sabato 17 febbraio 2018
Un anno di sospensione per il prete che, afferma una nota della diocesi, «ha turbato gravemente i fedeli per alcune pratiche di esorcismo»
Il vescovo Spinillo (Siciliani)

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Il vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, ha sospeso per un anno dal ministero pubblico don Michele Barone. Il provvedimento, reso noto ieri con un comunicato pubblicato anche sul sito ufficiale della diocesi campana, implica la «revoca» della «facoltà di celebrare in pubblico sacramenti o sacramentali, in specie di celebrare la Santa Messa; di ascoltare le confessioni e di predicare, in chiese e oratori o in occasione di riunioni di fedeli, entro il territorio di questa diocesi».

La nota è inequivocabile anche per quanto riguarda le motivazioni. Don Barone, vi si legge infatti, «è stato fonte di grave turbativa presso i fedeli a ragione della pratica di strane preghiere di esorcismi da lui compiuti nei confronti di minori e di persone da lui definite “possedute”». Spinillo ricorda inoltre che il sacerdote, «dopo numerosi inviti e richiami personalmente condotti, in data 19 dicembre dell’anno 2017, alla presenza di altri sacerdoti della diocesi è stato ammonito canonicamente, e gli è stato proibito di praticare preghiere di guarigione e di esorcismi e, contemporaneamente, è stato invitato a ravvedersi da tali comportamenti e a intraprendere un serio cammino di revisione».

Infine il provvedimento è scattato poiché don Michele «nonostante l’ammonizione, ha continuato a praticare preghiere di esorcismo particolarmente nei confronti di una ragazza minorenne e con serie problematiche personali». Dunque egli «ha tenuto comportamenti inadeguati allo stato sacerdotale» e alla norma che «vieta a chiunque di compiere esorcismi sugli ossessi, se non abbia ottenuto una speciale ed espressa licenza dell’ordinario del luogo» (cioè del vescovo, ndr). Il caso era stato segnalato da un servizio della trasmissione Le Iene, che avevano tirato in ballo lo stesso monsignor Spinillo, accusato dalla sorella della minorenne di averle chiesto di ritirare l’esposto da lei presentato alla Polizia di Stato in merito all’operato di don Michele.

Il vescovo, in un’altra nota, ribatte: «Per evidenti esigenze di montaggio, non è stato ripreso interamente quanto da me detto all’intervistatore. Posso dire di aver dichiarato che non avevo chiesto di ritirare l’esposto e che la frase riportata aveva il senso di tentare una forma di dialogo tra la figlia ed i genitori allo scopo di riportarli ad una più realistica valutazione circa le cure da offrire alla figlia più piccola».

Il vescovo ribadisce inoltre di aver più volte invitato il sacerdote a considerare che la preghiera non esclude il ricorso alle cure mediche e di «non aver lasciato cadere l’attenzione sulla situazione e sullo stesso don Michele». Circostanza questa che il provvedimento preso ieri conferma.

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