lunedì 22 ottobre 2018
Il racconto di Paola Crestani, presidente dell'ente adottivo Ciai, sull'atto di discriminazione di cui è stata vittima sua figlia
Shanthi, la ragazza di 23 anni insultata sul treno: «Vicino a una negra non mi ci siedo» le ha detto una signora, chiedendole di farle vedere il biglietto

Shanthi, la ragazza di 23 anni insultata sul treno: «Vicino a una negra non mi ci siedo» le ha detto una signora, chiedendole di farle vedere il biglietto

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«Vicino a una negra non ci sto». Ha fatto il giro del web, nelle ultime ore, l'episodio toccato a Shanthi, una ragazza di 23 anni sul treno Frecciarossa da Milano a Trieste. La signora seduta accanto a lei ha prima messo in dubbio che la giovane possedesse il biglietto, poi le ha chiesto di poterlo vedere. Quindi le ha detto che non sarebbe rimasta accanto a una persona di colore e si è spostata.

La denuncia è partita dalla madre della ragazza, Paola Crestani, che è anche presidente del Centro Italiano Aiuti all'Infanzia, uno fra i più importanti enti del terzo settore autorizzato per le adozioni internazionali. «La dolcissima ragazza nella foto è mia figlia - ha scritto Crestani su Facebook, pubblicando la fotografia della ragazza sorridente -. Ieri pomeriggio l'ho accompagnata in stazione centrale a Milano e ha preso il Frecciarossa in direzione Trieste. Poco dopo mi manda questo messaggio: "Mi sono seduta al mio posto e la signora vicino a me mi fa: ma lei è in questo posto? E le faccio sì signora ... e lei: posso vedere il biglietto... gliel'ho fatto vedere e mi fa: ah beh io non voglio stare vicino a una negra e si è spostata... Assurdo"». Parole a cui Crestani ha aggiunto: «Che ne siano consapevoli o no, il mondo di oggi e del futuro è questo: un insieme di persone di tutti i colori, di diverse lingue, di culture differenti. Non solo nelle strade, negli autobus, nei treni o negli aerei ma anche nel business, nella finanza, nella moda, nelle università, nello sport. Quindi, razzisti, che vi piaccia o no, avete già perso!».

Paola Crestani non pensava che la denuncia, fatta a titolo personale, sollevasse tanto clamore: «Sono stata contattata da decine di giornalisti, ho ricevuto centinaia di attestazioni di solidarietà. Il bello è che l'unica cosa che ora mi chiede mia figlia è di starsene in pace». La ragazza, che ha 23 anni ed è stata adottata all'età di 2 («L'unica lingua che parla da quando è nata l'italiano, è facile capire come un insulto di questo tipo possa averla lasciata...» racconta ancora la mamma), è di origini indiane. A Milano ha studiato e tutti i giorni vi si reca da Vicenza, in questo periodo, per dei colloqui di lavoro: «Mi aveva già detto di ammiccamenti, di qualche atteggiamento guardingo notato nei suoi confronti - continua Crestani -. Ma arrivare a tanto, sembra incredibile. È evidente che si sta ponendo con forza il tema dell'accoglienza nel nostro Paese, e per noi impegnati nel campo delle adozioni come famiglie e come enti è il momento di riaffermare con forza questo valore».

Ora Shanthi è ferita. Ha paura. «Sono gli stessi sentimenti che animano molti ragazzi della sua età, figli adottivi come lei - continua Crestani -. Tra loro si raccontano continuamente di episodi analoghi, non sono certo sporadici». Ragazzi grandi, che hanno superato le difficoltà legate all'adozione, all'integrazione nei percorsi scolastici, e che ora vedono messa in discussione la loro identità di italiani a tutti gli effetti «e si chiedono perché».

Tra le moltissime reazioni al messaggio (quasi 20mila post e 6mila condivisioni in poche ore) ci sono tante frasi di solidarietà, ma c'è anche chi ha dubitato del fatto. «Siamo alla deriva - si legge - L'Italia è un fallimento totale. Chiedo perdono a questa bellissima ragazza e a tutte le persone che hanno un colore diverso da questo sporco bianco di cui inizio a vergognarmi», «Qui non si tratta di razzismo ma di idiozia, perché sono convinto che al mondo, e l'Italia non fa eccezione, ci sono più idioti di quanto si possa immaginare». «Tua figlia è splendida e secondo me è un onore starle accanto». Ma anche «è una bufala, non cascateci», «balle, basta, l'Italia non è razzista», «non credo a una sola parola di questo racconto» e addirittura «fantomatica signora, ci provi che è vero».

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