giovedì 8 giugno 2023
I reati ipotizzati erano di epidemia colposa e omicidio colposo plurimo, ma per i giudici sono «accuse infondate»
L'ex premier Giuseppe Conte (a sinistra) e l'ex ministro Roberto Speranza

L'ex premier Giuseppe Conte (a sinistra) e l'ex ministro Roberto Speranza - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Il fatto non sussiste. Con la migliore delle formule possibili, le posizioni di Giuseppe Conte e Roberto Speranza – rispettivamente premier e ministro della Salute ai tempi del Covid – sono state archiviate dal Tribunale dei ministri di Brescia, nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione della prima fase della pandemia in Val Seriana. Il leader dei 5 stelle doveva rispondere della mancata istituzione di una zona rossa a Nembro e ad Alzano Lombardo, mentre a Speranza veniva contestata la mancata applicazione del piano pandemico vigente nel 2020.

Ma il processo non è nemmeno partito. «La notizia di reato è totalmente infondata» scrivono i giudici del tribunale dei ministri, che hanno così accolto la richiesta di archiviazione della Procura e escluso ogni responsabilità ipotizzata: dalla impossibilità di configurare l’epidemia alla mancanza di prove per i 57 decessi contestati.

I reati ipotizzati erano di epidemia colposa e omicidio colposo plurimo. Conte e Speranza erano stati interrogati lo scorso 10 maggio dalla Procura di Brescia, che già aveva sollevato una serie di ragioni che avevano smontato l’ipotesi accusatoria dei colleghi di Bergamo.

Uno dei nodi principali riguardava proprio il reato di epidemia colposa. Un reato che - si legge nel decreto di archiviazione - «non è configurabile in forma omissiva in quanto la norma in questione abbraccia la sola condotta di chi per dolo o per colpa diffonde germi patogeni». E quindi «la responsabilità per omesso impedimento risulta incompatibile con la natura giuridica del reato di epidemia». In altre parole, il reato di epidemia è previsto solo se commesso con dolo e questo scagiona Conte e Speranza. E per l’altro reato ipotizzato dai pm di Bergamo (art. 452: delitti colposi contro la salute pubblica) è necessario una condotta attiva («la diffusione di germi patogeni»): non basta quindi una condotta omissiva, cioè il “non aver impedito” una diffusione già in atto.

Questioni che non sono di lana caprina né un mero appiglio giuridico che ha salvato in corner Conte e Speranza. Anche perché, relativamente alla mancata istituzione della zona rossa contestata all’ex premier «non risulta che il Presidente del Consiglio Conte, prima del 2 marzo 2020, fosse stato informato della situazione dei comuni di Nembro e Alzano Lombardo» e pertanto, secondo i giudici, «si tratta di ipotesi irragionevole». E, a supporto della loro conclusione, paragonano il Covid alla Spagnola del 1918. Quanto al piano pandemico (del 2006) che Speranza avrebbe dovuto attivare, «non era per nulla adeguato ad affrontare la pandemia da Sars-CoV-2» e gli stessi ideatori «si sono espressi in termini drastici circa l’inutilità di quel piano».

«La decisione dei giudici - commenta Conte - mi ripaga dell'impegno profuso e mi conforta». Gli fa eco Speranza: «Oggi è emersa la verità». Opposta la reazione dell’associazione dei parenti delle vittime: l’archiviazione è «uno schiaffo a noi e all’Italia intera, un vilipendio alla memoria dei nostri familiari».


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: