martedì 24 gennaio 2023
Due docenti universitari, esperti della materia, rispondono all’immunologa Antonella Viola per la quale la dose sicura è «zero»
Un bicchiere di vino? «Salutare»

Ansa

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«Una dose moderata di vino non è che non faccia male: fa addirittura bene. Sarebbe grave, a causa di posizioni proibizioniste, privare la popolazione di un importante meccanismo di protezione per la salute com’è il vino, se assunto con moderazione». Così il professor Giovanni De Gaetano, tra i fondatori e primo direttore del “Mario Negri Sud” e dei Laboratori di ricerca dell’università Cattolica del Molise, oggi responsabile del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), e il professore emerito di Biochimica dell’università di Padova, Fulvio Ursini, entrano nel dibattito esploso all’interno del mondo scientifico, da quando l’immunologa Antonella Viola in un’intervista ha dichiarato che anche una dose minima di vino è cancerogena come l’amianto, che chi beve un bicchiere al giorno ha il cervello più piccolo e che l’unica dose sicura è zero, dunque che la proposta dell’Irlanda di denunciare in etichetta la pericolosità del vino, come avviene per le sigarette, è sacrosanta.

Se la reazione di gran parte del mondo scientifico è stata immediata e a volte irriverente, De Gaetano e Ursini riportano la discussione sul piano della ricerca, dati alla mano: «La professoressa Viola bolla come “bufala” l’effetto salutare di una dose moderata di vino – spiegano – e innegabilmente per decenni alcuni lavori negavano qualsiasi effetto benefico al vino, ma la ricerca non si ferma mai, va avanti e si aggiorna sulla base di sempre nuove evidenze, anche a costo di modificare le antiche certezze». Così Lancet, una delle riviste più importanti al mondo, nel 2018 pubblicava lo studio del gruppo internazionale GBD (Global Burden of Diseases) secondo il quale non c’era alcuna dose quotidiana di alcol che riducesse il rischio di malattie e quindi era auspicabile la tolleranza zero (un dato contrario ai risultati di numerosi altri studi precedenti e altrettanto ben pubblicati); ma poi nel luglio del 2022 di nuovo Lancet proponeva un nuovo lavoro dello stesso GBD, che correggeva il tiro e dimostrava come «per le persone adulte, dai 40 anni in su, la relazione causa-effetto tra un’assunzione moderata di alcol e il rischio di malattie non è lineare ma fa una curva a J: in pratica una bassa dose produce l’effetto opposto di una dose eccessiva. Ossia fa bene». In altre parole, «confrontando con metodo scientifico un gruppo di consumatori e un gruppo di astemi, chi beve abitualmente un po’ di alcol ha un rischio più basso di incorrere nelle 22 malattie esaminate». Una inversione a U che era ben nota da decenni e che gli studiosi del GBD hanno confermato.

L’immunologa di Padova (e l’Irlanda) hanno indirettamente bollato come bufala anche il lavoro dell’International Scientific Forum on Alcohol Research presso la prestigiosa università di Boston, «che per decenni ha recensito centinaia di studi sulla relazione tra alcol e salute, le cui conclusioni convergono sul benefico effetto dell’assunzione moderata di vino», continuano Ursini e De Gaetano.Ma in che cosa consiste in concreto questo “benefico effetto” di un bicchiere a pasto? «Prendiamo i due piatti di una bilancia, sul primo c’è un modesto aumento di rischio di alcuni tumori, sull’altro piatto c’è il marcato effetto di prevenzione da molte gravi malattie, soprattutto quelle cardiocircolatorie, prima causa di morte al mondo». In numeri, «su 100 persone, 1 ha un rischio aumentato di tumore, ma 45 sono protette da gravi malattie metaboliche». Uno studio israeliano, che per la prima volta ha messo a confronto due gruppi di volontari – uno di astemi e l’altro di astemi che hanno accettato di consumare 150 millilitri di vino rosso ogni sera – ha rilevato nei secondi un evidente miglioramento dei fattori cardiometabolici e del diabete. Un altro importante studio pubblicato sul New England Journal of Medicine analizza la mortalità in uomini e donne fumatori, dimostrando i benefìci evidenti tra chi assume un po’ di vino rispetto a chi non beve mai.

Naturalmente ogni storia è a sé, ciò che fa bene a uno può danneggiare un altro per sue particolari condizioni, inoltre parametri come età e sesso diversificano le reazioni a ogni sostanza assunta (l’alcol è sempre dannoso per i minorenni), «ma quanti cibi sono potenzialmente cancerogeni e aumentano il rischio di gravi malattie se si esagera? Se scriviamo sul barbera o sul chianti che “nuoce gravemente alla salute” dovremo scriverlo quasi ovunque, sullo zucchero, sulla carne, sulle patatine fritte, sui salumi, sulle scatoletta di tonno», tutti elementi che, in eccesso, concorrono a quello stato di costante infiammazione che è alla base dei “big killer”, le grandi malattie del mondo occidentale.

L’errore, insomma, è di metodo, non si può dire che se una sostanza è tossica a grandi dosi, sarà meno tossica, ma sempre tossica, a basse dosi, non è automatico: «Come è vero che qualcosa che fa bene può diventare pericoloso se preso in eccesso, vedi gli zuccheri, i grassi, persino molti vegetali, specularmente è vero che qualcosa che ad alte dosi fa certamente male può essere invece protettivo a dosi moderate. È un fenomeno ben noto in biochimica chiamato ormesi nutrizionale». Vale per l’alcol ma non per il fumo, perché nessuna dose di sigarette fa bene a qualcosa, anche una sola fa sempre e solo male, «quindi anche a metterli sullo stesso piano. Il proibizionismo nel caso del vino porterebbe alla perdita di uno strumento prezioso per il mantenimento della salute».

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