sabato 7 ottobre 2023
Palazzo Chigi: rafforzati controlli delle sinagoghe e degli obiettivi sensibili. Tajani contattati tutti gli italiani nel Paese. Caritas italiana: proseguire nel «paziente lavoro di dialogo»
La bandiera israeliana proiettata sabato sera sulla facciata di Palazzo Chigi

La bandiera israeliana proiettata sabato sera sulla facciata di Palazzo Chigi - .

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Condanna il «proditorio attaco» il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che in un messaggio al presidente dello Stato di Israele, Isaac Herzog ribadisce la «la più ferma e convinta condanna» per il gesto che «attenta alla sicurezza di Israele e allontana la prospettiva di una pace duratura - da tutti auspicata e avvertita come necessaria - tra israeliani e palestinesi». Il capo dello Stato esprime la sua «profonda costernazione» e la solidarietà dell’Italia a tutti i cittadini israeliani in particolar modo chi, in questo momento, è in lutto per la morte di un proprio caro a causa dei razzi. Parole che sono state apprezzate per il «chiaro ed esplicito sostegno» dall'ambasciatore israeliano in Italia Alon Bar, che in un messaggio ha voluto ringraziare direttamente il capo di Stato italiano.

Gli attachi di stanotte in Israele preoccupano anche la Farnesina, soprattutto per la condizione dei nostri connazionali presenti nel Paese del Medio Oriente. Mentre Caritas Italiana chiede di proseguire nel «paziente lavoro quotidiano di dialogo», unca strada per arrivare ad una pace equa e giusta. L'attacco militare e terroristico è stato oggetto di una riunione a Palazzo Chigi presieduta dalla premier Giorgia Meloni, a cui hanno partecipato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, quello della Difesa Guido Crosetto, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, i vertici dell'intelligence e l'ambasciatore Francesco Maria Talò (consigliere diplomatico della presidente Meloni). Nel corso della riunione si è deciso di focalizzare una «attenzione particolare alla sicurezza della comunità ebraica presente sul territorio nazionale». L'innalzamento della vigilanza sugli obiettivi ebraici sensibili in Italia riguarda in particolare Roma, dove la questura ha predisposto il rafforzamento dei presidi di sicurezza nella zona del Ghetto ebraico, con la Sinagoga in primo piano e poi l'ambasciata e le altre residenze diplomatiche. Mentre il Viminale ha allertato tutte le prefetture per l'innalzamento della vigilanza degli obiettivi sensibili e disposto la convocazione del comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico.

La Farnesina: contattati tutti i connazionali

Il ministero degli Esteri già da stamattina ha attivato l’unità di crisi e a metà mattina è lo stesso responsabile del dicastero Antonio Tajani, dopo aver condannato gli attachi di Hamas, a provare a tranquillizzare. «Tutti gli italiani in Israele sono stati contattati», ha sottolineato il vicepremier a margine di una visita nello stabilimento Mermec (ex Ferrosud) di Matera. «Sono circa 18 mila - ha precisato - quelli che vivono in Israele, qualcuno ha anche il doppio passaporto. E sono 250 quelli che sono temporeanamente in Israele e ci sono una ventina di italiani nella striscia di Gaza».

La nostra unità di crisi, l'Ambasciata italiana a Tel Aviv ed il consolato d'Italia a Gerusalemme stanno seguendo «minuto per minuto l'evolversi della situazione – ha aggiunto - e stanno invitando alla prudenza tutti i cittadini italiani che sono lì, quelli che vivono in Israele sanno quello che devono fare e ci siamo concentrati soprattutto su quelli che non vivono in Israele. Tutti quanti hanno ricevuto dei messaggi».

Il ministro Tajani

Il ministro Tajani - Ansa

La condanna del governo italiano

Poco prima il ministro, così come i rappresentanti del governo italiano e delle maggiori nazioni, ha condannato «fermamente l'attacco ad Israele, difendiamo il diritto di Israele ad esistere ed a difendersi». Una richiesta allo stop del lancio di razzi, visto che in questo modo – ha spiegato poi Tajani - «sono a rischio la vita delle persone, la sicurezza della regione e la ripresa di qualsiasi processo politico. Hamas cessi subito questa barbara violenza. Sosteniamo il diritto di Israele ad esistere e difendersi».

Caritas italiana: proseguire nel dialogo

Il dialogo unica via per una pace «vera e giusta». A fare un appello per proseguire nel paziente lavoro quotidiano di dialogo è la Caritas Italiana, che segue con grande preoccupazione quanto avviene in queste ore in Israele e Palestina. Come spiega Caritas Gerusalemme è stata un’operazione «tra le più significative degli ultimi decenni. Molti soldati e civili israeliani sono stati uccisi e molti altri sono stati rapiti a Gaza. Attualmente, tutti i check point della Cisgiordania sono chiusi, come anche tutti i cancelli che conducono alla città vecchia di Gerusalemme.

La Caritas di Gerusalemme ha sospeso precauzionalmente le sue attività a Gaza per garantire la sicurezza degli operatori. Ha dovuto temporaneamente chiudere anche il Centro sanitario. Le équipe mediche della Caritas sono però pronte a fornire assistenza non appena le circostanze lo permetteranno. Nel frattempo, mentre si teme un peggioramento della situazione, da Caritas Gerusalemme arriva l’appello a «pregare per la sicurezza e il benessere di tutte le persone coinvolte».

Caritas Italiana si unisce alla preghiera, esprime solidarietà con le donne e gli uomini che più soffrono a causa della violenza e incoraggia le persone che se ne prendono cura, fa appello al dialogo, alla ragionevolezza, a proseguire il paziente lavoro quotidiano di costruzione di una pace vera e giusta.

Lanciati più di 5mila razzi in Israele

Lanciati più di 5mila razzi in Israele - Ansa

La cooperante italiana

Difficile per adesso avere notizie su cosa si vive con precisione in queste ore nella Striscia di Gaza. Per ora è dai territori circostanti che arriva qualche informazione. «Da casa sentiamo i razzi, ne stanno lanciando di continuo, anche a Gerusalemme; è una situazione inverosimile, ci sono gruppi armati di Hamas dentro Israele. Sono in contatto con amici a Gaza e sono tutti sotto shock, nessuno si aspettava una cosa del genere», ha raccontato Francesca Forte, cooperante della ong Cospe, che in questo momento si trova a Ramallah. «Io sto bene ma non ci si può muovere, l'aeroporto è chiuso, così come tutti i checkpoint – ha proseguito - È un continuo di chiamate al telefono fra amici e colleghi per capire come evolverà la situazione ma si teme il peggio».

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