
Migranti rinchiusi in un campo libico - Ansa
Due fratelli bengalesi sono stati fermati a Fiumicino dalla polizia di Stato: la Dda li accusa, con altri indagati in corso di identificazione, di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina nella forma aggravata.
Secondo l'indagine condotta dalla polizia a Palermo, i due farebbero parte di una presunta associazione criminale, a carattere trasnazionale, dedita al traffico di migranti, prevalentemente di nazionalità bengalese. La banda aveva tentacoli in Libia, nelle carceri dove i migranti vengono reclusi e torturati per estorcere somme di denaro. I familiari dei prigionieri venivano contattati e invitati a pagare un prezzo della liberazione dei loro congiunti, che poi intraprendevano la traversata via mare sino alle coste siciliane. Sarebbero emerse responsabilità a carico di uno dei due fratelli bengalesi, il quale ha diretto e promosso l'associazione organizzando, in maniera continua, il viaggio dal Bangladesh alla Libia e dalla Libia verso l'Italia, di un numero indefinito di suoi connazionali, giunti a Lampedusa dal 2020.
L'altro fratello avrebbe favorito l'ingresso irregolare di almeno cinque migranti, che partiti in aereo da Dacca, hanno fatto un primo scalo a Dubai, poi in Siria, fino a giungere all'aeroporto di Bengasi. Secondo le testimonianze rese dalle vittime, in Libia sono rimasti per oltre un mese, ristretti all'interno di un campo di prigionia sotto la minaccia costante dei trafficanti, privati finanche dei principali mezzi di sussistenza. Il costo del viaggio per l'Italia è di circa 11 mila euro, prezzo che i migranti pagano in più tranche, la prima, di circa 6 mila euro, viene consegnata direttamente ai componenti della famiglia dei due indagati a Dacca. Il resto, invece, è pagato ai membri della compagine criminale presenti nelle città di transito. Una vera "agenzia viaggi" criminale, ora smantellata dalla polizia.