venerdì 12 maggio 2023
I nomi sono coperti dal segreto. Per 4 c'è l'ordine di arresto, per altri due si attende il via libera del tribunale. Il procuratore Khan: «Esecrabile spirale di violenza»
Il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, informa il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione in Libia

Il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, informa il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione in Libia - UN Photo/Mark Garten

COMMENTA E CONDIVIDI

«Posso annunciare oggi che i giudici indipendenti della Corte penale internazionale hanno emesso i quattro mandati d’arresto». Le parole del procuratore internazionale Karim Khan segnano un salto in avanti nelle inchieste per crimini contro i diritti umani in Libia. I mandati sono coperti dal segreto allo scopo di proteggere le operazioni investigative che potrebbero portare alla cattura dei ricercati. Ai quattro ordini di cattura convalidati se ne aggiungono altri due chiesti nelle ultime ore e sottoposti al vaglio dei giudici.

Gli indagati provengono sia da forze affiliate al governo di Tripoli che da milizie legate al generale Haftar, che controlla la Cirenaica fino al confine meridionale con il Sudan. Nei mesi scorsi “Avvenire” aveva rivelato la richiesta d’arresto firmata dalla Procura internazionale, in attesa del vaglio dei giudici. Ma ieri è arrivato il via libera. A quanto trapela, i destinatari sono nomi noti ai governi europei e a quello italiano, anche per aver cooperato con alcuni gruppi criminali coinvolti nel traffico di esseri umani, petrolio e droga.

Il rapporto della procura internazionale, pur senza rivelare i nomi degli indagati, circoscrive con precisione i reati per i quali sono perseguiti e conferma come i crimini siano ancora in corso. Sono compresi i crimini commessi a partire dal 2011, dal momento dell’esplosione del conflitto interno al momento della caduta del colonnello Gheddafi fino alle violazioni dei diritti umani «contro libici e non libici che continuano a essere commessi nei centri di detenzione» di tutto il Paese.

«I crimini contro i migranti continuano a essere diffusi e numerosi in Libia», si legge. Già dal settembre 2022 l‘ufficio del procuratore si era unito a una «squadra congiunta» che indaga «sui principali sospetti responsabili di crimini contro i migranti, tra cui la tratta di esseri umani, il contrabbando di esseri umani, la riduzione in schiavitù, la tortura e l'estorsione». Inizialmente la Corte penale internazionale era stata incaricata dal Consiglio di sicurezza per i soli “crimini di guerra”, ma nei mesi scorsi il procuratore Khan è riuscito a dimostrare che «i crimini contro i migranti in Libia possono costituire crimini contro l'umanità e crimini di guerra». In altre parole, lo sfruttamento degli esseri umani e gli abusi commessi contro le persone sono in connessione diretta con i crimini di guerra poiché a gestire la filiera del traffico di esseri umani sono le milizie nel frattempo inglobate nelle istituzioni ufficiali, che vanno dalla cosiddetta guardia costiera al Dipartimento contro l’immigrazione illegale. «È un obbligo collettivo garantire che i responsabili di tali crimini siano chiamati a risponderne», ha sottolineato il procuratore Khan.

La riunione del Consiglio di sicurezza a cui ha partrcipato il capo della procura internazionale Karim Khan

La riunione del Consiglio di sicurezza a cui ha partrcipato il capo della procura internazionale Karim Khan - UN Photo/Mark Garten

Uno dei primi risultati della “squadra congiunta” di cui fa parte la Cpi è stato l’arresto di Tewelde Goitom, noto anche come Amanuel Gebreyesus Negahs Walid, estradato dall'Etiopia nei Paesi Bassi, dove sta affrontando un procedimento penale condotto dalla giustizia olandese. Durante l’udienza preliminare, i pubblici ministeri locali «hanno mostrato come diverse famiglie olandesi (di origine subsahariana, ndr) hanno ricevuto telefonate da loro parenti nei campi e nelle strutture di detenzione gestiti da alcuni dei sospettati, mentre i loro congiunti li imploravano di inviare denaro e in sottofondo si sentivano le urla delle vittime di tortura».

Allo sviluppo delle indagini internazionali hanno contribuito anche inquirenti d i Paesi Bassi, Italia e Regno Unito, «dimostrando la loro determinazione a garantire la responsabilità per i crimini gravi», dice Khan.

Gli investigatori coordinati dalla procura internazionale «hanno incontrato testimoni che hanno confermato - si legge nel dossier investigativo - la violenza diffusa e sistematica contro i migranti, tra cui torture, stupri e riduzione in schiavitù». Nel suo intervento davanti al Consiglio di sicurezza il capo della procura internazionale ha parlato di «esecrabile spirale di violenza», ricordando come «le violazioni dei diritti umani contro i migranti e i richiedenti asilo contro i migranti e i richiedenti asilo continuano impunemente».



© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: