giovedì 14 gennaio 2016
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Vedere gli invisibili. Renderli visibili a tutti. E rendere loro testimonianza, perché sia abbattuto il muro dell’indifferenza. Non è una nuova opera di misericordia inventata da creativi della comunicazione per l’Anno santo straordinario voluto da papa Francesco, ma il senso della proposta lanciata all’inizio della scorsa estate da Ronda della Carità, associazione nata nel 1998 per sostenere i senza dimora e chi si trova in condizioni di povertà estrema.L’associazione, che notte dopo notte, con la sua unità mobile, esce per le vie di Milano a portare assistenza, cibo e vestiario d’emergenza ai senza dimora, alla fine di giugno ha lanciato un concorso fotografico dal titolo «Poverinstrada». Con l’invito, rivolto a tutti, di ritrarre quanti, per le strade, vivono, dormono. Sopravvivono. Quasi sempre in silenzio, senza disturbare. Tanto che rischiamo di non vederli più.

Riccardo Almasio: la foto vincitrice del concorso «Poverinstrada»Il premio al vincitore? Uscire una sera con i volontari dell’associazione. Per scavalcare del tutto il muro fra "senza dimora" e "normali". Quel muro che i partecipanti al concorso avevano iniziato a scalare, prendendo a fotografare gli invisibili di Milano. Ebbene: nella notte fra il 6 e il 7 gennaio Riccardo Almasio, il vincitore (scelto da una giuria che comprendeva il fotografo professionista Giovanni Solarolo), ha ritirato il premio.«Una notte che non dimenticherò mai – racconta –. Già era stata un’esperienza toccante fotografare queste persone: poterle incontrare e ascoltare – lungo un itinerario che ha toccato piazza Duomo, via Torino, piazza Affari – lo è stato ancora di più. Un’esperienza che forse avrà un seguito, ancora non lo so. Ma spero di sì. Intanto: ho riscoperto con occhi nuovi la città dove sono nato e dove lavoro da tanti anni».

La foto di Marco Ragaini seconda classificata al concorsoGià: perché Almasio, 53 anni, milanese d’origine trapiantato a Vimercate, sposato, un figlio di 18 anni e una figlia di 15, lavora alla Thomson Reuters, società leader nel campo dell’informazione economico-finanziaria. «Tecnico. Da quasi trent’anni. La nostra sede milanese sta in centro. Venendo al lavoro, al mattino presto, arrivando in sede a piedi, quante volte ho visto queste persone lungo le strade o sotto i portici, ancora addormentate o al risveglio. Già prima la loro presenza mi interrogava. Ma tutto finiva lì. Poi, un giorno, una collega che conosco da anni mi parla del concorso. Io non sapevo nulla di Ronda della Carità, né che lei ne facesse parte. Ho deciso di partecipare».

La foto di Daniele Radaelli terza classificata
Fin da ragazzo Almasio coltiva la passione per la fotografia. «Mi piace camminare, mi piace la natura, la montagna su tutto. Lì nascono le mie foto. Da qualche tempo ho iniziato a fotografare anche fabbriche abbandonate». E gli esseri umani? «In genere no. A meno di instaurare una relazione che non sia superficiale». E con i senza dimora? Come evitare il rischio del voyeurismo della sofferenza? «Io ho fatto così: mai "rubare" la foto. Avvicinare la persona, passarle davanti, far capire che desideri fotografarla. E ricevere il suo consenso. Fosse anche solo con lo sguardo. E c’è chi mi ha salutato e ringraziato». Nessuno che si sia mostrato infastidito? «No, mai».

Un'altra foto inviata al concorso dal vincitore Riccardo Almasio «Credo – scandisce Almasio – che dobbiamo cercare la bellezza in tutto quello che vediamo, in tutti quelli che incontriamo». E con i senza dimora? Con i loro corpi, le loro vite, alla deriva, apparente o reale, nel turbine di una città che sa o crede di sapere dove va? «Queste foto sono nate al mattino presto, con i senza dimora al risveglio. Ecco: in loro ho percepito la bellezza di una pace che fra i pendolari del mattino non trovo. Se quella serenità nasca da una forza o da una rassegnazione, non so dirlo. Non li conosco abbastanza. Sono solo all’inizio».

Un'altra foto inviata al concorso dal vincitore Riccardo Almasio
In quell’inizio, ecco la notte passata con gli operatori e i volontari di Ronda della Carità, «capaci di una dolcezza, un’educazione, una determinazione che mi hanno colpito». In quell’inizio ecco «Rafael, senza dimora romeno, con le sue lacrime sulle guance arrossate dal freddo: stava male, aveva bisogno di cure, abbiamo chiamato l’operatore sanitario». Ecco «la signora che dormiva sotto tre coperte, sotto i portici di fronte alla Borsa, tutta profumata e ben tenuta. Le abbiamo portato un panino, té caldo, biscotti». Un’altra cosa ha colpito Almasio: «I senza dimora, siano uomini o donne, sembrano rasserenarsi quando sentono una voce femminile, come quelle delle volontarie». A conferma di come la fame di pane non riesca a spegnere la sete di bellezza che abita ciascuno di noi. Anche quando la nostra casa è un marciapiede.
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