mercoledì 22 gennaio 2025
Il giallo sul rilascio del torturatore libico compatta il campo largo. Nuovi sviluppi: l'Aja aveva spiccato il mandato di arresto prima del fermo a Torino e l'ambasciata italiana era stata avvertita
Ira delle opposizioni: «Meloni parli». La Cpi chiede spiegazioni a Roma
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Il fronte delle opposizioni inchioda Giorgia Meloni alle dichiarazioni altisonanti sulla «lotta ai trafficanti di uomini in tutto il globo terracqueo» e il caso Almasri trasforma il proclama pronunciato all’indomani della tragedia di Cutro in un boomerang. Per la premier adesso sarà davvero complicato evitare di esporsi su quanto accaduto e la conferenza stampa convocata ieri dal campo progressista (mai così largo e unito da mesi) è un richiamo perentorio alla responsabilità di Palazzo Chigi. Del resto, il ritorno a casa del torturatore libico, specie dopo la richiesta di spiegazioni a Roma da parte della Corte penale internazionale (giunta anche questa ieri assieme a nuovi dettagli sulla vicenda), rischia di assestare un colpo fatale alla credibilità del Paese e questa volta, promettono i leader del centrosinistra, non basterà un intervento del plenipotenziario Alfredo Mantovano né tanto meno l’informativa del titolare degli Interni Matteo Piantedosi, che dovrebbe riferire alle Camere la settimana prossima ma che potrebbe già oggi rispondere in Senato alle interrogazioni sul caso che presenteranno i dem Sandra Zampa e Michele Fina e il senatore di Avs Peppe De Cristofaro. Nel mirino c’è anche il guardasigilli Carlo Nordio: le opposizioni ne chiedono la testa, perché «nel migliore dei casi», sintetizza per tutti il leader di Si, Nicola Fratoianni, «fa una pessima figura» e ammesso e non concesso che non sapesse del mandato di arresto della Corte internazionale nei confronti di Almasri, il rilascio del capo della polizia giudiziaria libica resta una prova inconfutabile di inadeguatezza.


Fin qui il risvolto politico ma sono i fatti emersi finora a sollevare i dubbi e occorre riavvolgere il nastro per capirne la gravità. La Digos arresta Almasri domenica sera a Torino, dove si trova per assistere alla partita tra Juventus e Milan. La Cpi ne chiede l'estradizione con l’accusa di aver commesso crimini di guerra e torture, perpetrati in qualità di capo della polizia giudiziaria locale fin dai mesi seguiti alla deposizione di Gheddafi. A quanto pare, il suo arresto non viene però convalidato per un errore procedurale: la mancata comunicazione tra la Polizia e il ministero della Giustizia, l’organo deputato per i rapporti con la Cpi. In questi casi, di norma, dopo il via libera del guardasigilli la parola passa alla Procura generale, che a sua volta chiede alla Corte d'Appello di emettere un provvedimento di custodia cautelare. I giudici di Roma hanno però disposto la sua scarcerazione, poiché, come si legge nella relativa ordinanza, «il ministro è stato interessato da questo ufficio in data 20 gennaio» ma «non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito», pertanto «non ricorrono le condizioni per la convalida» e quindi «ne deriva la immediata scarcerazione». Il punto è che il mandato d'arresto della Cpi – hanno rivelato ieri fonti qualificate – è stato emesso già sabato scorso, in virtù di «ragionevoli motivi» per ritenere che Almasri abbia commesso crimini che ricadono nella sua giurisdizione. Senza contare che lo stesso giorno (e anche questo si è saputo ieri) Almasri si trovava in Germania e ha chiesto informazioni a un autonoleggio per riconsegnare a Fiumicino la vettura che avrebbe prenotato poco dopo. Inoltre, un funzionario della Corte dell'Aja avrebbe preso contatto con l'ambasciata italiana in Olanda per comunicare l’ingresso del ricercato in Italia. La stessa Corte ha chiarito che «l'indagato è stato tenuto in custodia in attesa del completamento delle procedure necessarie per la sua consegna alla Corte» e che «su richiesta e nel pieno rispetto delle autorità italiane, la Corte si è deliberatamente astenuta dal commentare pubblicamente l'arresto», ma «il 21 gennaio, senza preavviso o consultazione con la Corte, Almasri sarebbe stato rilasciato e riportato in Libia» e dunque «la Corte sta cercando, e non ha ancora ottenuto, una verifica da parte delle autorità sui passi compiuti».

Nordio, sembrerebbe quindi da quanto emerso, non poteva non sapere, eppure, stando alla Corte d’Appello di Roma, non si è mosso. Perché? È questo l’interrogativo che le opposizioni pongono a Meloni, avanzando l’ipotesi che il rilascio sia dovuto ai timori di una “vendetta” libica, magari consumata facendo saltare accordi con Roma o lasciando partire decine di barconi verso le nostre coste. Come detto, la conferenza convocata d’urgenza dalle opposizioni alla Camera ha visto la presenza di tutti i partiti del centrosinistra e nessuno ha risparmiato accuse. La leader dem, Elly Schlein, ha chiesto a Meloni di «smetterla di nascondersi dietro i suoi ministri», mentre il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, ha parlato di «vicenda scandalosa e inaccettabile su cui le opposizioni esigono un chiarimento». Per il Movimento 5 stelle c’era Riccardo Ricciardi, che ha ironizzato definendo quello di Almasri «l’unico rimpatrio» riuscito del governo finora, mentre il presidente Giuseppe Conte ha poi stigmatizzato «la clamorosa decisione di sottrarre alla giustizia internazionale un criminale sbeffeggiando la legalità». Per Azione ha parlato Matteo Richetti, per Iv Maria Elena Boschi e per Avs, oltre a Fratoianni, anche Angelo Bonelli, tutti e tre, sostanzialmente, ribadendo quando già espresso dai colleghi d’opposizione. Anche il segretario di Demos e parlamentare indipendente del Pd, Paolo Ciani, ha chiesto spiegazioni in aula a Montecitorio, mentre da Bruxelles è giunta la richiesta degli indipendenti in quota dem, Marco Tarquinio e Cecilia Strada, per un’informativa del ministro Nordio: «Il rilascio di Almasri, deciso in modo cavilloso dal Ministero della Giustizia, lascia attoniti - hanno scritto in una nota - e getta una luce inquietante sulle ambigue relazioni tra governo italiano ed esponenti degli apparati libici fatte emergere dalle inchieste di giornalisti come l'inviato di Avvenire Nello Scavo».

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