martedì 10 novembre 2020
I pazienti finiti in rianimazione sono più di quelli registrati. Il rebus dei posti effettivi. Il commissario Arcuri annuncia l’invio di ulteriori 250 ventilatori, tra intensiva e subintensiva
Terapie intensive. Confusione totale sui numeri reali di posti e degenti
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La notizia che arriva a sera dal commissario straordinario all’Emergenza Domenico Arcuri – «Ho disposto l’invio di ulteriori 200 ventilatori per la terapia intensiva e 50 per quella subintensiva, che si aggiungono ai 196 ventilatori per terapia intensiva già inviati venerdì scorso » – è senz’altro buona. Negli ultimi tre giorni, conti alla mano, sono stati inviati 160 ventilatori aggiuntivi alla Lombardia, 11 all’Abruzzo, 125 al Lazio e 150 al Piemonte, col saldo degli aiuti “extra” che sale a livello nazionale a quota 3.815 a fronte degli oltre 6.400 posti disponibili e dei 2.849 effettivamente occupati. Eppure, sul fronte delle terapie intensive, i dati se possibile sono ancora più confusi di quelli su contagi e Rt. Intanto il primo gap, evidenziato ormai da diversi gruppi di lavoro scientifici: quante sono le rianimazioni effettivamente occupate ogni giorno?

A fornire il dato è il Bollettino del ministero della Salute, che tuttavia riporta il saldo tra ingressi e uscite e non quello dei nuovi ricoveri. Per farla semplice: da domenica a ieri le terapie intensive sono passate da 2.649 a 2.749 (+100 in un giorno), ma questo non significa che i nuovi ingressi siano stati 100.

Ogni giorno negli ospedali si registrano pazienti migliorati, e magari trasferiti in altri reparti, e pazienti deceduti: ipotizzando che ieri siano stati 10, il reale incremento di pazienti ricoverati in un giorno sarebbe allora stato di 110; ipotizzando che siano stati 100, il reale incremento sarebbe di 200. Insomma, i pazienti che finiscono in terapia intensiva sono quasi sicuramente più di quelli che vengono registrati e questo a fini statistici sarebbe importante da chiarire, al più presto, per disegnare la curva dell’incremento di pazienti gravi e capire quando davvero le rianimazioni italiane potrebbero finire col saturarsi.

Ad offrire aggiornamenti sulla situazione reale degli ospedali è quasi ogni giorno l’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas), che proprio ieri ha ritoccato al rialzo il suo rapporto: se il numero di posti letto occupati da pazienti Covid nei reparti ordinari raggiungono già il livello nazionale il 49% del totale di quelli disponibili – praticamente uno su due e ben oltre la soglia definita “critica” del 40% –, quella dei posti di terapia intensiva tocca il 34% a livello nazionale, 4 punti oltre la soglia critica del 30%.

Una soglia superata da 11 Regioni e con questi valori: Sardegna (32%), Emilia Romagna (35%), Liguria e Trento (39%), Marche (41%), Toscana (44%), Valle d’Aosta (47%), Lombardia (52%), Piemonte (53%), Umbria (60%), Bolzano (61%). Ma anche in questa lista dettagliata qualcosa non è chiaro: non si indicano cioè i numeri effettivi dei posti letto, ma solo le percentuali, che potrebbero essere calcolate sia a partire dal numero di posti disponibili pre-Covid (erano 5.179 a livello nazionale) sia a partire da quelli attivati dopo la prima ondata (altri 1.259, per un totale di 6.438).

E in ogni caso rimarrebbero fuori ancora i 3.815 ventilatori di cui si diceva all’inizio e che nel computo fatto ancora settimana scorsa da Arcuri farebbe salire la disponibilità effettiva a quasi 10mila posti. Il tutto al netto delle dotazioni organiche, cioè del personale, che non risulta essere certo aumentato ai ritmi di quelle tecniche: un ventilatore, hanno sottolineato più volte i rianimatori nelle ultime settimane, non basta a creare un posto effettivo in terapia intensiva e secondo la prima linea ad oggi ci sarebbero medici per garantire l’assistenza di poco meno di 7mila pazienti.

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