Chiacchierate su Dio e pastasciutta. A Luigi Amicone, un amico che se ne va
mercoledì 20 ottobre 2021

Lutto nel mondo della politica e del giornalismo milanese per la morte improvvisa di Luigi Amicone, colpito da un infarto nella notte tra lunedì e ieri. Amicone, 65 anni e padre di sei figli, era stato consigliere comunale di Forza Italia dal 2016 fino a poche settimane fa quando non era stato rieletto alle ultime amministrative. Esponente di Comunione e Liberazione nel 1994, aveva fondato il settimanale Tempi di cui era stato a lungo direttore. Il funerale giovedì 21 ottobre alle 10,45 nel Duomo di Monza.

Nell’ultimo Whatsapp promettevi: «Appena arrivo a Milano vengo da voi a pastasciuttare». E, sotto, una foto del mare della Gallura che amavi tanto, nel sole mite di ottobre ancora più infinito.

Non ci credo ancora, che sei morto. La notizia, ieri mattina, è stata un pugno: ma non ho realizzato veramente – il cuore chiede tempo davanti alla morte, alza paratie in difesa, lasciando filtrare la realtà lentamente.

Mi dicono però, Luigi, che sei morto davvero. Vinto un cancro, evitato il Covid, a 65 anni ancora quella faccia da ragazzo, sotto ai capelli incontrollabili. Ma ieri notte, d’improvviso, una lacerazione al petto, e il fiato che disperatamente mancava. Te ne sei andato in un’ora. Questo è la nostra vita, un prestito che ci viene chiesto indietro in un istante. Io, attonita. Come su un sentiero in montagna che si fa sempre più erto, e ti volti, quel compagno caro non c’è più. E più schiacciante il silenzio, attorno.

Una recente immagine di Luigo AMicone

Una recente immagine di Luigo AMicone - Fotogramma

Il brutto della vecchiaia è che gli amici disertano (e in un anno Fabio, e Antonio, e ora tu). Ma tu no, tu, non ci posso credere. Eri nato combattente. Da bambino t’avevano messo in una classe differenziale, tante ne combinavi. A sedici anni giravi con il libretto di Mao in tasca, ansioso di trovare una bandiera per cui valesse la pena di battersi. Ti tolse dal giro di Avanguardia Operaia don Giorgio Pontiggia, grande amico di Luigi Giussani. Lui ti adottò come un figlio. La bandiera, negli infiammati e plumbei anni ’70, l’avevi trovata.

Una domenica di venticinque anni fa al mare, in Toscana, ho visto sulla soglia della chiesa, a Messa, un tipo in braghe corte, camicia a fiori, gilet militare. «Ce n’è di strani, fra i cristiani», mi sono detta. Tu, sulla soglia ci stavi per fumare, io per esitazione esistenziale. Ma com’è stato bello incontrare uno che parlava come me, si arrabbiava come me, dubitava a volte come me, eppure era appassionatamente cristiano.

Quanti giorni con i nostri figli, sei tu e Anna, tre noi. Dalla prima epica traversata da Livorno a Bastia, con un mare d’inferno, le onde sopra la prua del traghetto. Io moribonda e tu che, irresponsabile, dormivi su un divano. E la Gallura? Nella parte più selvatica e sconosciuta, la luce, le cappelle romaniche, quante cose ci hai fatto scoprire. E quante sere insieme a Milano, quando con i ragazzi di "Tempi", il tuo settimanale, chiudevi il numero e, tardi, venivate a cena da noi. Le nostre voci che nella gentilezza del Chianti e nell’affondare della notte si allargavano, allegre. E si discuteva di tutto, ma alla fine quel "tutto" era Dio. Avevamo condiviso molte battaglie, fino a quando non abbiamo preso onde divergenti. Trump, Orbán, la Lega: quanto abbiamo litigato. Ma sapendo che, comunque, noi due non potevamo non restare amici. Per una comune domanda, che non smettevamo di farci.

Una sera anni fa, d’estate. Io, in una turbolenza d’anima: «Parliamo sempre di Cristo, ma io Cristo non lo vedo». Fino alle due, a combattere. La mattina ho avuto un’amnesia totale, un’ischemia. Quando hai saputo che stavo bene sei scoppiato in una risata: «Hai visto che, quando proprio insisti, Lui si fa vedere?». Eri uno che mi sapeva fare ridere, e anche per questo ti volevo tanto bene. Scioglievi la mia malinconia nella tua vitalità irruente da ex scolaro terribile. Non dovevi, proprio tu, Luigi, non dovevi disertare. Il mio vecchio cane qui accanto non ti farà più rumorose feste, alla porta, e tu non gli dirai più, affettuoso: «Vecchio bastardo, ma sei ancora qui?». Non butterò più per te la pasta, abbondante, a qualsiasi ora. Non prenderai da solo il whisky dalla credenza, come uno di casa. (Temo che il cuore, ora, cominci a capire).

Guardo la foto del mare della Gallura di tre giorni fa. Che mare, e che cielo: più grande, e quanto chiaro. Penso a Paolo ai Corinzi: "Ora vediamo come in uno specchio, confusamente; ma allora vedremo faccia a faccia".

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