lunedì 2 giugno 2025
La premier: l'Italia un popolo fiero capace di rialzarsi. E fa sapere cosa farà sui referendum: vado a votare ma non ritiro la scheda
Mattarella-Meloni: ora libertà, pace e democrazia

ANSA

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Le note dell'inno di Mameli rompono il silenzio. Sergio Mattarella è in piedi davanti all'altare della Patria. Le immagini si accavallano e "colorano" il 2 giugno. C'è il capo dello Stato che depone la corona di alloro al milite ignoto. E dietro di lui ci sono tutte le più alte cariche, i presidenti di Camera e Senato, la premier Giorgia Meloni, il presidente della Corte costituzionale Giovanni Amoroso, e il ministro della Difesa Guido Crosetto. Il messaggio di Mattarella alle 10 e 30 "apre" tutti i siti. «Settantanove anni or sono il popolo italiano decretava, con il suo voto, la nascita della repubblica al culmine di un lungo percorso iniziato con la guerra di Liberazione. Con il referendum del 2 giugno 1946 gli italiani scelsero di proseguire in un cammino verso la affermazione di valori di libertà, democrazia e pace, trasfusi nella Costituzione che di lì a poco avrebbe visto la luce...». Negli stessi minuti rimbalzano sui social anche le parole della presidente del Consiglio: «Celebriamo la nascita della nostra Repubblica. Un giorno che ci ricorda chi siamo: un popolo fiero, capace di rialzarsi dopo le prove più dure, tenendo saldi i valori della libertà, dell'unità e dell'identità nazionale. Celebrare l'Italia oggi significa onorare chi ha dato la vita per difenderla, e chi ogni giorno la serve con coraggio, dedizione e silenzioso orgoglio. Essere italiani vuol dire appartenere a qualcosa di grande, che va difeso, amato, trasmesso».

C'è il sole. Le frecce tricolore "tagliano" io cielo azzurro. La cantante Arisa, in compreto giacca e gonna neri, sul palco allestito davanti alla tribuna autorità intonato l'inno d'Italia, accompagnata dalla banda. C'è entusiasmo. La gente saluta il capo dello Stato. Chiama la premier. E proprio Meloni "regala" ai tg un primo fuori programma arrivando in via dei Fori Imperiali e facendo sapere che cosa farà ai referenudum su lavoro e cittadinanza fissati per l'8 e 9 giugno. «Vado a votare ma non ritiro la scheda, è una delle opzioni», dice Meloni. Passano una manciata di minuti e ecco la prima reazione. «Indigna ma non stupisce che Meloni non ritirerà la scheda... È vergognoso che questo messaggio di astensione rispetto a una scelta importante arrivi da un Presidente del Consiglio il 2 giugno, giorno simbolo di un Paese che sceglie la Repubblica, della prima volta per le donne ammesse a un voto nazionale».

Le parole di legano alle immagini. «Occorre, purtroppo, abbandonare l'illusione di una pace garantita per sempre, difendendosi dalle minacce esterne e da quegli attori globali che considerano un orpello i nostri valori fondanti: la pace, la sicurezza, la libertà e la democrazia. Dobbiamo costruire una Difesa nazionale solida e interoperabile, che rafforzi e integri la Nato, attraverso la costruzione di un pilastro europeo della Difesa», avverte il ministro della Difesa Guido Crosetto. «Oggi 2 giugno, rendiamo omaggio alla scelta del popolo italiano, che nel 1946, con il voto libero e universale, pose le basi della nostra Repubblica. Celebriamo la sovranità popolare, la centralità della Costituzione, l'unità della nazione e l'orgoglio di essere italiani», ripete il presidente del Senato, Ignazio La Russa.

C'è sintonia tra Quirinale e Palazzo Chigi. Meloni è netta: le parole del nostro capo dello Stato «sono state importanti e sono in linea con quello che ha già detto il governo. Ringrazio il presidente della Repubblica e sono d'accordo con lui», ripete Meloni. E chiosa: «Penso che sia importante il lavoro che ha fatto il governo per aiutare la popolazione di Gaza». Il 2 giugno offre spunti di riflessione. Meloni: «Noi non celebriamo questa festa semplicemente come se fosse un fatto museale, noi celebriamo questa festa per ricordarci che quello che abbiamo, qualcuno lo ha costruito. Lo dico anche in riferimento - rileva la presidente del Consiglio - al fatto che considero francamente inaccettabile che dei professori che insegnano nelle scuole ci dicano che i bersaglieri sono divisivi. È grazie anche ai bersaglieri se noi abbiamo una nazione, è grazie alle forze armate, è grazie a tutti quelli che si sono sacrificati per costruirla, e forse questo dovremmo insegnare ai nostri giovani».




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