giovedì 18 giugno 2020
Solo in Lombardia, 16, tra nidi e materne, non ripartiranno a settembre. In gioco la libertà di educazione, ma non solo: la scuola pubblica ha bisogno di questi istituti che ne sono parte integrante
Classe elementare di una scuola paritaria

Classe elementare di una scuola paritaria - Foto Boato

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Mentre la politica litiga, le scuole paritarie continuano a cadere, una dopo l’altra, sotto i colpi del coronavirus. L’ultima vittima dell’emergenza sanitaria, che ha già colpito duramente scuole di tutta Italia, è l’asilo nido di Mele, in provincia di Genova. La cooperativa sociale che lo gestisce ha comunicato in questi giorni alle famiglie dei 25 bambini iscritti che a settembre il servizio non ripartirà.

«La doccia ghiacciata ci è arrivata con la pandemia», si legge nella lettera recapitata ai genitori. L’emergenza sta colpendo soprattutto i servizi per la fascia 0-6 anni, che da marzo non ricevono più le rette delle famiglie, mentre «i costi continuano a raggiungerci con la massima puntualità», ricordano i gestori del nido ligure. Soltanto in Lombardia, sedici, tra nidi e materne, non ripartiranno dopo l’estate.

Per sollecitare il Parlamento a farsi carico del problema, che riguarda anche gli altri ordini di scuola, oggi pomeriggio le associazioni delle scuole paritarie, con rappresentanti delle congregazioni religiose (Usmi e Cism), saranno davanti alla Camera per un flash mob.

Nelle stesse ore in cui i deputati saranno impegnati nella discussione del decreto Rilancio, le scuole paritarie ribadiranno l’urgenza di garantire la sopravvivenza di migliaia di istituti. Senza un sostegno adeguato, a settembre almeno il 30% non potrà riaprire e 300mila studenti dovranno transitare nella scuola statale, con un costo di 2,4 miliardi di euro a carico della collettività.

Lo scenario di crisi, però, non sembra smuovere il Movimento 5 stelle che, anche ieri, si è scagliato contro qualsiasi ipotesi di aumentare i finanziamenti alle scuole paritarie.

Nel decreto Rilancio sono, al momento, previsti 150 milioni (80 per lo 0-6 e 70 per le scuole dalla primaria alla secondaria, ma fino ai 16 anni, con esclusione delle ultime due classi), che una serie di emendamenti vorrebbe portare ad almeno 300. «Non abbiamo alcuna intenzione di cedere su questo punto: dare più soldi alle paritarie, significa darne di meno alla scuola pubblica», proclamano dal blog delle stelle i capigruppo nelle commissioni Cultura di Camera e Senato, Gianluca Vacca e Bianca Laura Granato.

Dimenticando, però, che anche le scuole paritarie «sono pubbliche», sottolinea la responsabile scuola del Pd, Camilla Sgambato. «Ci sono buone ragioni per garantire le risorse per il funzionamento e la sopravvivenza delle scuole pubbliche non statali», aggiungono i deputati e senatori democratici Lucia Ciampi, Rosa Maria Di Giorgi, Valeria Fedeli, Vanna Iori, Flavia Nardelli, Matteo Orfini, Patrizia Prestipino, Roberto Rampi, Andrea Rossi e Francesco Verducci. E al partito di Zingaretti si rivolge il promotore di Ricostruire, Stefano Parisi: «Fermi questa vergognosa campagna denigratoria nei confronti delle scuole paritarie».

Sempre dalla maggioranza, il deputato di Italia Viva, Gabriele Toccafondi, ricorda ai pentastellati che, senza il contributo delle paritarie, «il sistema scolastico statale non sarebbe in grado di garantire il servizio a tutti» e Michele Anzaldi, anch’egli del partito di Renzi, suggerisce di «mettere da parte l’ideologia» perché «con i diktat e gli slogan si rischia solo di aggravare una situazione già critica».

Dai banchi dell’opposizione, il senatore leghista Mario Pittoni si chiede «se i grillini sappiano di cosa parlano», mentre il senatore dell’Udc, Antonio De Poli, parla di «muro ideologico sulle scuole paritarie» e il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli (FdI) avverte che «se non ci sarà un sostanzioso, quanto necessario, investimento economico, questi istituti chiuderanno, senza che le scuole statali abbiano avuto tempo e risorse per assorbirne gli studenti». Tema ripreso dall’ex-presidente del Senato, Renato Schifani (Forza Italia): «Lo Stato non è in grado di offrire a studenti e famiglie i servizi educativi erogati dagli istituti paritari e, se anche questo fosse possibile, i costi a carico dei contribuenti sarebbero superiori agli attuali».

Infatti, mentre uno studente delle statali “costa” 8.200 euro l’anno, per ciascun alunno delle paritarie lo Stato versa circa 500 euro. Considerando che gli iscritti sono poco meno di 900mila (distribuiti in 12mila istituti con 150mila dipendenti), grazie alle scuole paritarie, lo Stato, ogni anno, risparmia qualcosa come 5 miliardi di euro circa.

Anche per ricordare ciò che in troppi tendono a dimenticare, oggi le scuole paritarie saranno fuori dal Parlamento, per «avviare quel percorso che porterà la famiglia italiana a vedersi garantito il diritto ad agire la propria responsabilità educativa senza la discriminazione economica che ancora oggi la vede costretta a pagare per un pezzo di libertà», ricorda suor Anna Monia Alfieri, tra i promotori dell’appuntamento romano. E una libertà a pagamento non è vera libertà.

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