mercoledì 26 ottobre 2022
In 40, fra sindaci italiani e ucraini, insieme a rappresentanti della società civile dei due Paesi, firmano gli accordi di amicizia tra le città per "difendere il popolo aggredito" al di là delle armi
I sindaci italiani e i sindaci ucraini a Leopoli per il forum di "azione non violenta" promosso dai pacifisti del Mean

I sindaci italiani e i sindaci ucraini a Leopoli per il forum di "azione non violenta" promosso dai pacifisti del Mean - Gambassi

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Arriva fra le ferite di un Paese sotto le bombe lo slancio di pace di Giorgio La Pira. A portarlo fino a Leopoli i primi cittadini italiani. Protagonisti del forum di “azione nonviolenta” fra i sindaci della Penisola e i sindaci dell’Ucraina.

“Unire le città per unire le nazioni” era stata l’intuizione profetica del mistico prestato alla politica che lega il suo nome a Firenze. «E qui vogliamo ribadire che per andare oltre il conflitto si deve partire dal basso, dalle comunità locali dove si vivono le attese, le sofferenze e i problemi della “povera gente”, direbbe il sindaco “santo”».

Marcello Bedeschi è il coordinatore nazionale delle delegazioni regionali dell’Anci, l’Associazione dei Comuni italiani. E all’incontro di ieri fa sentire la «vicinanza degli 8mila Comuni che vanno considerati la forza dello Stivale». Ad ascoltare il suo intervento sono in cento nel Seminario greco-cattolico di Leopoli: sindaci e assessori giunti dall’Italia, rappresentanti di venticinque amministrazioni locali della regione di Leopoli, volti dell’associazionismo dei due Paesi.

Ed è proprio la società civile che ha voluto il “summit dei municipi”. Con il Mean in testa, il Movimento europeo di azione nonviolenta nato in Italia e che raccoglie 35 sigle, comprese alcune del mondo cattolico. Come il Movimento dei focolari che dell’appuntamento è una delle anime attraverso la sua rete capillare presente anche in Ucraina. «Non possiamo restare a guardare – dice il portavoce del Mean, Angelo Moretti –. È più che mai necessario far avanzare un processo di pacificazione che ha bisogno, sì, dell’intervento dei governi ma non potrà mai essere delegato ai potenti della terra o progettato solo a tavolino. Tocca a tutti noi costruire ponti di fraternità».

E uno concreto che si porta con sé il “G20 dei campanili” è quello dei «patti di collaborazione». Il testo si apre con la richiesta all’Europa di assumere «la leadership nei negoziati di pace e di tregua» e poi prevede impegni per «difendere il popolo ucraino in modo nonviolento» come risposta all’aggressione russa. Non solo, però, con gli aiuti umanitari, l’accoglienza degli sfollati, l’assistenza nella formazione scolastica, si legge nell’intesa. Ma anche attraverso proposte innovative.

È il caso dei «patti di amministrazione condivisa» fra enti locali per la «messa in sicurezza delle strutture principali del welfare municipale e dell’economia locale».

O ancora dei «patti per la ricostruzione condivisa» perché «se è vero che saranno i soggetti pubblici a farsi carico della risistemazione delle infrastrutture e degli edifici pubblici o i privati a far risorgere le proprie case e gli imprenditori le fabbriche, rimane comunque uno spazio enorme di ricostruzione condivisa degli spazi pubblici, del verde, delle scuole, dei luoghi della cultura e della comunità, che chiama in causa i cittadini», afferma Gregorio Arena, ex docente di diritto amministrativo all’Università di Trento e fondatore di Labsus, il Laboratorio per la sussidiarietà.

Fra le iniziative in cantiere c’è anche quella di realizzare «percorsi della memoria» per rendere omaggio ai «Giusti» che «hanno messo a rischio la vita, la carriera e le amicizie per preservare i valori umani» fra le pieghe di una guerra appena entrata nel suo ottavo mese di combattimenti. Alla fine saranno quaranta le firme in calce al documento che guarda già al futuro, alla fine degli attacchi.

Certo, il Mean sogna anche che ogni Comune italiano ne adotti uno dell’Ucraina, annuncia Moretti. Con il coinvolgimento dell’Anci. «Si tratta di segni di speranza – sostiene Andriy Kulchynskyi, sindaco di Truskavet, città di 20mila abitanti che oggi accoglie 15mila profughi –. La presenza dei colleghi italiani qui fra noi dice che la paura non può prendere il sopravvento. Ed è un esempio per tutte le municipalità europee».

Risponde il sindaco di Pettineo, in provincia di Messina, Domenico Ruffino, giunto con il gruppo di attivisti: «La nostra attenzione è quella dell’Italia che ripudia la guerra e che vuole trovare il modo di andare incontro alle esigenze di comunità stravolte da un conflitto».

Fa parte dei “Mayors for peace”, associazione fondata a Hiroshima, il Comune di Camponogara, in provincia di Venezia, che a Leopoli ha inviato la vicesindaca Vania Trolese: «Non basta semplicemente mandare beni per fronteggiare l’emergenza. Occorre conoscere e stringere relazioni. Un gemellaggio è anche l’occasione per cercare quell’Europa di pace che volevano a Ventotene le nostre madri e i nostri padri fondatori».

Per i “pacificatori” del Mean è la quarta spedizione in Ucraina. Le prime due erano state fra maggio e giugno per prendere i contatti con il volontariato. La terza a luglio per la marcia nonviolenta a Kiev che aveva coinvolto anche il Comune della capitale con il suo sindaco Vitali Klitschko. Al fianco del movimento la fondazione locale “Act For Ukraine”. «Avere forme di cooperazione stabile è una priorità – avverte il fondatore Igor Torskyi –. Comunque non è sufficiente chiedersi che cosa l’Europa può dare all’Ucraina ma anche che cosa l’Ucraina può offrire al continente. Abbiamo bisogno gli uni degli altri per pensare un avvenire dove la violenza e la morte cedano il passo alla convivenza e alla libertà».

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