Oltre la scienza, scavalcando la razionalità ed al di là di rischi seri, ha vinto l’amore e il senso profondo della maternità con un “no” all’aborto. È la sintesi della storia, bella ed esemplare di una donna coraggiosa che non ha esitato a mettere in gioco il suo corpo e la vita stessa pur di generarne una nuova. Vicenda tra la Puglia (Cellino San Marco, nel Brindisino) e Genova, con protagonista Manuela Vergari, quarantenne pugliese che, all’inizio dei fatidici nove mesi, ha scoperto di avere un tumore al seno e, poco dopo, di essere in dolce attesa. Un dualismo stridente. Avendo però sempre dalla sua parte il compagno Mirko Prete. Situazione difficile quella di Manuela e che, secondo le esigenze terapeutiche, avrebbe dovuto avere un unico sbocco: l’aborto. Ma lei questa possibilità non la voleva nemmeno sentire nominare. Conscia e consapevole dei rischi, ha voluto andare avanti fino a partorire, il 2 agosto scorso, una bellissima bimba, ora prossima a festeggiare il primo mese di vita.
Vita, com’è stata chiamata: Cecilia Vita. Ecco perché: «Cecilia – spiega Manuela –, essendo stata concepita nella prossimità della ricorrenza di santa Cecilia; Vita, perché ha dato “vitalità” alla mia vita». Nata dopo che la mamma si è voluta e dovuta sottoporre ad un intervento invasivo pur di darla alla luce. Il nodulo al seno, scoperto il 30 novembre dell’anno scorso, era infatti piccolo e facilmente asportabile, con necessità però di seguente radioterapia che avrebbe compromesso la gravidanza, accertata il 17 dicembre. «Quest’anno, il 15 luglio – racconta mamma Manuela –, ho compiuto 40 anni; non cercavo una gravidanza a tutti i costi, ma quando ho fatto l’ecografia e ho sentito battere il cuoricino, ho pensato a due vite, non solo la mia, che dovevano essere salvate. Sapevo del rischio. Ora ho deciso di raccontare la mia storia per infondere coraggio e speranza alle donne nella mia stessa situazione. Perché c’è un’alternativa all’aborto».
Quindi la decisione di farsi asportare totalmente un seno pur di arrivare al parto, anche se l’iter non è stato certo privo di difficoltà. I medici pugliesi hanno fatto subito presente i rischi e indicato l’aborto. Ma Manuela non si è arresa e ha cercato in Italia chi potesse aiutarla, trovando aiuto al Policlinico San Martino di Genova, nella clinica di Chirurgia senologica diretta da Daniele Friedman e coordinata dalla professoressa Lucia Del Mastro: un centro multidisciplinare di senologia considerato un’eccellenza anche al di fuori dei confini nazionali.
«Manuela – ricorda il professor Piero Fregatti, lo specialista che l’ha seguita ed ha condotto il delicato intervento – era all’ottava settimana di gestazione. Le abbiamo dovuto ricordare che le linee guida, in questi casi, prevedono l’aborto. La gravidanza e la conseguente carica di ormoni avrebbero potuto aumentare la massa tumorale con il rischio di formare delle metastasi. Nel primo trimestre di gestazione non era pensabile usare terapie ormonali, chemio e radioterapia. Ma lei era assolutamente decisa ed abbiamo rispettato la sua volontà. Abbiamo studiato approfonditamente il caso, sicuramente complesso. L’intervento è stato studiato ed eseguito con una tecnica per preservare l’involucro cutaneo della mammella, tanto che a breve la donna tornerà per rifarne l’interno». Professionista competente ma anche persona di grande sensibilità, Fregatti afferma che la donna «ha in un certo senso “scardinato” le linea guida; ha avuto ragione lei, ma... qualcuno dall’alto l’ha protetta. La potenza di questa storia è che la volontà di portare avanti la gravidanza ha scardinato sicurezze di vent’anni, contenute nelle linee guida delle società oncologiche internazionali. È qualcosa di più forte, di eccezionale, che si può chiamare amore. Come detto, in questi casi nei primi 90 giorni si dovrebbe procedere con l’aborto terapeutico. Il rischio abortivo è del 20%, quello malformativo del 30. Insieme fanno 50. Lei ha perso un seno per riuscire a portare avanti la gravidanza».
Ma per il medico c’è un valore aggiunto personale in questa vicenda che ha gestito in prima persona: sua moglie, nello stesso periodo in dolce attesa anch’essa, era ricoverata in ginecologia per polmonite ed assumeva farmaci a rischio malformazione del nascituro. Da accettare oppure, anche in tale caso, abortire. Ma pure questa è stata vicenda a lieto fine e il 31 maggio il professore del San Martino è diventato felicemente padre. Tuttavia, ammette, «questa coincidenza mi ha toccato, sono tranquillo e sicuro di me, ma in quel momento la stabilità è vacillata; pensavo a mia moglie mentre seguivo Manuela». « Ho fatto molte visite in Puglia – racconta Manuela – dove l’unica alternativa indicata era l’aborto. Sono venuta a Genova perché sapevo che c’era un’altra via. La mia è sempre stata una gravidanza a rischio; sono stata 20 mesi a letto con dolori fortissimi ma non potevo prendere ormoni che alleviassero il dolore. Ma poi sentivo i calci ed il movimento della creatura e mi passava tutto. Il 12 gennaio sono andata al San Martino per una semplice visita, ma i medici hanno constatato che dovevo essere operata d’urgenza. Avevo una minaccia di aborto, forse anche per la grande tensione; eravamo venuti in auto e tornare in Puglia era un lungo viaggio che avrebbe messo a rischio il feto » . Da qui l’intervento al seno a Genova e poi il parto, in Puglia.