domenica 26 novembre 2023
Rafforzata la scorta alla gip del Tribunale di Lecce, Maria Francesca Mariano e della pm della Dda di Lecce, Carmen Ruggiero. La missiva è stata intercettata in uscita dal carcere Borgo San Nicola
Procura di Lecce

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Rafforzata la protezione a due magistrate di Lecce, alle quali la scorta era stata assegnata appena due mesi fa dopo gravi minacce arrivate da un clan della Sacra corona unita, la mafia della Puglia meridionale. Si tratta della gip del Tribunale di Lecce, Maria Francesca Mariano, già giudice in Corte d’Assise e della pm della Dda di Lecce, Carmen Ruggiero. Entrambe sono finite sotto tutela a fine settembre dopo che era stata intercettata una lettera uscita dal carcere Borgo San Nicola di Lecce che le minacciava di morte. Minacce prese molto sul serio. Sarebbero legate all’operazione Wolf dello scorso 17 luglio contro il clan ”Lamendola-Cantanna”, facente parte della frangia mesagnese della Sacra Corona Unita, nel quale la gip aveva emesso 22 misure di custodia cautelare al termine dell’inchiesta condotta dalla pm, scrivendo a proposito del clan «di una forza di intimidazione che aveva piegato il territorio».

Alcuni giorni fa una seconda lettera contenente sempre minacce di morte è stata recapitata alla Mariano, ma con analoghe minacce per la Ruggiero. Questa volta, a preoccupare ulteriormente, è il fatto che sia stata scritta col sangue. Immediatamente la scorta è stata così rafforzata a entrambe. «Fa parte del nostro lavoro», si limita a dirci la gip Mariano. Piuttosto ci tiene a sottolineare che «ormai la magistratura è molto al femminile, ci sono tante colleghe donne. Molte in prima linea, probabilmente perché le donne si applicano di più e studiano in maniera più sistematica, non è che siano superdotate. Ormai nessuno si stupisce delle donne in magistratura». Ma i mafiosi sembrano reagire ancora di più contro di loro. «Pensano che la donna sia più emotiva, e quindi sia più fragile, meno resistente. Invece la donna non avrà la forza fisica quanto l’uomo, però dal punto di vista della resistenza e della forza interiore non ha eguali. Non teme rivali». Maria Francesca Mariano è entrata in magistratura a 24 anni, il più giovane magistrato italiano. È autrice di libri e testi teatrali, in cui spesso unisce Giustizia e Fede. Ed è anche appassionata di ballo. Ma è soprattutto un bravissimo magistrato. Non vuole parlare delle minacce ma parla invece del suo impegno quotidiano. «A Lecce ciascuno di noi gip tratta almeno un paio di codici rossi al giorno. Passo tutti i giorni a fare interrogatori sui codici rossi del giorno prima. Ci sono casi talmente brutali… La realtà supera la più sfrenata fantasia. Sono arrivata a dare 30 anni per una violenza sessuale, sentenza poi confermata in appello. Un padre che aveva messo incinta la figlia, che poi ha partorito una bimba disabile al 100%». L’avevamo incontrata pochi giorni fa ad Andria, in occasione della “peregrinatio” della reliquia del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia il 20 settembre 1990 e beatificato il 9 maggio 2021. «È un insegnamento per tutti noi, servire lo Stato con spirito di servizio, senza arroganza, senza presunzione, con umiltà facendosi piccoli davanti al fascicolo, da persone semplici. Il magistrato è una persona che fa un lavoro e cerca di farlo con coscienza e con dignità». La Mariano incontra spesso i giovani, va nelle scuole. «La mafia si combatte con la cultura, con lo studio, con l’educazione che non significa soltanto insegnare le materie per trasmettere i valori, ma anche insegnare l’etica del coraggio, la capacità di fronteggiare il sopruso, di dire di no, la capacità di educare al senso dello Stato. Se si trasmettono questi valori ai giovani e ai meno giovani, allora comincia il contrasto alla mafia, perché la mafia prolifera sulla paura e sul silenzio. Se invece si scardinano questi due elementi allora si apre una crepa nella quale lo Stato entra e vince». In serata c’era stata la bella e intensa rappresentazione della vita di Livatino, scritta proprio dalla giudice Mariano. Al termine la magistrata aveva ringraziato i ragazzi della sua scorta, aggiungendo di sperare di tornare senza essere “accompagnata”. Purtroppo, invece, ora la tutela è raddoppiata. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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