martedì 29 aprile 2025
L’invito dal Pontefice argentino a elaborare una visione etica per l’epoca degli algoritmi, fondata su trasparenza, inclusione, responsabilità, imparzialità, affidabilità e sicurezza
undefined

undefined - VATICAN MEDIA/Ag.Romano Siciliani

COMMENTA E CONDIVIDI

Non era un Papa tecnologico per indole o interessi personali, ma di fronte all’impetuoso progredire e diffondersi dell’intelligenza artificiale è stato il più influente alfiere dello “human in the loop”. Francesco aveva compreso che, nell’utilizzo dell’IA, le decisioni critiche o ad alto impatto debbano essere prese con l’intervento, la supervisione o l’approvazione di un essere umano. Ed era sinceramente preoccupato che così non accadesse, con conseguenze potenzialmente molto negative in tantissimi ambiti.

Ben prima che l’avvento pubblico dell’intelligenza artificiale generativa degli LLM quali ChatGPT e Gemini rivelasse al mondo la potenza della nuova tecnologia, il Pontefice, con il suo consigliere speciale padre Paolo Benanti e le Accademie della Santa Sede, aveva intuito le sfide poste dallo sviluppo dei nuovi strumenti digitali. In un’epoca in cui algoritmi e sistemi automatizzati stanno ridefinendo il modo di lavorare, studiare, comunicare, curare, divertirsi e persino le decisioni in campo giudiziario o politico, il Pontefice ha più volte richiamato l’urgenza di elaborare una visione etica capace di orientare il progresso verso il bene comune.

Il primo intervento sistematico sul tema risale al febbraio del 2020, quando Papa Bergoglio rivolse un discorso all’Assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, dedicata proprio all’intelligenza artificiale. In quell’occasione, insistette sulla necessità di uno sviluppo tecnologico che non si limiti all’efficienza e alla funzionalità, ma che tenga conto della dignità della persona umana, della giustizia sociale e della solidarietà globale. L’intelligenza artificiale, affermò, può essere uno strumento prezioso, ma anche profondamente insidioso se non governato da criteri morali condivisi.

Nello stesso contesto, il 28 febbraio 2020, venne firmato e promosso in Vaticano il documento “Rome Call for AI Ethics”, frutto della collaborazione tra la Santa Sede e aziende del campo della tecnologia digitale, a partire da Microsoft e IBM, che ha visto nel tempo l’adesione di un numero crescente di firmatari. La dichiarazione propone un’etica per l’epoca degli algoritmi, fondata su sei principi guida: trasparenza, inclusione, responsabilità, imparzialità, affidabilità e sicurezza. L’obiettivo è incoraggiare imprese, nazioni e istituzioni a sviluppare tecnologie che rispettino i valori umani fondamentali.


Il Pontefice argentino è stato il più influente alfiere dello “human in the loop”:era convinto che le decisioni critiche o ad alto impatto dovessero essere prese con l’intervento, la supervisione e l’approvazione di un essere umano

Negli anni successivi, Papa Francesco continuò a seguire l’evoluzione dell’IA, intervenendo con messaggi indirizzati a convegni internazionali, fino al recente summit parigino organizzato dal presidente Macron nel febbraio 2025, ogni volta esprimendo la speranza che l’intelligenza artificiale venga messa al servizio della pace, della lotta alla povertà e della sostenibilità, anziché delle disuguaglianze o del controllo sociale.

Il contributo più articolato è giunto però il 14 dicembre 2023, con la diffusione del Messaggio per la 57ª Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2024), intitolato appunto Intelligenza artificiale e pace. In questo testo denso, che è anche una panoramica accessibile agli aspetti socialmente significativi dell’IA, il Papa esplora le ambivalenze di questa tecnologia, definendola al tempo stesso straordinaria opportunità e concreta minaccia. Francesco denuncia il pericolo che l’intelligenza artificiale venga utilizzata per automatizzare la guerra, per sostituire il discernimento umano in ambito giudiziario o per rafforzare forme di sorveglianza e manipolazione. Al tempo stesso, invita a un’alleanza globale per la regolazione dell’IA, richiamando tutti gli attori – politici, scienziati, imprenditori, educatori – alla responsabilità di costruire un futuro digitale giusto e umano.

In particolare, con una lungimiranza unica, Francesco esorta «la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme. L’obiettivo della regolamentazione, naturalmente, non dovrebbe essere solo la prevenzione delle cattive pratiche, ma anche l’incoraggiamento delle buone pratiche, stimolando approcci nuovi e creativi e facilitando iniziative personali e collettive».

Un altro momento chiave si è registrato il 14 giugno 2024, quando il Pontefice partecipò in persona al Vertice del G7 a Borgo Egnazia su invito della premier Giorgia Meloni, segnando la prima presenza di un capo della Chiesa cattolica a tale consesso. Durante la sessione dedicata all’intelligenza artificiale, pronunciò un discorso vibrante, in cui definiva l’IA una realtà «affascinante e tremenda», all’interno di una «rivoluzione cognitivo-industriale», capace di trasformare radicalmente la società. E metteva in guardia contro l’idea che si possano delegare alle macchine decisioni vitali, dichiarando con forza: «Nessuna macchina dovrebbe mai scegliere se togliere la vita a un essere umano». Per questo rivolse un appello alla politica affinché eserciti un controllo saggio e lungimirante sulle tecnologie emergenti, riaffermando la centralità della persona e della giustizia.

Attraverso questi interventi, Papa Francesco non si limita a offrire un indirizzo etico circa l’utilizzo delle nuove tecnologie: propone una visione alternativa di progresso, in cui l’innovazione tecnica non sia fine a se stessa, ma orientata alla fraternità, alla cura del creato e alla costruzione di una civiltà più umana. Proprio nell’ultima enciclica, Dilexit nos, pubblicata nell’ottobre scorso, scrive: «Nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore. Ciò che nessun algoritmo potrà mai albergare sarà, ad esempio, quel momento dell’infanzia che si ricorda con tenerezza e che, malgrado il passare degli anni, continua a succedere in ogni angolo del pianeta. Penso all’uso della forchetta per sigillare i bordi di quei panzerotti fatti in casa con le nostre mamme o nonne. È quel momento di apprendistato culinario, a metà strada tra il gioco e l’età adulta, in cui si assume la responsabilità del lavoro per aiutare l’altro». Non solo nostalgia di un tempo perduto, ma il desiderio di conservare, a fianco della tecnologia, quella dimensione fondamentale di ogni individuo, la forza del cuore, che ci caratterizza e senza la quale non può esserci vera felicità.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI