Non è questione di usare poco e bene lo smartphone, semplicemente non è uno strumento adatto ai bambini. Andrebbe vietato sotto i 14 anni». Una posizione radicale, che però trova sponda anche in altri esperti dell’età evolutiva. Alvaro Bilbao, neuropsicologo che si è formato al prestigioso Johns Hopkins Hospital di Baltimora, ha riservato un capitolo alle “app” per piccoli nel suo fortunato saggio Il cervello dei bambini spiegato ai genitori. Solo che è una pagina completamente bianca. Una provocazione nata in risposta alle sollecitazioni degli adulti, che insistono nel voler usare lo smartphone a fini educativi. «Meglio utilizzare metodi più creativi – ribadisce Pellai, perché – la vita digitale non allena alla vita vera» e nemmeno aiuta la didattica. Favorevole alla scuola “smartphone free”, lo specialista ha citato dati e ricerche. Come quelli accumulati nei Paesi scandinavi, che dieci anni fa si affrettarono – sotto la spinta dei giganti hi-tech – a eliminare i libri cartacei tra i banchi, anche per salvaguardare, dissero, il patrimonio forestale. Salvo fare marcia indietro alla luce degli ultimi – inquietanti – risultati: gli alunni cui sono stati tolti i device hanno ottenuto punteggi nei test valutativi superiori fino al 40% rispetto ai coetanei che continuavano a usarli in classe. Di conseguenza, addio ai tablet e reintroduzione dei libri. «Meglio perdere qualche albero piuttosto che la materia grigia dei ragazzi».

Le insidie non mancano nemmeno per gli adolescenti: rintanati nella loro bolla virtuale, perdono sempre più contatto con il reale. Amicizie e relazioni si sfilacciano, aumenta il disagio piscologico e gli atti di autolesionismo. Emergenza rilevata anche dal Dipartimento della Salute americano, che ha stilato uno studio dal titolo emblematico: Social media and youth mental health. Le conclusioni del report sono preoccupanti: non si può stabilire che questi network siano «sufficientemente sicuri» per i minori, «specialmente durante l’adolescenza, periodo particolarmente vulnerabile per lo sviluppo cerebrale».

Il problema è la dopamina, la sostanza che induce uno stato di euforia e porta alla dipendenza da ciò che ne stimola la produzione. «È come il giro di giostra per i bambini – spiega Pellai – fatto uno ne chiedono un altro, e un altro ancora. Se dici no, partono i capricci. Ma bisogna imparare a tollerarli: una fatica necessaria di cui non siamo più capaci». Le conseguenze possono essere pesanti: «Incontro genitori che mi chiedono di dire ai loro figli di non giocare online tre ore di fila. La mia risposta è semplice: diteglielo voi. Ci sono padri aggrediti per aver staccato la spina alla consolle. Non capitava, ad esempio, con il Monopoli: nessuno ha mai sviluppato dipendenza dai giochi da tavolo…». Occorre dunque riflettere e intervenire su meccanismi subdoli, messi a punto a tavolino per scatenare l’addiction tra i consumatori di domani.

«I nostri figli sono sotto lo sguardo costante del gatto e la volpe, che lucrano sulla loro pelle. Ormai non è più soltanto un problema educativo, ma una questione di sanità pubblica – incalza Pellai – Per questo occorre intervenire anche sul piano legislativo, come ha fatto l’Australia che ha vietato i social ai minori di 16 anni». In ballo ci sono soldi, tanti soldi. Mentre il mercato editoriale mondiale non supera i 90 miliardi di dollari di fatturato, l’industria dei videogame lo “doppia” con 183 miliardi. La metà di questo business scorre sullo smartphone. «All’inizio giochi gratis, ma se vuoi progredire nella sfida devi spendere piccole cifre. Lo stesso principio dell’azzardo». Dalla padella alla brace, la salute mentale dei giovani va in fumo. La vittoria di Lucignolo.

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