
Maysoon Majidi (al centro) e Parisa Nazari - L.Liv
Fuggita dall’Iran dove chi grida “Donna vita libertà” rischia la vita. Sbarcata in Italia in cerca di quella libertà, Maysoon Majidi viene arrestata e processata. E per fortuna, il 5 febbraio, assolta, dopo dieci mesi di carcere. «I richiedenti asilo vengono processati come scafisti. E i trafficanti, quelli veri, vengono liberati e riportati a casa con un volo di Stato», commenta Laura Boldrini.
La deputata del Pd, che col collega di Avs Marco Grimaldi ha seguito il caso, offre ora all’attivista curdo-iraniana di 28 anni - minuta, lineamenti delicati - la possibilità di raccontare di persona la sua incredibile vicenda. Sbarcata sulle coste calabresi il 31 dicembre 2023, Maysoon viene arrestata con la pesante accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Passerà 302 giorni in carcere, per essere assolta il 5 febbraio dal tribunale di Crotone.
All’incontro con la stampa con Boldrini e Grimaldi ci sono anche Parisa Nazari, attivista iraniana naturalizzata italiana del movimento Donna, Vita e Libertà e Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. È Noury che spiega che, come Maysoon, «in carcere in Italia ci sono tra i 1200 e 1300 stranieri accusati di essere scafisti. Un concetto vecchio, desueto, inesistente. I criminali sono sulla terraferma, non a guidare una barca in mezzo al mare. I trafficanti sono in Libia». Analogo al caso di Maysoon è quello di Marjan Jamali, 30 enne iraniana arrivata col figlio piccolo, ai domiciliari in attesa del processo.
Per Amnesty Italia questi casi «sono il risultato del Decreto Cutro - dice Noury - che ha creato questa “ansia performativa” che spinge a mettere in carcere migliaia di migranti con l’accusa di essere ”scafisti”». «Invito Giorgia Meloni a incontrare Maysoon - incalza Laura Boldrini - perché capisca, lei che a Cutro disse che voleva perseguire i trafficanti per tutto il globo terracqueo, che non sono questi i criminali. Ci batteremo per cambiare l’articolo 12 del Testo unico immigrazione del 2009. Aggravato dal 12bis del Decreto Cutro».
Majidi ricorda i primi mesi in cella: «Potrà sembrare divertente, se non fosse tragico, ma ero così confusa che non capivo più se ero in Italia o altrove. Non sapevo che fine avesse fatto mio fratello, né di cosa fossi accusata. Ai poliziotti avevo fatto vedere col telefonino sul web che ero una regista e attivista. Mi avevano detto “benvenuta”». Per poi finire in cella «senza aver fatto nulla di male. Ci sono voluti 3 mesi e 6 giorni per leggere in un documento in una lingua a me comprensibile di cosa fossi accusata».
Un paio di testimoni avevano detto che sulla barca aveva distribuito acqua e cibo. «Ed è un’accusa - aggiunge Maysoon - che ho sentito ripetere anche al processo contro Jamali. In tribunale mi hanno detto che ero una “hostess di bordo”». Le testimonianze dell’accusa erano state raccolte da un mediatore di lingua araba, mentre sulla barca c’erano iraniani, quindi di madrelingua farsi. Per poi dichiarare alla stampa di non averla mai accusata.
Continua la giovane curda: «In aula mi hanno detto che secondo la legge chi su queste imbarcazioni decida di compiere qualsiasi azione, anche per motivi umanitari, può essere criminalizzato. Ho spiegato che durante la traversata avevo il mal di mare e non riuscivo a stare in piedi. Ma se avessi avuto la forza, avrei distribuito davvero acqua e cibo, c’erano tante persone tra cui 25 bambini. Se tornassi indietro, lo farei». Maysoon non ci sta a passare da vittima a carnefice. E punta il dito contro che usa i migranti come capro espiatorio: « Al governo italiano e all’Europa voglio dire che noi rifugiati non siamo criminali. Il pericolo piuttosto sono le ideologie fanatiche, razziste, pericolose e fasciste che stanno prendendo piede».