mercoledì 28 febbraio 2024
In vista dell'udienza odierna della Corte d’Appello di Brescia, parla Giuseppe Castagna, fratello di Raffaella. «Siamo stufi, non c’è niente di nuovo in quello che la difesa ha portato»
Giuseppe Castagna

Giuseppe Castagna - Fotogramma

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Una sala stampa con un maxischermo collegato in diretta con l’aula della Corte d’Appello di Brescia, per consentire a tutti di seguire l’udienza. Una sola troupe autorizzata a fare le riprese (se saranno autorizzate dalla Corte) per tutti. Fotografi e operatori dovranno rimanere fuori perché nell’aula non c’è spazio sufficiente per tutti. Tornano in aula oggi primo marzo Rosa Bazzi e Olindo Romano per la richiesta di revisione del processo per la strage di Erba. Tre le istanze presentate: quella del sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser («censurato» dal Csm per l’iniziativa fuori dalle regole), quella del tutore di Olindo e Rosa e quella degli avvocati di entrambi Fabio Schembri, Nico D’Ascola, Patrizia Morello e Luisa Bordeaux. La difesa presenterà davanti ai giudici quelli che ritiene dei nuovi elementi , sulla base dei quali ha chiesto la riapertura caso.

Strage di Erba, 11 dicembre 2006. Due condanne all’ergastolo in tre gradi di giudizio per una storia senza epilogo da 18 anni. Una storia in cui qualcuno nel frattempo non c’è più. Come Mario Frigerio, morto dieci anni fa: era l’unico sopravvissuto alla strage per via di una di quelle singolarità che sembrano spuntare come una nemesi dalla mitologia o dalle tragedie di Shakespeare apposta per punire il colpevole (una malformazione alla carotide che lo protesse dallo sgozzamento e fece di lui il testimone chiave contro Rosa Bazzi e Olindo Romano). Quattro anni dopo se n’è andato anche Carlo Castagna, che in quella strage perse la figlia Raffaella, la moglie Paola Galli e il nipotino Youssef. La quarta vittima è Valeria Cherubini, vicina di casa e moglie di Frigerio. Testimonianze e prove in tutto questo tempo sono state inglobate in teorie innocentiste o colpevoliste. Gli articoli di allora sono stati rilegati in libri, e chi scrisse all’epoca, oggi magari è a capo di una redazione. Ma cosa resta di quella vicenda per chi l’ha vissuta sulla propria pelle?Non rabbia né risentimento; non c’è nemmeno sconcerto o preoccupazione alla vigilia della decisione della corte d’Appello di Brescia sulla revisione del processo chiesta dalla difesa di Bazzi e Romano e condivisa dal pm di Milano Cuno Tarfusser. Placato persino il dolore, «oggi è solo la stanchezza a prevalere», afferma Giuseppe Castagna, insieme a Pietro uno dei due fratelli rimasti.

Cosa vi aspettate?

Niente, comunque vada. Che respingano l’istanza o che l’accolgano, sappiamo che finirà in niente, anche se dovesse essere presa in esame, cosa che peraltro ritengo molto probabile. È una richiesta piena di bugie enormi, già dette, già smentite, e ora riproposte in salsa diversa. Una perdita di tempo. Siamo francamente stufi. Ma siamo anche tranquilli. Perché non c’è niente di nuovo in quello che la difesa ha portato. Il fatto che Frigerio non abbia riconosciuto subito Olindo Romano? Non è vero, ed è già stato provato in aula. La macchia di sangue sul tappetino? Arrivava dalla scena del crimine, anche questo accertato in aula dal perito. La confessione dell’imputato è frutto di pressioni? Conosceva dettagli che nessun altro poteva sapere: ha confessato allo psichiatra, ha scritto una confessione anche sulla sua Bibbia, come ha riportato anche la Cassazione. Frigerio si è fatto controinterrogare dalla difesa. Olindo in aula è rimasto in silenzio. Da lui e dalla moglie abbiamo sentito soltanto odio.

Andrete in udienza?

Non saremo presenti, ma ci costituiremo parte civile, contrariamente a quanto avevamo detto. In un primo tempo avevamo deciso che non avremmo fatto nemmeno quello. Ma poi abbiamo pensato che non sarebbe stato giusto, che dobbiamo seguire questa storia fino alla fine. E che dobbiamo difendere la memoria di nostra sorella Raffaella.

Cosa intende?

Lei era moglie di una persona arrestata per droga. Ma che si venga a dire che quella casa era la centrale dello spaccio solo per riaprire il caso e sostenere l’ipotesi del regolamento di conti la riteniamo un’offesa. Nostra sorella non spacciava, non fumava neanche se è per quello, e sicuramente non ha mai avuto problemi di alcun tipo con la giustizia.

È una ferita che si riapre…

Il dolore, certamente… ora abbiamo la nostra vita, il nostro lavoro, la famiglia. Andiamo avanti. Il momento peggiore non è stato nemmeno dopo il fatto… quando è successo… È stato quando hanno indicato mio fratello Pietro come possibile autore della strage. In quel periodo siamo finiti tutt’e due in cura, io dallo psicologo, mio fratello dallo psichiatra: abbiamo iniziato un percorso dal quale alla fine ne siamo usciti rafforzati. Successe che un amico della famiglia di Azouz era andato a dire che quella sera (la sera della strage, ndr) aveva visto un uomo che assomigliava a Pietro fuori di casa che parlava con qualcuno. Poi anche “le Iene” hanno smesso di tartassarci, quando hanno intervistato la persona con cui era invece mio fratello quella sera, da tutt’altra parte. Abbiamo dato corso a 25 querele, compresi i commentatori social.

La vostra famiglia è quanto di più lontano possa esserci dalla parola “divisiva”, suo padre Carlo era “l’uomo del perdono”. Perché, secondo lei, questa vicenda ha creato una spaccatura simile?

All’inizio eravamo sconcertati anche noi (Beppe di questa vicenda parla sempre al plurale, lui e suo fratello, ndr). Ora ce siamo fatti una ragione. Del resto se oggi c’è spazio per le opinioni dei terrapiattisti non vedo perché dovrei stupirmi del fatto che in molti sostengono l’innocenza in questa vicenda. Ognuno ha diritto alla sua opinione. E di questa storia se ne è scritto per 18 anni. Alcuni di questi libri, che sostengono la tesi dell’innocenza di Olindo Romano e Rosa Bazzi, onestamente sono scritti e sono costruiti molto bene. Ci crederei anch’io a quello che dicono. Se non avessi seguito i processi con gli elementi portati dalla pubblica accusa e dimostrati in aula.

Se ne è parlato troppo?

Se ne parla e se ne scrive da tanto, e in tanti ora sono spinti a rimanere fermi sulle loro convinzioni di un tempo. Non tutti hanno capacità o interesse ad adattarsi ai fatti.

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