mercoledì 22 febbraio 2023
Il leader dei 5 stelle ad Avvenire: «Menzogne sul superbonus 110% per spendere in armi». E critica la linea del governo sul conflitto: meglio se avesse fatto contare la voce dell'Italia per la pace
Conte: «Meloni dica se siamo entrati in guerra»

ETTORE FERRARI

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La priorità politica di Giuseppe Conte, in questa fase, è difendere le misure varate dai suoi governi. Durante la manovra di autunno nel mirino è finito nel mirino il Reddito di cittadinanza, ora il Superbonus 110% (assieme agli altri bonus). «Attacchi politici che non fanno male a me e a M5s, ma a famiglie, lavoratori e imprese», dice l’ex premier dopo aver incontrato associazioni datoriali e sindacati in vista dell’approdo in aula dell’ultimo decreto governativo sulla cessione dei crediti. Ma quel che preoccupa maggiormente il leader M5s è lo scenario bellico in Ucraina, in cui non si intravedono minimi segnali di dialogo.

La premier Meloni ha portato a termine la sua prima visita a Kiev. È stata la mossa giusta in questo momento?

Dipende. Cosa ha detto davvero Meloni a Zelensky? Non lo sapremo certo attraverso le dichiarazioni pubbliche. Ha detto che l’Italia seguirà Kiev in ogni sua decisione e volontà? E con quale mandato, a nome di quale Parlamento, visto che su un tema di tale rilevanza sarebbe necessario un passaggio nelle aule? Mi sarei aspettato piuttosto il tentativo di far contare la voce dell’Italia in seno all’Unione Europea per promuovere finalmente la pace.

L’Italia è impegnata con altri Paesi in una discussione su un nuovo salto di qualità nelle forniture militari. Lei è contrario, ma ci sono vie alternative al restare allineati al fronte occidentali?

Fonti della Difesa e rappresentati del governo assicurano sui quotidiani che l’Italia asseconderà le richieste di Kiev e fornirà droni, senza escludere la fornitura di missili a lunga gittata. Se questo è il salto di qualità, il Paese – non il M5s – ha il diritto di sapere dal governo se ci apprestiamo ad entrare in guerra. Se domani dovesse essere richiesto l’invio di truppe, l’Italia si accoderà in maniera acritica? Le parole di ieri di Putin sono gravi: prefigurano uno scenario catastrofico. Dobbiamo scongiurarlo.

Lei pensa che sulla politica estera il centrodestra tenga? O avrà incongruenze simili a quelle del centrosinistra durante il governo Draghi?

In questo anno di guerra centrodestra e centrosinistra spesso sono stati accomunati dall’ansia di calarsi l’elmetto, professando il più classico degli “armiamoci e partite”. Ora Meloni va da Zelensky però non è chiaro quale sia la politica estera della maggioranza: il ministro Tajani è espressione della linea oltranzista di Meloni oppure di quella più ambigua desumibile dalle parole di Silvio Berlusconi? Senza tacere che ieri Tajani ha escluso l’invio di jet mentre il viceministro degli Esteri Cirielli, meloniano, ha aperto all’invio di bombardieri Amx. Sono confusi su tutto.

Ieri nel suo discorso Putin ha ricordato l’aiuto dato all’Italia durante il Covid. Una missione, quella russa, su cui non solo la maggioranza, ma anche pezzi di opposizione, in particolare Iv, le chiede di chiarire.

Dalla Russia c’è stata una disponibilità che noi abbiamo raccolto nel momento più duro della pandemia. Quell’intervento è stato concordato e sorvegliato, lo abbiamo chiarito in tutte le sedi istituzionali. Anche noi abbiamo aiutati i russi in tante emergenze. Questo non toglie nulla al fatto che la Russia e Putin sono responsabili di un’aggressione ingiustificata e immotivata ai sensi del diritto internazionale».

Anche Fdi è all’attacco sulla commissione d’inchiesta sul Covid. Crede che sia un’offensiva contro il Movimento?

È una clava politica per bastonare il Movimento cinque stelle. Una strategia codarda, perché strumentalizza una delle pagine più difficili della nostra Repubblica. Ho sempre agito con massima trasparenza, non ho nulla da nascondere e sono pronto a dare il mio contributo sperando che altrettanto facciano i vertici di quelle Regioni che hanno condiviso come me tante responsabilità in quei giorni difficili.

Sul fronte interno il superbonus 110% è diventato un tormentone. Lei difende la sua misura, ma pare difficile contestare il fatto che l’intervento sia sfuggito di mano.

È estremamente grave per l’Italia avere un presidente del Consiglio e un ministro dell’Economia disposti a mentire spudoratamente sostenendo che il Superbonus costa 2000 euro a cittadino. Fanno finta di non sapere – e lo dice il Censis, non io - che il 70% di quanto investito dallo Stato sul Superbonus è rientrato nelle casse dello Stato con tasse e contributi. E la misura ha prodotto 1 milione di posti di lavoro, il taglio di 1,42 milioni di tonnellate di CO2: meno inquinamento nelle nostre città e un risparmio medio di 964 euro a famiglia. È incredibile e grave che un premier parli di un buco di bilancio che in realtà non esiste.

M5s quale soluzione propone per disincagliare i crediti?

In Parlamento ne abbiamo messe sul tavolo tante: compensabilità F24, piattaforma di certificazione e circolazione crediti, coinvolgimento di società partecipate come Poste e Cdp. Ieri sono stato a confronto con imprese e sindacati dell’edilizia, noi non li tradiamo: Meloni ha chiesto il voto di queste categorie promettendo di salvaguardare il Superbonus ma un minuto dopo la chiusura delle urne li ha traditi.

Vede un legame fra i risparmi che si cercano su bonus e Rdc e la volontà di maggiori spese in armamenti?

Negli Stati Uniti si dà il via libera a un Inflation reduction act da oltre 360 miliardi di dollari per sostenere impresa e lavoro, in Italia Giorgia Meloni non riesce a strappare nessun impegno economico all’Europa e taglia su welfare e sanità. Il ministro Crosetto, impegnato nella corsa al riarmo, propone di scorporare gli investimenti in spese militari dal Patto di stabilità. Insomma, gli italiani chiedono misure su carovita, stipendi, sanità e scuole; loro pensano alle armi.

Le Regionali hanno visto il centrosinistra diviso e perdente. Il centrodestra, ugualmente diviso internamente ma unito davanti agli elettori, ha segnato due rigori a porta vuota. Non è il tempo, anche per lei, di lavorare a un’alleanza larga?

Ma avete notato che Calenda e Renzi non vanno d’accordo nemmeno tra loro? Non ci interessano le accozzaglie incapaci di rispettare gli impegni presi con i cittadini. Altra cosa sono i singoli temi: se ora Calenda apre al nostro salario minimo a 9 euro gli dico di votarlo insieme.

Che percentuale darebbe ad un’alleanza da Calenda a Conte alle prossime politiche? Le prossime amministrative possono rappresentare un test?

Zero. Dopo la nomina dei coordinatori provinciali ora stiamo imprimendo una svolta sui gruppi territoriali nelle città. Con una presenza capillare sui territori e un po’ di tempo arriveranno i risultati.

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