venerdì 19 agosto 2016
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Qui, «proprio in questa Grotta, sono avvenute molte vittorie» e la vittoria sul male «si compie nel cuore dell’uomo», spiega padre Ladislao Suchi, rettore da vent’anni della basilica santuario di San Michele Arcangelo, a Monte Sant’Angelo, nel foggiano. Dove sono raccontati quindici secoli di storia attraverso le diverse costruzioni intorno alla Grotta. Una basilica conosciuta come “Celeste”, perché non consacrata dagli uomini. Infatti nell'anno 493, l’arcangelo Michele apparve di notte al vescovo Lorenzo Maiorano e gli disse «Non è necessario che voi mi dedichiate questa chiesa che io stesso ho consacrato. Ma entrate e frequentate pure questo luogo, posto sotto la mia protezione». La mattina, il vescovo, con altri sette vescovi e una processione di popolo, si avviò verso la Grotta, dove trovò un rozzo altare coperto da un drappo rosso, sormontato da una Croce e, nella roccia, impressa l'orma del piede dell’arcangelo. Già gli ebrei consideravano Michele il principe degli angeli. E nell’Antico Testamento viene indicato come il supremo comandante dell’esercito celeste che si batte al fianco dei deboli e dei perseguitati.
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Poi, nel Nuovo Testamento, san Michele Arcangelo è il primo e principale avversario del male, vincitore della battaglia contro il demonio. «Scoppiò quindi una guerra nel cielo – si legge al capitolo 12 del “Libro dell’Apocalisse” - . Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Colui che chiamiamo diavolo o satana fu precipitato sulla terra e con lui i suoi». Lungo i secoli, in questo santuario milioni e milioni di persone sono venute in pellegrinaggio, come pure tanti re e papi. Lo fece anche san Francesco d’Assisi, che non sentendosi degno d’entrare nella Grotta, si fermo in preghiera all’ingresso, baciò la terra su una pietra incise come segno di croce la T del tau, pregò e andò via. La Grotta dell’Arcangelo, come pure quella del Santo Sepolcro, è chiusa da ogni parte e non riceve luce alcuna dall’esterno. E «qui si percepisce una presenza reale, spirituale, di san Michele», aggiunge padre Ladislao. ​
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