giovedì 29 maggio 2014
​Padoan: siamo ad un bivio. Asse Italia-Germania.
Commissione, strada in salita per Juncker
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​L’Europa è di fronte a un bivio: se vuole superare l’attuale stagnazione deve reindirizzare le sue politiche economiche verso la crescita e l’occupazione e nei prossimi mesi l’Italia si impegnerà per questo obiettivo. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan disegna così la priorità dell’esecutivo di Roma per il semestre di presidenza della Ue, che si apre a luglio. Con un governo reso più solido dal risultato elettorale, come ha rilevato ieri anche l’agenzia di rating Fitch, Roma avrà modo di giocare con più credibilità le sue carte ai tavoli di Bruxelles. Una conferma in tal senso arriva da Berlino. «La Germania sarà un partner a fianco dell’Italia e sosterrà la presidenza del suo Paese con tutto quanto sta nelle sue possibilità», ha scritto ieri il presidente tedesco Gauck a Giorgio Napolitano, sottolineando il «compito di particolare responsabilità» che attende il nostro Paese. Un messaggio di natura istituzionale, ma comunque un riconoscimento non scontato.Per Padoan il «tema della crescita deve essere posto al centro del dibattito sulla politica economica europea». Parlando al Forum sulla Pa ieri il ministro si è detto convinto che «il semestre di presidenza italiana saprà dare una svolta in termini di risultati concreti da prendere in modo abbastanza rapido ma soprattutto in termini di cambiamenti di enfasi, di focus». Perché oggi l’Europa è «davanti a un bivio, può continuare a crescere in maniera asfittica come i dati recenti confermano oppure prendere una velocità diversa» e la scelta tra queste due alternative «è tutta nelle mani dei politici europei e quindi molto anche nelle mani del governo italiano».L’obiettivo di spostare il baricentro dal rigore finanziario alla crescita non è nuovo e già il governo Letta si è impegnato su questo fronte. Oggi rispetto al passato sembrano essere maturate condizioni più favorevoli a un aggiustamento se non a un cambio della rotta. Lo stesso atteggiamento della Germania appare meno rigido che in passato, considerata anche la crisi della Francia, che dall’economia si è estesa alla politica con la vittoria degli anti-euro del Front National di Marine Le Pen. Il passaggio verso politiche espansive è sollecitato da molti governi ma non è così semplice come appare. Il ricorso a nuovo deficit potrebbe pesare sui mercati, riflettendosi sugli spread e a cascata sulla spesa per interessi. Non dovrà essere dunque compromessa la credibilità dei conti pubblici dei Paesi più esposti. L’idea sulla quale si lavora è quella di legare una maggiore flessibilità di bilancio al programma di riforme messe in atto dai diversi Paesi. Per questo il governo Renzi punta a presentarsi all’appuntamento Ue con una serie di riforme fatte o in cantiere: dalla Pa al mercato del lavoro dal fisco alla giustizia civile. L’idea è chi ha fatto di più possa ottenere più tempo per rientrare nei parametri sui conti pubblici. L’Italia ha già utilizzato la flessibilità offerta oggi dalle regole Ue per rinviare di un anno il raggiungimento del pareggio strutturale di bilancio.«Dai miei colleghi ho ricevuto molte aperture alle proposte dell’Italia», ha aggiunto Padoan. Il ministro non si sbilancia sugli strumenti concreti per riorientare la politica economica verso la crescita. Gli eurobond sono ancora un obiettivo irrealistico ma il ministro ha parlato di «misure che diano più spazio allo sviluppo degli investimenti pubblici e privati con strumenti di tipo finanziario». L’ipotesi è quella di un’emissione di titoli europei finalizzati alla costruzione di infrastrutture, dai trasporti all’energia alle reti informatiche. Un’altra direzione di marcia passa per un rilancio del credito alle imprese attraverso finanziamenti vincolati al sistema bancario. Strada questa che passa anche attraverso un impegno diretto della Bce. Da Mario Draghi ci si attende poi un intervento per ridurre i tassi di interesse e per allontanare l’economia dal rischio deflazione: un ritorno dell’inflazione intorno al 2% già di per sé accelererebbe la discesa del debito nei confronti del Pil.
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