domenica 30 dicembre 2018
Il capo dell’istituto americano vuole farne «la sede della lotta per difendere la civiltà giudaico-cristiana nel mondo» Il Comune tentenna, la diocesi è contraria
Il complesso della Certosa di Trisulti

Il complesso della Certosa di Trisulti

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«Trisulti terra d’Europa, bene della comunità ». Recitava così il grande striscione che ieri mattina ha aperto la marcia di 5 chilometri dal paese di Collepardo alla Certosa di Trisulti, indetta in segno di protesta contro la decisione di trasformare il complesso monastico in una scuola di formazione politica dall’orientamento sovranista.

Un’iniziativa dichiaratamente ispirata a Steve Bannon, il produttore cinematografico statunitense che ha curato la campagna elettorale per l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca e a cui fa riferimento il “Dignitatis Humanae Institute”, ovvero la fondazione internazionale che si è aggiudicata, nel febbraio scorso, la concessione della Certosa per 19 anni, con un affitto di 100.000 euro l’anno, a seguito del bando firmato dall'allora ministro alla Cultura Dario Franceschini. Dietro lo striscione poco meno di 300 partecipanti, arrivati un po’ da tutta la provincia di Frosinone e organizzati dalla rete “Comunità solidali”. «I luoghi sono di chi li cammina. La storia è di chi la ricorda giorno dopo giorno. La ricchezza è di chi custodisce il senso delle cose per restituirlo agli altri e non per farlo prigioniero di un pensiero totalizzante», hanno fatto sapere gli organizzatori della marcia, tutti intenti a ribadire, davanti ai cronisti arrivati anche da Stati Uniti e Gran Bretagna, il no alla trasformazione della Certosa «in una scuola che formi gli Orban e i Salvini di domani».

Tanta l’attenzione mediatica sulla marcia ma pochi, invece, i cittadini di Collepardo, il paese di un migliaio di abitanti nel cui territorio insiste Trisulti, fondata dai Certosini nel 1200, proprio nel luogo in cui Benedetto da Norcia si fermò di passaggio da Subiaco a Montecassino, e dal 1947 curata dai monaci della Congregazione Cistercense di Casamari, ramo benedettino che però ora ha deciso di lasciarla per la crisi delle vocazioni, con il solo padre Dario rimasto in paese per raggiungere Trisulti e celebrare la messa la domenica mattina.

Il sindaco di Collepardo Mauro Bussiglieri, a capo di una lista civica, ha confermato le perplessità attorno al progetto, ha detto di volerlo conoscere meglio, però – ha precisato – «ci atterremmo al fatto che la Certosa, che per centinaia di anni è stata un punto di riferimento religioso, rimanga tale». Mentre il suo vice Vincenzo De Parasis ha lamentato una «eccessiva strumentalizzazione politica » della protesta. Progetto che nel pomeriggio di ieri, in un’assemblea pubblica in paese, ha ribadito Benjamin Harnwell, presidente del consiglio della Fondazione Dignitatis Humanae Institute, affermando tra l’altro: «Vogliamo che Trisulti diventi la sede della lotta per difendere la civiltà giudaico-cristiana nel mondo».

Netta la posizione del vescovo Lorenzo Loppa, nella cui diocesi di Anagni-Alatri ricade Trisulti e l’altro vicino complesso del santuario della Madonna delle Cese, che ad Avvenire ha dichiarato: «Io sono stato da subito contrario, totalmente contrario, a questa operazione da parte dello Stato. Ancora oggi me ne rammarico e non ho lasciato passare giorno senza che non abbia tentato qualcosa per evitarla. Purtroppo, una volta che i Cistercensi hanno deciso di lasciare la Certosa, non sono riuscito a trovare un altro ordine religioso disposto ad occuparsi di Trisulti. Ho bussato a tutti gli ordini ma invano, nessuno se l’è sentita di raccogliere l’eredità dei Cistercensi per due motivi: si tratta di un complesso monumentale grandissimo, non facile da gestire ed inoltre lontano dai grandi centri, quindi con poche possibilità di svolgere una certa azione pastorale».

Adesso mi fa male vedere che Trisulti è finita in mano a un gruppo di vetero-cattolici, a dei tradizionalisti che compongono la cosiddetta fronda anti-Francesco. Ho anche avuto una serie di incontri con gli acquirenti, ho detto loro che è impensabile stravolgere la tradizione religiosa della Certosa, ma non mi hanno neppure risposto e, anzi, come prima cosa hanno subito messo un biglietto d’ingresso a 5 euro. Adesso comunque stiamo cercando di fare qualcosa per salvare almeno il piccolo santuario della Madonna delle Cese, che pure è nella pertinenza del complesso della Certosa e che quindi lo Stato ha ugualmente ceduto», ha concluso il presule. Tra la gente del Frusinate serpeggia intanto anche un’altra preoccupazione, legata proprio alle sorti di tutto il complesso della Certosa, luogo da sempre caro alla religiosità di questa terra, e che negli ultimi mesi non ha visto i necessari interventi di manutenzione ordinaria.

Un patrimonio che si estende anche alla biblioteca (monumento statale con i suoi 25mila volumi) e all’antica farmacia famosa per la creazione di rimedi naturali con le erbe dei monti circostanti, e che ora rischia di conoscere un lento ma inesorabile declino.

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