sabato 27 maggio 2023
Al Festival di Trento la premier non cita la tassa piatta (bocciata anche dall'Ufficio parlamentare di bilancio) e punta tutto sul cuneo. In serata a Catania la "dottrina" sui soldi sottratti al Fisco
Meloni archivia la flat tax ma scivola sull'evasione: «No al pizzo di Stato»

ANSA

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La Meloni «secchiona», come si autodefinisce parlando in collegamento video al Festival dell’economia di Trento, negli ultimi giorni ha dovuto studiare con attenzione i rilievi a raffica sulla flat tax di Bankitalia, Bruxelles e dei tecnici del Parlamento. Lo studio ha fatto maturare un frutto: l’idea nella sostanza è archiviata, se è vero che dinanzi a una delle platee economico-finanziarie più autorevoli la “tassa piatta” nemmeno è citata. L’obiettivo di legislatura, ormai, è fissato: «L’impatto del taglio del cuneo che stiamo realizzando è diverso dai precedenti e non è finito - spiega la premier -. La prima sfida è rendere questi provvedimenti strutturali e allargarli ulteriormente». Anche se poi in serata, lasciato l’abito istituzionale e ripreso, a Catania, quello da campagna elettorale, scivola sulla lotta all’evasione: «La sinistra dice che gettiamo la spugna. Mai. Ma la lotta all’evasione si fa sulle big company, sulle banche. Non sul piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato».

Tornando a Trento. Sta ben attenta, la premier, a non mettere il cuneo in contrapposizione alla flat tax cara a Salvini. Piuttosto, Meloni inserisce la tassazione sul lavoro in un discorso che tenderebbe, nella sua visione, a smontare il salario minimo, una delle poche misure su cui sono d’accordo Pd, M5s e Azione. «Abbiamo salari da fame, il problema dell’inflazione, si dice che bisogna immaginare un salario minimo legale» ma «è meglio tagliare il cuneo che fare il salario minimo legale, che è buono sul piano filosofico ma nella sua applicazione rischia di essere un boomerang».

Certo, l’allontanamento dalla flat tax potrà creare tensioni. Perciò, la premier accarezza l’alleato leghista. E se sul fisco toglie, sulle riforme mette. Le riforme, dice la presidente del Consiglio, «noi le dobbiamo fare, lo hanno chiesto i cittadini». Il presidenzialismo (o la variante condivisa con pezzi di opposizione) e l’autonomia differenziata «li faremo entro la fine di questa legislatura». E sul neoregionalismo assicura: «L’Autonomia rafforzerà la coesione nazionale, a differenza di quello che si dice, perché introdurremo i Livelli essenziali delle prestazioni, che sono il vero elemento di coesione». Parole che strappano il consenso sia del ministro Calderoli, sia del governatore Zaia sia dei fedelissimi di Fdi, che coprono i dissensi diffusi nel primo partito del centrodestra.

Insomma nel videocollegamento da Trento la premier traccia una sorta di road map della fase di governo che inizierà dopo l’estate, a partire dal varo della manovra. Test da affrontare da «secchiona», insiste la premier. «Lo sono diventata perché ero una persona insicura e sottovalutata, ma orgogliosa». Sbattere la testa sui dossier, insomma, per evitare il «peccato della vanità». Una “confessione” che la premier inserisce tra un ritorno sul dramma degli alluvionati, una fiammata sulla Francia e un rilancio sul “piano Mattei”.

Ma la flat tax resta il convitato di pietra di Trento. Anche perché ieri sono piovuti altri rilievi importanti dall’Ufficio parlamentare di bilancio. In sintesi: il passaggio alla flat tax rischierebbe di penalizzare i redditi medi e favorire invece quelli più elevati. Nella memoria trasmessa alla Camera dalla presidente Lilia Cavallari, l’Upb definisce «ampiamente condivisibili» gli obiettivi prioritari della delega fiscale. Ma sottolinea con la penna rossa la flat tax, appunto: il passaggio dagli attuali scaglioni Irpef a uno schema di progressività ad aliquota unica «determina effetti redistributivi che penalizzano i soggetti con redditi medi e favoriscono quelli con redditi più elevati a meno di rinunciare a una elevata quota di gettito», osserva l’Ufficio. Il viceministro dell’Economia Edoardo Leo si limita ad una difesa d’ufficio: «La flat tax - dice - in molti casi non è neanche un vantaggio. È una logica di semplificazione». Insomma, qualcosina si farà ma su microsettori.

Mentre il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nel suo videomessaggio a Trento si dedica soprattutto agli aspetti “macro”: nel 2023 il Pil dell'Italia potrebbe crescere dell'1,2-1,4%, conferma ribadendo l’approccio «prudente» del governo. Il titolare del Mef rassicura anche sul monito del Fondo monetario sul debito: «È frutto anche di shock esterni, lo affronteremo». Infine, Giorgetti paventa un nuovo rischio: «Non posso che rammaricarmi per la recessione tedesca, qualche impatto lo avrà anche a noi, sono convinto che tramite la crescita del turismo e di altri comparti potremo provare a recuperare». Sul tormentone-Mes «non ricattiamo nessuno, realisticamente una soluzione si troverà».

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